Agire Politicamente

Agire Politicamente: le Assemblee Congressuali



Vedi anche dossier Seminari di Agire Politicamente

Cattolici e democratici: laici nella chiesa, cristiani nel mondo

Agire politicamente

ROMA, 18 Febbraio 2006

 

  1. La 4a Assemblea congressuale di Agire politicamente, tenuta in Roma nei giorni 17 e 18 febbraio 2006, a conclusione dei suoi lavori, conferma l’impegno di pensare e di agire politicamente, attingendo al potenziale culturale e politico del cattolicesimo democratico.
  2. L’assemblea, pur non avendo il compito di ripercorrere tutte le ragioni fondative dell’associazione, non poteva trascurare di segnalare il contributo maggiore del cattolicesimo democratico al movimento politico dei cattolici, cioè il definitivo superamento del non expedit e l’avvio del processo di riconciliazione della tradizione cattolica con la modernità europea e, in particolare, con la forma politica della modernità che è la democrazia. Di questo processo fa parte la ricerca di un fondamento religioso all’autonomia politica del credente, alla sua responsabile partecipazione alla vita politica, con l’affermazione del principio dell’autonoma responsabilità dei cattolici nei confronti dell’autorità ecclesiastica.
  3. È un processo ancora aperto, che oggi chiede ai cattolici di riprendere la piena titolarità dell’agire politico, attingendo al luminoso magistero del Concilio Vaticano II che, nel proporre il servizio all’uomo e la presenza ministeriale della Chiesa nel mondo, sollecita i cristiani a prendere “coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica” e ad essere esemplari, “sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune” (Gaudium et spes, 75).
  4. Agire politicamente già da alcuni anni e, in particolare, dalla 3a assemblea congressuale, ha assunto l’impegno di contribuire alla rigenerazione della democrazia ed ha preso anche alcune iniziative perché i cattolici avvertano la questione democratica come nodo centrale e cuore della stessa questione cattolica. Nell’ultimo scorcio di questa infelice stagione politica, l’impegno si è caricato di urgenza ultimativa per l’approvazione da parte dell’attuale maggioranza di governo di una riforma costituzionale che ha stravolto le istituzioni e calpestato i principi stessi della nostra già fragile democrazia e di una legge elettorale che ha espropriato i cittadini dei loro diritti di partecipazione alla vita della comunità.
  5. In un documento approvato dal Consiglio nazionale il 19 novembre 2005, Agire politicamente segnalava alla pubblica opinione tre aspetti particolarmente inquietanti della riforma: la delineazione di un federalismo non solidale; lo stravolgimento dell’equilibrio dei poteri; l’attuazione di un bicameralismo spurio.
    La 4a Assemblea congressuale dell’Associazione dice no a tale riforma e impegna i soci ad operare perché i cittadini esprimano il loro no in occasione del referendum confermativo.
  6. Anche la nuova legge elettorale ferisce la nostra democrazia e compromette la partecipazione dei cittadini. Pur voluta dai partiti della Casa delle libertà, è stata largamente utilizzata dai partiti dell’Unione i quali, nella compilazione delle liste, hanno trascurato l’apporto della società civile e privilegiato l’apparato e le appartenenze interne. Agire politicamente chiede all’Unione, nell’auspicata eventualità di vittoria alle elezioni politiche del 9 e 10 aprile prossimi, di inserire tra i primi impegni dell’agenda di governo, una riforma della legge elettorale, rispettosa della democrazia partecipativa e l’avvio di un dibattito proficuo tra istituzioni e soggetti sociali per giungere ad una riforma dei partiti.
  7. Questo impegno dovrà iscriversi in un’azione di governo, ispirata ai valori di un ethos condiviso, orientata a ripristinare la rete delle solidarietà primarie, premurosa dell’interesse generale del Paese,  con una predilezione per le persone deboli, per le nuove povertà, per gli accresciuti luoghi della marginalità sociale. Il Paese ha bisogno di risollevarsi non solo economicamente e di recuperare una speranza politica più alta.
  8. La nostra domanda di un’alternativa vera e credibile sollecita un nuovo modo di fare poltica e una corretta modalità di relazione tra le istituzioni politiche e le istituzioni religiose. Ai nostri Pastori chiediamo di esercitare con autorità piena il loro ministero profetico a servizio di tutti, rimanendo nell’ambito delle loro competenze e riconoscendo l’autonoma responsabilità politica dei fedeli laici. Ai cattolici impegnati in politica chiediamo di agire “a nome proprio come cittadini guidati dalla coscienza cristiana” (Gaudium et spes, 76), evitando di compromettere nelle loro scelte la gerarchia ecclesiastica e di attendere o pretendere da questa legittimazione politica. La campagna elettorale già avviata offre occasioni continue per l’esercizio virtuoso di una “sana laicità”, cioè di una rigorosa distinzione tra quanto rientra nelle competenze della gerarchia ecclesiastica e ciò che spetta alla autonoma mediazione laicale.
  9. Infine, l’assemblea ha manifestato piena disponibilità a collaborare alla costituzione del partito democratico, quale soggetto politico plurale, nel quale potrebbe trovare legittima collocazione un cattolicesimo democratico unitariamente organizzato. Agire politicamente si impegna a favorire e, possibilmente, a guidare questo processo, attraverso forme iniziali di coordinamento di cattolici democratici.

