Cattolicesimo Democratico

una cronaca di Enrico Artioli

Per una rete tra cattolici e democratici

Enrico Artioli


Guido Formigoni

(vedi Guido Formigoni: Il cattolicesimo democratico. Una risorsa per il Paese e per la Chiesa)

 Nicoletti Michele

“Centralità della questione democratica”

La Lega democratica (originariamente Lega dei Cattolici Democratici) è stata una grande palestra di confronto e dibattito politico.

Oggi si registra una grossa difficoltà a vivere in orizzonti plurali, ognuno tende a costruirsi un suo piccolo orizzonte dove vige il pensiero unico... era proprio la diversità (come nella Lga democratica) che generava le idee migliori.

1 Sfida internazionale ed europea

La democrazia è messa alla prova dai cambiamenti di globalizzazione, questioni finanziarie e del debito, questioni economiche, questioni culturali (col rischio omologazione), questione antropologica (coi fenomeni migratori). Questi fenomeni sono minacce ma anche straordinarie opportunità e sono dinamiche che, per dire il vero, abbiamo promosso noi stessi, tramite l'avvallo all'apertura dei mercati, delle università ad un orizzonte internazionale. Non sono quindi solo minacce ma obiettivi perseguiti intenzionalmente.

A livello internazionale il tasso di democraticità è basso, il controllo della finanza manca. Occorre empowerment (rafforzamento) per stare su un orizzonte globale, tema serissimo soprattutto per noi italiani. Le istituzioni europee pur elette democraticamente, non godono di sufficiente prestigio e riconoscimento. OCCORRE RINFORZARLE e sostenerle.

Occorre poi chiarire cosa intendiamo per “popolo”, cosa è il “popolo italiano” a cui la Costituzione affida il potere, ogni democrazia lo fa. Lincoln “poter del popolo, per il popolo, con il popolo” ~

Spesso la tecnica e la tecnocrazia pongono limiti che riducono i margini di manovra per la Politica. La Politica italiana non ha autorevolezza, basti vedere la differenza tra Berlusconi e Monti, ora all'Italia è riassegnato un ruolo significativo non solo per sé, ma per l'Europa tutta. In altri ambiti (teatro, impresa, ricerca, …) l'Italia ha fatto passi avanti, nella Politica no. Nuovi Paesi si sono affacciati prepotentemente sulla cena internazionale non solo i BRIC.

In questa situazione c'è un grosso ruolo dei cattolici democratici.

2 Cambiamenti in atto

C'è una grande sfida che deriva dalle trasformazioni dell'economia e della società con disuguaglianze spesso insopportabili rispetto ad altre realtà, come la Germania: disuguaglianze tra giovani e anziani, generazioni presenti e future, uomini e donne, autoctoni e immigrati, poveri e ricchi...

C'è un invito esplicito di Benedetto XVI a rivedere il modello di sviluppo, ripensando cosa è avvenuto nel capitalismo moderno (Weber: consumo delle energie spirituali).

Si registra una serie di veti sterili tra ambiti e ipotesi diverse che non cercano di parlarsi e confrontarsi: solo col contributo di tutti si può uscire dalla crisi. Occorre un approccio non materialista né consumista (cfr. referendum acqua)

3 Sfida dei diritti

Il ventennio conclusosi (speriamo) ha fatto fare grandi passi indietro.

Occorre grande attenzione al cambiamento che è avvenuto nel centro sinistra, è avvenuta infatti una straordinaria rivoluzione con l'acquisizione consolidata della “centralità della persona”, come avvenne nella Costituzione, come fine in sé non asservibile a nessuno altro scopo. Fra i diritti acquisiti: la libertà personale, libertà del corpo (bambini, donne, …) unito all'anima, libertà dello spirito (delle religioni, della ricerca, dell'informazione, delle relazioni sociali, … E' una vittoria della nostra ispirazione personalista e pluralista, che trova conforto nella Costituzione in particolare nel riconoscimento dei corpi sociali intermedi.

4 Costruzione di una democrazia governante

C'è un tema di democrazia partecipativa e democrazia diretta, di formazione della classe dirigente, per affrontare la situazione esistente (criminalità, interessi privati, conflitti di interessi, legge elettorale sconfessata, …).

Di fronte a questa situazione , che fare?

1 Cultura politica: alla base della rete.

C'è un arretramento a tutti i livelli di una cultura democratica: in particolare c'è un sospetto che accompagna l'idea dell'auto-governo, visto come spreco e inefficienza.