Testimoni nel mondo. Per una spiritualità della politica

INCONTRO DI AMICIZIA

nella ricorrenza dell’ 80° compleanno di Giorgio Campanini

e presentazione del suo libro

 

Parma, Sabato, 20 Novembre 2010


Organizzato da:

Agire politicamente  - Circolo “Il Borgo” di Parma - MEIC di Parma - Edizioni Studium

 


Dopo l’introduzione di Lino Prenna, coordinatore nazionale di Agire politicamente
interverranno:

  • Pierluigi Castagnetti, presidente della fondazione “Persona, comunità, democrazia”,
  • Dario Franceschini, capogruppo del PD alla Camera dei deputati,
  • Ottorino Rizzi, Consulta regionale pastorale sociale e del lavoro.

Seguiranno gli interventi programmati e il dibattito.

L’incontro si terrà il 20 novembre 2010, presso il circolo “Il Borgo” di Parma, in via
Adeodato Turchi (via Bixio, a fianco del teatro Pezzani), dalle ore 9,30 alle 13,00

Vedi appuntamento

Vedi sintesi dell'incontro

Scarica il volantino dell'iniziativa.

Tra Emilia Romagna e Marche:

cattolici democratici per una significativa presenza sociale e politica….

 San Marino, Domenica 13 giugno 2010

Domenica 13 giugno 2010 alcune associazioni di ispirazione cattolico democratica dell’Emilia Romagna, delle Marche e di San Marino – Agire Politicamente, Istituto De Gasperi Emilia-Romagna, Argomenti 2000, Masci, Ephedra, Com. Tutela Ambiente e salute di S.Marino, MEIC Ancona, Il Borgo - Associazione culturale in Parma, Ass. Micologica di S.Marino - si sono radunate a Valdragone, nella Repubblica di S. Marino, per una giornata di riflessione sulla situazione sociopolitica e per verificare la possibilità di condividere un comune impegno di presenza sociale e politica nelle diverse realtà.

Il richiamo iniziale – nell’intervento di Piergiorgio Grassi - al discorso che Romolo Murri pronunciò nel 1902 proprio a S. Marino, ha consentito di evidenziare l’originalità e la dinamicità del rapporto dei cattolici con la politica a servizio del Paese: il legame del cristianesimo con la libertà, e quindi con la democrazia che riconosce la cittadinanza ad ogni persona e la rende partecipe e protagonista della storia comune, ne diventa la nota caratterizzante. Da qui la sensibilità e l’attenzione dei cattolici per la democrazia e l’impegno per garantirne la qualità, una “democrazia dei cristiani” che è “democrazia di tutti”, come dice Pietro Scoppola.

 Comune è stata la valutazione preoccupata dell’attuale situazione sociopolitica: sono evidenti i segni di un deterioramento della qualità della democrazia provocato dalla politica proclamata e praticata nel governo del paese, ma più preoccupante appare la diminuita sensibilità generale ai fondamenti su cui si regge ogni sistema democratico, a partire dai principi peculiari di ciascuna nazione che per quanto riguarda l’Italia sono enunciati nella Carta Costituzionale.

 Gravissimi e assolutamente inaccettabili sono giudicati i quotidiani pronunciamenti del Presidente del Consiglio dei Ministri Italiano nei confronti delle istituzioni, definite non credibili, e della stessa Costituzione presentata come un ostacolo al governo del Paese, alla sua vita ed al suo sviluppo.

L’annebbiamento dei riferimenti costituzionali aggrava le incertezze e le preoccupazioni in ordine alla possibilità che il Paese possa affrontare nel modo più corretto ed adeguato i problemi creati da una situazione internazionale in fortissima evoluzione che mette in discussione i diritti fondamentali della persona, quali il lavoro e l’accesso ai servizi vitali.

 Altrettanto preoccupante è la situazione che sta attraversando la Repubblica di San Marino, dove l’affievolirsi dei valori sui quali si è fondata e retta la più antica democrazia partecipativa esistente, ha portato ad un degrado etico, politico ed economico nella vita del Paese, che ne sta compromettendo sia la coesione sociale interna che le relazioni con gli altri stati.

Sulla interpretazione di questi mutamenti sociali ed economici, sul loro impatto, spesso drammatico, con la vita delle persone, sui gravi squilibri e sulle disuguaglianze che essi provocano, occorre impegnarsi e chiedere alla politica di offrire risposte adeguate.

Per quanto riguarda i cattolici democratici si tratta di rendere concretamente attuale l’ispirazione ideale che viene da Murri, Sturzo, De Gasperi, Moro, fino a Lazzati, Dossetti, Gorrieri, Ardigò, Scoppola…..

Solamente questa capacità di concreta attualizzazione può consentire di stabilire un rapporto costruttivo di dialogo con la società, e soprattutto con i giovani che paiono reattivi ai temi della giustizia, della uguaglianza e della partecipazione, ma assai meno interessati ad una storia che ritengono a loro estranea.