Oggi il cattolicesimo dovrebbe essere, più che democratico o liberale, “repubblicano”, per cui la democrazia non è solo uno strumento, ma una “forma di vita” (i greci sapevano che un despota illuminato avrebbe aumentato il loro benessere, ma non lo vollero perché ne andava della loro dignità di uomini).

Occorre la formazione di vere e proprie professionalità politiche, la costruzione di una vera classe dirigente come fecero FUCI, MEIC, …

2 Assetto politico della democrazia italiana

Occorre arrivare a una sana democrazia dell'alternanza. (Ruffilli, Moro, …). Occorre un ricambio: se uno fa male diamo una chance agli altri. Non si può dire di essere in Europa senza accettare il modello europeo di democrazia dell'alternanza.

Passata l'anomalia berlusconiana, le “famiglie politiche” si riformeranno e i cattolici democratici dovranno trovare il loro posto, partendo dalle differenze che li caratterizzano rispetto ad altri. C'è il fatto importante che il mondo del centro sinistra ha trovato una sua definizione al di là dell'orizzonte del socialismo (che la Chiesa ha sempre visto come nemico). E' un evento straordinario di cui la Chiesa dovrebbe prendere atto pena commettere un gravissimo errore storico.

3 I partiti

Il governo di oggi non è espressione di un partito, come accade negli altri paesi democratici. Perché la responsabilità politica è sempre collettiva. Il rischio di un approccio “tecnico” è che si dissolva la responsabilità politica.

Come fare i nuovi partiti? Come passare da un partito-chiesa ad altro? Non si può pensare a un rapporto diretto tra leader e i “soci”, un partito è un'associazione che vive di sua vita, ma di una vita che va ricostruita e alimentata. Il leaderismo illude che si possa governare, alla lunga non regge.

Perché i partiti pur, con questa legge elettorale, non hanno costituito un governo “politico”?

4 La Chiesa

C'è un primo livello della comunità ecclesiale che deve essere capace di contenere la pluralità di opzioni politiche e mettere al centro la Parola di Dio (unica che salva) e l'Eucaristia piuttosto che altri temi. Tornare a “Bibbia e giornale”, a un senso della storia governata dalla provvidenza.

Occorrono centri di ricerca teologici: (come in Germania dove il livello della politica di ispirazione cristiana è molto più alto che da noi); occorre far dialogare la politica col diritto, con l'economia...

Occorre un raccordo tra credenti che hanno grandi opzioni comuni pur di diversa estrazione e tenere vivo il nostro patrimonio (sindacato, partiti, associazioni, …)

I partiti siano aperti alle istanze delle comunità ecclesiali. Occorrono credenti che dentro ai partiti siano attenti alle storie degli altri, non solo rivendicare posti per sé sulla base della identità. Occorre interesse e passione per la storia degli altri, dell'Umanità. Abbiamo moltissimo da imparare dagli altri. La condizione di “disagio”, spesso denunciata, è per certi aspetti “naturale” per un credente mandato in mezzo ai lupi. Questo potrebbe far riviver e il cattolicesimo democratico che se invece restasse chiuso in sé, finirebbe per appassire.

Dibattito

Paola Gaiotti (ex presidente ACI)

“Che rete costruire?”

Non sono alla ricerca di uno spazio per i cattolici, noi stiamo in mezzo agli altri.

C'è invece un'urgenza conclamata e visibile di un laicato cristiano, che sappia esprimersi sullo stato della Chiesa nel rapporto tra “gestione delle istituzioni” e “profezia”, ...

Compito specifico come cattolici è quello di contribuire con una presenza equilibrata a favorire un modo di essere Chiesa che superi la grave crisi di immagine che la stessa Chiesa ha oggi (“Salviamo la Chiesa”). Stride al confronto il ricordo di tutto il fermento che animò il Concilio. Non illudiamoci di superare il disagio con l'uso ripetuto di messaggi mediatici.

Occorre costruire luoghi e strutture che “obblighino” la gerarchia ad ascoltare i laici.

Il disagio maggiore è quello che si ha in politica. Anche il timido cambiamento che si registra pare più dovuto agli eventi che ad atti intenzionali.

Occorre una “Politica ecclesiastica” (Scoppola) vera, non di parte. E' bene che la Chiesa abbia partecipato al 150° dell'Unità d'Italia accettando così il giudizio di Paolo VI. E' stato un peccato la condanna delle 5 tesi di Rosmini, ma ancor più l'occasione per un risorgimento spirituale di un popolo.

Occorre un nuovo ruolo della Chiesa nei confronti della Politica: ruolo non contrattuale della Chiesa, ma di illuminazione delle coscienze.

Lino Prenna (“Agire Politicamente”)

Non copriamo l'intero movimento dei cattolici in Politica, occorre perimetrare un confine.