E’ da qui che deve venire un triplice impegno di presenza responsabile: sul versante ecclesiale, sul versante sociale e su quello politico.

Gli impegni concreti con cui la giornata si è conclusa possono essere così sintetizzati:

-       costruire una rete di collegamento fra le realtà associative cattolicodemocratiche del nostro territorio (che potrebbe essere allargato anche a qualche altra regione limitrofa); una rete che, attraverso eventuali strumenti informatici, appaia anche all’esterno e costruisca un “soggetto sociopolitico” con maggior autorevolezza di quanto possa averne ogni singola componente associativa;

-       individuare i temi emergenti su cui via via concentrare la comune attenzione: vengono indicati, esemplificativamente, la difesa della democrazia e della Costituzione, la partecipazione, il lavoro e la sua mercificazione, la cooperazione, la privatizzazione di servizi vitali (es. acqua), la difesa dell’ambiente e della salute dei cittadini; su questi temi potranno essere valorizzate le iniziative delle singole associazioni e si potranno anche assumere posizioni pubbliche comuni;

-       ritrovarsi periodicamente per giornate a tema (vedi i temi sopracitati) da cui possano nascere iniziative comuni: a questo riguardo viene indicata la Repubblica di S.Marino come luogo simbolico di incontro. Da questi incontri periodici potrebbe scaturire la eventuale costituzione di veri e propri laboratori tematici.





Agire Politicamente 

Coordinamento di cattolici democratici

 

Cattolici democratici nell’Italia di oggi

per rigenerare la democrazia

Il Coordinatore nazionale

Roma, 30 settembre 2010

(link www.settimanesociali.it)

1. L’associazione  Agire politicamente, nell’ambito dei seminari estivi di formazione politica, ha condotto una attenta riflessione sul tema della 46a Settimana sociale dei cattolici italiani , anche attraverso la lettura critica del documento preparatorio, elaborato dal Comitato scientifico e organizzatore. Pertanto, nell’auspicato coinvolgimento anche dell’associazionismo di ispirazione cristiana, l’associazione intende contribuire al dibattito che l’assemblea convocata a Reggio Calabria svilupperà, segnalando alcuni punti ritenuti bisognosi di maggiore attenzione e di più urgente sollecitudine.

2. La prossima Settimana sociale cade in un momento di evidenti e inedite criticità per il nostro Paese. Solo una riduttiva interpretazione potrebbe far risalire la crisi che l’attanaglia alla lunga e incompiuta transizione politica, giacché, in realtà, si tratta di una crisi culturale, che ha rivelato le contraddizioni di un sistema che propone la ricerca del benessere, la felicità, il consumo, la sicurezza, l’ambizione del potere, l’attesa del successo e della considerazione sociale quali massime di affermazione dell’individuo: un sistema radicalmente incompatibile con il modello di vita proposto dal cristianesimo.

3. L’Italia degli ultimi decenni è scivolata nell’attuale grave crisi perché, anche attraverso interessate ma temerarie scelte politiche, ha adottato tale sistema, insidioso quanto illusorio. In questi anni, è avvenuta una silenziosa ma profonda rivoluzione culturale, quasi una mutazione antropologica che, attraverso la televisione e, in modo sistematico dai canali di Mediaset, ha imposto una nuova mentalità e una nuova morale, basate sul culto dell’apparire, su un permissivismo felice, sulla trasgressione impunita, su un vitalismo edonistico, sull’esibizionismo sessuale... Di questo modello culturale, l’attuale governo è, insieme, la rappresentazione politica e la legittimazione ideologica.

4. Tutto questo è avvenuto con la complicità, più o meno consapevole, di parte del mondo cattolico e di gerarchia ecclesiastica. Sicché, questa mentalità si è insinuata anche nella comunità ecclesiale, fino a legittimarne una prassi di compatibilità con la vita cristiana.

Già nel 1994, Giuseppe Dossetti ricordava ai cattolici che la “notte” sarebbe stata lunga e che non sarebbe stato possibile uscirne senza “un giudizio severo nei confronti dell’attuale governo [era il Berlusconi 1], in cambio di un atteggiamento rispettoso verso la Chiesa o di una qualche concessione accattivante in questo o quel campo (per esempio la politica familiare e la politica scolastica)”. Il “giudizio severo”, pur espresso dal cattolicesimo democratico, è mancato da parte dei tanti cattolici che, con la benedizione ecclesiastica, si sono accomodati nella “casa berlusconiana” e dei vertici ecclesiastici che, anzi, continuano a praticare lo scambio temuto da Dossetti.

5. La costruzione di una nuova “civiltà della politica”, finalizzata a risanare il tessuto sociale e ad aprire una nuova stagione dei doveri, ricentrando l’asse culturale del Paese sul primato del bene comune, non è impresa a breve termine. E, soprattutto, noi riteniamo che richieda altre mani, che non siano quelle dell’attuale maggioranza di governo, poiché questa, con la concezione proprietaria delle istituzioni pubbliche, con la violazione sistematica delle regole, con la delegittimazione degli organismi costituzionali, con l’uso intimidatorio dell’informazione, è all’origine del “sistema gelatinoso” che ha corrotto la rete produttiva e amministrativa del Paese.

6. L’assemblea di Reggio Calabria si prefigge di aprire l’Italia ad un futuro di speranza. Ma tale alta aspirazione non può prescindere da una presa di coscienza (una “purificazione della memoria”) anche da parte cattolica, delle collusioni e delle complicità che hanno alimentato e legittimato il sistema. Si impone una soluzione di continuità nella prassi delle relazioni politiche. Non solo il Paese ha bisogno di voltare pagina ma anche la Chiesa cattolica, perché si liberi da ogni tentazione temporalista e da ogni commistione politica ma, fedele alla lezione del Concilio, si incarni nella comune vicenda dei nostri giorni, quale “segno e strumento” di unione divina e di fraternità umana.

7. Aprire il Paese alla speranza vuol dire riappropriarsi del desiderio di futuro e rinnovare la volontà di perseguire il bene comune, valorizzando il potenziale di risorse di cui l’Italia ancora dispone. Noi riteniamo che la prima risorsa sia la Costituzione, carta di regole e di valori, fondativa di una ordinata convivenza sociale. Dalla Costituzione vanno attinte le indicazioni utili per affrontare la “questione nazionale” che, opportunamente, il documento preparatorio della Settimana pone in relazione con il “bene comune globale”.

8. Noi riteniamo che la “questione nazionale”, la saldatura unitaria del Paese in un’unica alta speranza, vadano declinate come “questione democratica”, impegno prioritario dei cattolici a rigenerare ed educare la democrazia, da intendere non solo come forma del governo politico e presidio delle libertà, ma anche come sistema delle relazioni sociali e promozione dell’uguaglianza. La “questione cattolica”, oggi, non è più la rivendicazione di spazi politici da parte dei cattolici ma la partecipazione convinta all’opera plurale di rigenerazione della democrazia.

9. Nel rinnovare tale impegno, noi siamo consapevoli che il bene comune non coincide con il bene dei cattolici, anche se sono maggioranza, ma, come ci ricorda l’insegnamento sociale della Chiesa, è il bene di tutti e di ciascuno. In questa prospettiva, anche gli immigrati, che hanno diritto di sedersi alla mensa dei nostri beni, sono una risorsa del nostro Paese e, mentre usufruiscono dei beni, sono chiamati a contribuire alla realizzazione del bene comune. È necessario, però, che si sentano accolti e non respinti o diffidati e sospettati non solo dal governo ma anche da alcune realtà ecclesiali. Tuttavia, riconosciamo e apprezziamo la linea ufficiale sviluppata, in materia, dalla Santa Sede e dalla Chiesa italiana.

10. Ma la cura di questa e altre questioni politiche non può essere lasciata o riservata ai vescovi.

Noi riteniamo che sia in atto nella comunità dei cristiani una sorta di “fuga dalla laicità”, dovuta, da una parte al protagonismo politico di alcuni ecclesiastici e alla tentazione della gerarchia di gestire il rapporto con la politica; dall’altra alla scarsa coscienza della condizione laicale di tutta la Chiesa e alla sottovalutazione della mediazione, quale esercizio laicale proprio dell’agire politico “da cristiani”.

Vincolata all’etica della laicità, la mediazione è principio di distinzione e non di separazione, criterio di risoluzione dei conflitti, metodo di composizione delle diversità e strumento di confluenza degli interessi particolari nell’interesse generale che, nel vocabolario del cattolicesimo politico, prende l’impegnativo nome di “bene comune”.

 

Via Ulpiano, 29 – 00193 Roma – Tel./Fax 0668802238; e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 


Vedi dossier 46° Settimana sociale dei cattolici italiani in Reggio Calabria (Ottobre 2010)

Link www.settimanesociali.it

Il Seminario di Folgarida in … sintesi!

di Piergiorgio Maiardi

28 settembre 2010

(trascrizione di appunti non rivista dai Relatori)

Lunedì 23 agosto 2010

La sollecitudine sociale della Chiesa Italiana nella stagione postconciliare

Lino Prenna

Richiamo alle Encicliche “Sollicitudo rei socialis” (1987) e “Caritas in veritate” (2009) per verificare come si è sviluppata la sollecitudine sociale della Chiesa.

Rosmini denuncia, fra le piaghe della Chiesa, la separazione del popolo dal clero: negli ultimi decenni si è accentuata la eterogeneità fra la gestione ecclesiastica ed il popolo di Dio. Si è verificata una verticalizzazione con il ruolo eccessivo assunto dalla CEI e la politicizzazione del rapporto con il mondo: ci chiediamo se si è mantenuta la “fedeltà” al Concilio o se altre concezioni hanno sostituito il Concilio.

Il Concilio aveva, infatti, segnato il passaggio da una ecclesiologia caratterizzata dalla “societas perfecta” alla nozione del “popolo di Dio”.

Il 1° Convegno ecclesiale (Roma 1976: “Evangelizzazione e promozione umana”) si era posto l’obiettivo di “tradurre il Concilio in italiano”: da qui la scelta religiosa, la caratterizzazione della presenza della Chiesa nella società, della evangelizzazione (vedi documento conclusivo a cui hanno contribuito Mons. Bartoletti e P.Sorge).