Distinguiamo l'azione politica da quella cattolica.

Ribadiamo l'autonoma responsabilità dei laici nei confronti della gerarchia

Occorre definire la questione democratica! La questione cattolica coincide con quella democratica, democrazia non solo quindi come procedura, ma come vita. La democrazia deve diventare il costume dei cattolici in Politica.

Rapporti con la gerarchia: è in atto un processo di convergenza al centro politico di cui la gerarchia si è intestata la titolarità (Todi), noi non siamo d'accordo: occorre dirlo, esistono dei cattolici che vedono in modo diverso l'aggregazione e la presenza dei cattolici in politica.

L'insistenza di Bagnasco sui “Principi non negoziabili” e le ultime posizioni, con la sua partecipazione alla scuola di Quagliarello, uccidono la mediazione (con “alcuni” principi non negoziabili). Il tratto tipico del cattolico democratico è invece proprio la sua cultura della mediazione e non di affermazione identitaria, in un Paese lacerato da diviso: è la capacità di unire e mettere insieme.

Pierluigi Sorti (PD e “Democratici davvero”)

La triade dei poteri di Montesquieu è superata da poteri reali: forze economiche e politiche (partito unico). La nostra Costituzione dice che i sindacati devono costituirsi democraticamente, ma ciò non è avvenuto. Occorre insistere sui temi del lavoro, in riferimento alla Costituzione

Art. 46 i lavoratori non partecipano alla gestione dell'impresa.

Art. 49 inattuato

Manca in Italia il “Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro” che è un organismo costituzionale che non è stato costituito e che sarebbe fondamentale per esprimere pareri e consuilenze su temi delicatissimi. Se no ha ragione Berlusconi a dire che anche la prima parte della Costituzione è desueta.

Ferruccio Marzano (economista)

Occorre riscoprire la “democrazia economica”. Ci sono esperienze straniere (public companies = azionariato diffuso in UK che Fanfani tentò di fare in Italia).

Luciano Scaffa

Dopo 15 anni di ossequio al berlusconismo, “improvvisamente” la Chiesa comincia a segnalare il suo dissenso verso questa cultura E noi credenti siamo stati in grandi ambasce per una sorta di esclusione ed emarginazione, sarebbe molto interessante capire perché oggi c'è questo diverso atteggiamento.

Le associazioni sono chiamate a non fare esegesi storica, ma a vivere nella agorà dell'oggi. Noi non siamo d'accordo con la prospettiva di scaricamento di Berlusconi per fare un aggregazione al centro di cattolici moderati.

L'idea di “pre-politico” suppone che si possano controllare i processi di aggregazione dei giovani e fare scuole di pre-politica, ma questa è una sciocchezza: abbiamo sempre insegnato che le dinamiche dell'azione diventano apprendimento solo se corrispondono a una richiesta emotiva. Non sono scuole pre-matrimoniali! La vita dei giovani è vita: non è un pre- o un post-, la Politica si apprende facendola, nella lotta, nella vita e si arriva allo studio e alla formazione perché si vuole contare, perché si vuole trattare e spiegare cose che non si sanno.

Salvatore Vento

Perché un'egemonia così lunga del berlusconismo? E perché i cattolici non sono stati in grado di opporvisi?

Angelo Bertani

Sono qui per un confronto tra amici sulla triste situazione del Paese con lo sconforto che si diffonde con venature anche preoccupanti di cattiveria.

Nella Lega democratica si insisteva molto sulla cultura dell'intesa, cultura che ci interpella come cattolico democratici, come esperienza storica di conciliazione tra i valori del Vangelo e quelli della storia (libertà, democrazia, mondializzazione, scienza, …), il rapporto fede e storia che ci interpella.

All'indomani di Todi, occorre creare un circuito di dialogo non solo di trasmissione dal vertice alla base. Questo è il nostro ruolo. Occorre tenere unite elaborazione e comunicazione, perché sono indistinguibili, occorre confrontarsi sulla realtà e maturare via via ipotesi di intervento, in un processo continuo. Come mettere a frutto questa esperienza, come coinvolgere le nuove generazioni nelle grandi sfide: è un problema cruciale.

Dossetti sosteneva che c'è una connessione stretta tra la renovatio ecclesiae e la renovatio civitatis. I grandi numeri, le grandi adunate non necessariamente individuano strade nuove. La Chiesa in crisi cerca di pesare nella politica tramite accordi di potere e non di formazione delle coscienze. Ci sono molte iniziative e riviste nel mondo cattolico, segno di una vitalità molto alta al di là dei documenti ufficiali.