Nasce una polemica: i cattolici si ritirano dalla vita politica? La polemica alimentata da Comunione e Liberazione ( vedi, nel 1985, il Convegno del Vicariato di Roma), la crisi della Democrazia Cristiana.

Il 2° Convegno ecclesiale (Loreto 1985: “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”) segna un secondo momento di svolta: primato del profilo istituzionale della Chiesa, richiesta di garanzie sociali ed economiche, affermazione del ruolo pubblico del cristianesimo, gestione dall’alto dopo la revisione del Concordato.

Il discorso finale di Giovanni Paolo II evidenzia il ruolo pubblico del cristianesimo, il ruolo guida della Chiesa e la sua efficacia trainante nel cammino verso il futuro (contributo del card. Ruini).

Il 3° Convegno ecclesiale (Palermo 1995: “Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia).  Nasce il “progetto culturale” orientato in senso cristiano: la Chiesa vi deve essere impegnata per l’intero decennio. Non si tratta di “nuova evangelizzazione” ma di uscire dalla sindrome della subalternità. In politica non si ripropone il partito unico del cattolici ma la frontalità del rapporto fra Chiesa e società politica.

Mentre Paolo VI aveva evidenziato una immagine della Chiesa non come controparte dello Stato ma come il Samaritano che si piega sulla umanità, Giovanni Paolo II accentua il carattere oppositivo, la frontalità della Chiesa rispetto al mondo: la difesa di sé e della propria identità; una nuova cristianità, un’idea di autosufficienza.

Da ciò deriva una Chiesa vista come soggetto politico che si rapporta alle Istituzioni senza la mediazione laicale: c’è un deficit di laicità. Si registra un ritorno al clericalismo, viene esautorata l’indole secolare dei laici. La Chiesa si libera da collateralismi prestabiliti ma, volta a volta, ne stabilisce di nuovi. La prassi pastorale contraddice un profilo di alta idealità.

La Chiesa conferma una linea prevalentemente istituzionale. Una Chiesa politicamente connivente con una tendenza liberista-neocapitalista che politicamente si identifica nel centro destra.

Questa posizione è sostenuta da una concezione “civile” e identitaria del cristianesimo ed è qui che, in ambito politico, trova spazio la Lega.

Il 4° Convegno ecclesiale (Verona 2006: “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”) conferma la Chiesa come soggetto politico. Nasce il Comitato “Scienza e Vita” e si registra la vittoria della indicazione di voto data dalla Gerarchia nel referendum sulla legge n. 40 (procreazione assistita): su questa indicazione si ricompattano le associazioni cattoliche (da una certa resistenza dell’Azione Cattolica deriva forse le indisponibilità alla riconferma del Presidente Alici).

La nuova presidenza della CEI apre oggi nuovi orizzonti? Certamente la Chiesa deve rinunciare a qualsiasi egemonia sociale e recuperare la caratteristica di segno e strumento di speranza più alta.

La nostra associazione “Agire Politicamente” vive la difficoltà di essere cristiani nel mondo per la difficoltà  di essere laici nella Chiesa.

(Nella discussione che segue si registrano n. 9 interventi)

Città e deserto: identità e alterità

Mons. Angelo Battista Pansa

La relazione viene svolta in due tempi, nella mattina del 23 agosto e nella mattina del 24 agosto.

Martedì 24 agosto 2010

Viene svolta la seconda parte della relazione di Mons. Angelo Battista Pansa su “Città e deserto: identità e alterità”.


L’Italia di oggi: potenzialità e limiti

Mons. Giovanni Nervo

Vedi relazione.

(La discussione che segue la relazione registra n. 10 interventi).

Mercoledì 25 agosto 2010


Il Nord-est del Paese tra crescita economica e caduta della socialità - La Lega e la questione settentrionale

Prof. Paolo Feltrin

(L’argomento viene trattato in un’unica relazione, anziché in  due come inizialmente previsto, dal prof. Feltrin).

La nascita della Lega Nord coincide con la crisi politica della fine degli anni ’70 (’78, ’79, ’80): i leders della Lega sono in gran parte giovani militanti di partito delusi dai movimenti politici. Si riscopre il “locale”.

Ciò si verifica anche nell’ambito della musica con la nascita di gruppi e di complessi, viene scoperta, ad esempio, la musica “celtica”.

E’ fallito il processo di modernizzazione e si apre un vuoto.

Fino al 1979, dall’Unità d’Italia, se si eccettuano alcuni fenomeni in Sicilia e Sardegna, si registrano solamente partiti politici nazionali. Dalla fine degli anni ’70 nascono gruppi e partiti locali: l’impressione è che si tratti di fenomeni temporanei da riassorbire.

Ma oggi la Lega è il partito politico presente, fra quelli rappresentati in Parlamento, da più lungo tempo ed è il primo partito in diverse provincie italiane.

Quali sono le ragioni di tale durata della Lega che non dispone di strumenti mediatici e di particolari risorse: senza dubbio la ragione non è rappresentata dal federalismo.

1 – Una leadership che unisce le varie leghe locali con la Lega Nord: nel 1983 ha 5 deputati, nel 1985 crolla, nel 1989 risorge con l’unità delle diverse leghe. Non si tratta di regionalismo ma è la frattura Nord/Sud che viene politicizzata. La questione italiana è la mancata risoluzione della questione Nord/Sud che era latente e, non risolta, si è aggravata.

Mentre in Europa si registra la tendenza a colmare le divisioni interne con politiche di coesione che riducono dovunque i divari, l’unica resistente è l’Italia. Qui la Lega politicizza la diversità e persegue la separazione: nessuna forza politica dispone di proposte a tale riguardo.

Il processo di secessione può essere realistico sulla base della esperienza di Paesi che si sono separati.

Le problematicità stanno nella difficoltà di equità sociale (l’Italia è al 3° posto fra i paesi del mondo per il grado di disuguaglianza): il Centronord è una delle prime aree di “uguaglianza” (le famiglie povere sono il 16%), mentre al Centrosud la disuguaglianza è massima (le famiglie povere raggiungono il 48%). Non sembrano possibili politiche nazionali al riguardo: le indennità di disoccupazione vengono erogate per l’82% al Sud mentre l’80% della cassa integrazione viene erogata al Nord.

Quali politiche sono possibili per riavvicinare il Sud al Nord? Negli anni ’90 ci fu il tentativo di promuovere al Sud lo stesso sviluppo del Nord, con il medesimo metodo e fu un totale fallimento.

Questo rappresenta il primo motivo che alimenta il voto a favore della Lega Nord.

2 – Esiste un problema di eccessiva centralizzazione dello Stato: “Roma capitale”. La Lega lo pone da 20 anni.

3 – Il Fisco: pressione fiscale alta e trasferimento prevalente al Sud: il 67% del PIL viene dalla Pubblica Amministrazione con conseguente trasferimento prevalente al Sud. A metà degli anni ’70 si aveva coscienza dell’alta pressione tributaria che rappresentava il 25% del PIL ma si registrava una uniformità nel Paese. Ora l’evasione raggiunge una percentuale altissima nelle regioni del Sud mentre è del 20/30% al Nord (in Lombardia 12%, in Liguria 50%): queste ragioni segnano il fallimento di tutte le politiche precedenti.

4 -  Il Nord ha avuto uno sviluppo inimmaginato. Le immigrazioni interne ed esterne hanno interessato, dagli anni ’90, quote di popolazione che vanno da 200.000 a 4 milioni e mezzo persone: una immigrazione mal affrontata e mal governata con violentissime contrapposizioni fra immigrati e popolazioni locali da cui è stata originato un aumento del voto a favore della Lega.

5 – La globalizzazione: l’unica forza che vi si oppone è la Lega. Nessuna forza politica riesce a parlare in modo concreto e serio di questo fenomeno.


(Dopo una discussione che registra n. 11 interventi, Feltrin riprende e conclude la propria relazione).

Il successo della Lega sta nell’aver unificato i diversi “nord” ed i diversi “sud” in un’unica grande frattura.

Anche senza la unificazione del Paese Nord e Sud avrebbero avuto la possibilità di sviluppo.

Nessun Partito politico affronta seriamente questa problematica e non lo fa neanche la Chiesa: oggi esiste solamente la questione meridionale, e non quella settentrionale, anche se è indubbio che le maggiori problematicità sono in Campania, Calabria e Sicilia, regioni che negli ultimi anni sono state governate prevalentemente dal centro sinistra. La criminalità organizzata si conferma e si sviluppa durante i governi di centro sinistra. L’assenza di una solida economia di mercato può rappresentare una ragione della mancanza di sviluppo del Sud.

Il federalismo non è la risposta al problema meridionale: l’avvicinamento della popolazione al fisco non provocherà maggiore controllo e più pagamento ma, piuttosto, più favoritismo.

Altrettanto si può dire del regionalismo che non unifica ma allontana le regioni le une dalle altre.

La responsabilità prima è della politica.

E’ dubbio che i cittadini del Sud abbiano la possibilità di risolvere, da soli, i propri problemi.

Nella cosiddetta prima repubblica il voto del Sud valeva più di quelli del Nord: si trattava di battere la sinistra che era in maggioranza nelle regioni del nord. La situazione si inverte con la fine del Partito Comunista. Ora un candidato del Sud non vince in campo nazionale.

Oggi possiamo considerare che il Nord si spinga fino alla regione delle Marche.

Lo sviluppo della Lega è legato al basso reddito ed esprime un “gruppo” più culturale che sociale.

Bossi ne è un leader abile anche se rozzo, è un capopopolo: un mutamento della Lega potrà avvenire solamente dopo Bossi perché non si può pensare che la Lega possa sempre essere, contemporaneamente, Partito di lotta e di governo.

Per quanto riguarda l’immigrazione e l’emigrazione interna, essa non potrà essere arrestata da una eventuale secessione. Nelle realtà locali dove la Lega governa si registra una divaricazione fra ciò che si proclama, e che influisce sui comportamenti delle persone, e ciò che effettivamente si pratica: a Treviso, dove la Lega supera il 40% dei voti, e dove si registrano i più alti “proclami”, di fatto si registra un alto grado di coesistenza e di integrazione.

E’ interessante notare che, al momento della riunificazione della Germania, l’Ovest ha creato specifiche agenzie per la riunificazione con il commissariamento delle amministrazioni dell’Est: per il Sud d’Italia si dovrebbe probabilmente pensare ad una “cura” ipercommissariale centralizzando le responsabilità  piuttosto che decentrarle.


Slide della relazione del Prof. Paolo Feltrin

Mercoledì 25 agosto 2010 - pomeriggio

Nel pomeriggio ci si è riuniti per costruire un contributo di Agire Politicamente alla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani: la discussione è stata ampia e approfondita e ne sono emersi gli elementi per un documento, la cui redazione viene affidata a Lino Prenna, da inviare alla Settimana Sociale in programma a Reggio Calabria nel prossimo mese di ottobre.

Giovedì 26 agosto 2010

Dialogo su:

Cattolici democratici:  la responsabilità di un percorso comune

introduce Lino Prenna

Agire Politicamente, che si propone quale “coordinamento di cattolici democratici” (non come coordinamento dei cattolici democratici), ha sempre perseguito l’obiettivo di un cammino comune delle diverse realtà cattolico democratiche presenti nel Paese, pur salvaguardando l’autonomia di ciascuna. L’iniziativa più recente in questa direzione è rappresentata dalla proposta di Forum formulata da Giorgio Campanini e pubblicata sul Foglio n. 1/2010 dell’Associazione.

Con Argomenti 2000, Città dell’Uomo e la Rosa Bianca, Agire Politicamente ha condiviso la convocazione di un incontro, per il prossimo 4 settembre, a Milano, allo scopo di verificare con altre realtà cattolico democratiche presenti nel Paese la possibilità di un collegamento più stabile e strutturato che valorizzi le iniziative di ognuno e da cui possano nascere iniziative comuni.

Città dell’Uomo ha aperto un dialogo sui “cattolici democratici” attraverso la propria rivista “Appunti”: nel dialogo sono intervenuti anche Giorgio Campanini e Lino Prenna. Nell’ultima Assemblea Nazionale dell’Associazione Angelo Bertani ha formulato la proposta di una “rivista” che colleghi le diverse realtà associative di ispirazione cattolico democratica, dopo il venir meno dell’ipotesi di una iniziativa di Adista che aveva programmato la pubblicazione di un terzo fascicolo della propria rivista, dedicato esplicitamente al tema del cattolicesimo democratico.

Ora si tratta di verificare l’ipotesi di Angelo  Bertani e verificare la disponibilità di entità, come la Fondazione dei Popolari,  presieduta per Pier Luigi Castagnetti, che hanno maggiore consistenza e possono disporre di maggiori risorse.

Agire Politicamente ha sviluppato fino, ad ora, contatti e collaborazioni, soprattutto, con Città dell’Uomo, la Rosa Bianca ed i Cristiano Sociali.

I filoni del cattolicesimo democratico a cui Agire Politicamente si riferisce sono quelli espressi dall’Opera dei Congressi, Romolo Murri, Luigi Sturzo….che non comprendono tutte le espressioni dei cattolici. Anche il popolarismo non esaurisce il cattolicesimo democratico, mentre la Democrazia Cristiana ha rappresentato la concretizzazione di una presenza plurale.

Ora guardiamo ancora con interesse ma con preoccupazione alla esperienza del Partito Democratico nel quale la ispirazione cattolico democratica dovrebbe potersi esprimere con maggior incisività.

Certamente un eventuale Forum delle associazioni ecclesiali non è l’ambito proprio di Agire Politicamente che non ha natura ecclesiale: crediamo, infatti, nella legittimità di una diversità di opzioni politiche  fra associazioni di ispirazione cattolica che si devono muovere in autonomia e con responsabilità.

Si apre un ampio dialogo che registra n. 13 interventi che condividono sostanzialmente la linea di fondo espressa da Lino Prenna arricchendola di motivazioni: urgenza di una presenza cattolico democratica nel contesto sociale e culturale del Paese che vive una crisi della propria democrazia, utilizzo degli strumenti di comunicazione per influire sulla cultura della convivenza democratica, inopportunità di favorire personalismi in ambito politico, interlocuzione con la Chiesa che oggi ha un messaggio debole sul piano sociale….

Questione sociale, associazionismo cattolico, cattolicesimo democratico

Tavola di confronto con:

  • Giancarlo Milanese, vice presidente ACLI per il Veneto,
  • Lucio Turra, presidente diocesano dell’Azione Cattolica di Vicenza,
  • Franco Lorenzon, segretario provinciale CISL di Treviso.
  • Moderatore: Roberto Grigoletto, coordinatore di Agire Politicamente per il Veneto.

Giancarlo Milanese

In ambito cattolico si passa da una “unità” conformistica sulle questioni sociali, politiche, religiose, ad una effettiva difformità che paralizza il confronto: la condivisione dei valori non è scontata.

Le ACLI nascono nel 1945 in una situazione di violenza ma con riferimenti certi e con un chiaro mandato voluto dall’autorità ecclesiastica: rispondere ad una esigenza di presenza cattolica.

Oggi il mandato appare meno chiaro. La situazione è mutata. Il soggetto non è più il lavoratore ma il consumatore, il contesto demografico è cambiato ed è mutato, con un diverso percorso, anche il contesto ecclesiale: la frequentazione ecclesiale è fatta principalmente di anziani e bambini.

Negli anni ‘60/70 le ACLI hanno rotto lo stretto legame con la Gerarchia ecclesiastica che non ha accettato questo fatto con conseguenze negative per l’associazione.

Oggi dobbiamo registrare un andamento ecclesiale che rincorre il mito di una cristianità perduta e non attua appieno il Concilio, ponendo in atto, a volte,  segni che non hanno futuro (es. Messa in latino). L’associazionismo cattolico incontra difficoltà perché dovrebbe mettere insieme persone che non sono affini.

Le ACLI gestiscono anche servizi ma non possono fare solamente questo con il rischio di perdere la capacità profetica.

Riguardo alla 46° Settimana sociale dei cattolici italiani si sottolinea la priorità di tre punti: la questione del lavoro sia al Nord che al Sud; il futuro del sistema di welfare che oggi si affida molto ai privati assumendo un carattere più assistenziale; la questione Nord/Sud: il federalismo viene dopo l’unità del Paese con attenzione al pericolo di esportazione della criminalità.

Replicando, in chiusura, agli interventi dei presenti, Milanese aggiunge:

In Veneto, la Lega raccoglie i maggiori consensi nelle aree che votavano Democrazia Cristiana. La Lega, infatti, risponde ad interessi economici come faceva la DC e ne ha preso, quindi, il posto. Si tratta di una risposta che tiene conto della cultura prevalente nei veneti, un popolo che, fino agli anni ’60, era costituito in prevalenza da poveri ed emigranti e che fatica a collegare la fede e la pratica religiosa con la vita concreta.


Lucio Turra

L’Azione Cattolica di Vicenza è impegnata nella formazione politica: esperienza del laboratorio “cittadinanza attiva” , che dipende direttamente dalla Presidenza diocesana e rappresenta un luogo importante per l’associazione.

Ciò contraddice con la situazione generale che mostra molte negatività: il condizionamento dei poteri forti, la vecchiaia ed il declino della classe politica, la mancata coesione sociale, la difficile convivenza con chi è diverso e la divisione dei cattolici sulle principali questioni sociali anche se i temi della pace e della giustizia sono presenti in tutti i documenti.

Lo stato della nostra democrazia desta preoccupazione in prospettiva e mostra segni di arretramento rispetto alla “democrazia compiuta” di cui parlava Aldo Moro. Anche se si registrano segni di maggiore impegno all’interno di specifici settori (es. magistratura) si manifesta l’assenza di un progetto complessivo e di una cultura delle riforme.

Dal Convegno ecclesiale di Verona è venuta una indicazione per la formazione al bene comune, alla creazione di luoghi, nell’ambito prepolitico, di discernimento profetico sui fatti di attualità, luoghi di elaborazione del pensiero sui temi della cittadinanza.

L’ambito dell’associazionismo è il territorio perché è qui che si concretizza l’attenzione alle persone che vi vivono. Necessario fare rete fra le associazioni di ispirazione cattolico democratica per acquisire la capacità di incidere sulla società e di contrapporsi a culture negative come quella della Lega.

Replicando, in chiusura, agli interventi dei presenti, Turra aggiunge:

In Veneto si registra una sostanziale decadenza ed una grande diversità fra le provincie. Si tratta di una regione con grandi contraddizioni: ad un aumento della qualità religiosa fa riscontro l’assenza di cattolici fra i politici di rilievo. Vi è una difficoltà a comunicare: le persone cercano prevalentemente una risposta ai propri interessi. E’ indispensabile il rapporto con il potere ma qui è facile il compromesso.Si registra qualche miglioramento nell’ascolto delle associazioni ma manca una evidenza sui mezzi di comunicazione.

Franco Lorenzon

La CISL è un sindacato di cattolici che si basa sulla cultura del protagonismo collettivo dei corpi intermedi.

Oggi i cattolici appaiono “senza casa”, si registra un ritiro dalla politica nell’associazionismo e l’assenza del tema della qualità della nostra democrazia. Mentre i cattolici dovrebbero essere il sale nel contesto della nostra convivenza democratica.

Roberto Mancini, nel suo libro “Per un’altra politica. Scegliere il bene comune”, pone l’attenzione sul rapporto con il potere ed evidenzia una radice antidemocratica, richiamando la responsabilità dei cattolici e denunciando, invece, un cattolicesimo infedele.

Quanto al sistema produttivo italiano si registra un benessere in declino mentre il sistema di welfare in Italia non regge il confronto con altri paesi europei. E i cattolici?

La situazioni mostra molti segni di contraddizione: la CGIL, ad esempio, ripete schemi vecchi (fordismo). Si tratta di contraddizioni da attraversare e che richiedono ai cattolici di stare dentro, di entrare nel merito dei problemi. E invece è prevalente una religiosità di tipo tradizionale e il rifugio nella ricerca di una identità da contrapporre ai nuovi arrivati.

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