Internet è fondamentale, ma un giornale cartaceo potrebbe collegare le varie riviste che ci sono, tramite loro estratti e spunti di riflessione.

Salvatore Rizza

Un convitato di pietra è la gerarchia ecclesiale. Essa si è sostituita ai politici nell'intrattenere il rapporto col potere (Ruini), con un'invasione di campo che ha svuotato di energia l'azione stessa dei cattolici democratici. Ci sono anche i clerico-moderati che militano in partiti diversi. Occorre assumere atteggiamenti per educare la gerarchia a rispettare l'ambito del laicato (problema prevalentemente italiano). C'è stato il Concilio Vaticano II che ha parlato chiaro.

Graziella Alfieri

Tema serio della mediazione: Prenna ha coraggio in questi tempi. La mediazione è centrale perché consente di tenere alto il tasso di democraticità che si è abbassato drasticamente negli ultimi anni.

Siamo in un'epoca di profondi cambiamenti antropologici e culturali. Che incide molto nei giovani e nell'uso di sé e del proprio corpo: si è diffusa un'idea di libertà come assenza di vincoli (basti pensare alle varie “dipendenze”, …)

Occorre ancorare la libertà a valori trascendenti senza per questo passare dai “valori non negoziabili”. C'è un errore di fondo che punta a imporre principi etici dall'alto.

Noi cattolici dovremmo essere presenti nella scuola, negli ospedali, …

E' doveroso dare atto a Prenna del suo coraggio e della sua passione civile,

Spero che la rete che deve nascere possa essere incisiva.

Nino L'Abate

E' un sogno trovarsi qui insieme.

Temo che ci siano incomprensioni sulla definizione di “pre-politico”, padre Ruzzetta 1987 diceva: “In Italia ci sono 133 scuole diocesane di politica”, oggi sono 20.

Bagnasco e Crociata hanno battuto duro sull'attuale Governo e hanno detto che la nascita di un soggetto politico dei cattolici oggi non dispiace... (affermazione poi smentita). Non possiamo stare pregiudizialmente contro Todi. Aspettiamo gli eventi: diciamo che c'è un altro cattolicesimo rispetto a quello che ha prefigurato da Galli della Loggia “I cattolici sono pronti a prendere il posto di Berlusconi”.

Giorgio Basti

Siete pochissimi ad essere sotto gli “anta”, dovremmo essere interessanti per i giovani, non perché non diciamo cose interessanti, ma dobbiamo rivedere il nostro modo di comunicare.

Bene fare il sito, bene un'unica rivista per sintetizzare una posizione e trovare modalità per farci capire dai giovani.

Non dobbiamo aver paura a proporre le nostre buone battaglie, fra queste la riduzione degli armamenti è un motivo etico e una grande fonte di risorse.

REPLICHE

Guido Formigoni

Todi è lontano dalle nostre prospettive, non ci interessano azioni regressive. Bagnasco fa riferimenti classici (come “valori negoziabili”) su cui non siamo d'accordo (del resto quali valori sono negoziabili? Sarebbe un ossimoro!)

Non si può non prendere sul serio un'interlocuzione su questi temi.

Ci sono vari livelli:

- livello militanza

- livello ecclesiale

- manca un livello intermedio di confronto su un livello non politico, ma di spiegazione perché l'intervento della gerarchia è sbagliato e dannoso per il cattolicesimo stesso. Questo non significa che la forma di Todi sia la migliore, ma non è in contraddizione col “perimetrare” le nostre posizioni come richiesto da Prenna.

Centralità della mediazione, autonomia del laicato, … sono il nostro riferimento, ma ciò non significa essere autoreferenziali e isolarsi: la nostra posizione cresce nell'apertura con tutti (cattolici compresi)

Nicoletti

La Democrazia economica è un aspetto della Costituzione non applicata, … sono emersi tanti temi interessanti. Tema della gerarchia e mediazione: si è consumata una pagina di storia della politica italiana ma anche della Chiesa. Sotto Montini c'era una serie di figure che avevano fatto della mediazioni la loro struttura portante (secondo la filosofia di S. Tommaso). Riscoprire i costumi del popolo (Maritain). Nella Chiesa è cambiato il paradigma teologico (il Tomismo non è più il paradigma dominante, ha ripreso forza l'Agostinianesmo).

Occorre dire le cose come stanno ai vescovi (don Milani) come opera di carità, perché spesso non sono a conoscenza della reale situazione. Woytila e Ratzinger chiamano intellettuali spesso di varia estrazione (spesso socialista) nei seminari in Vaticano.

L'orizzonte teologico è articolato, distinguere tra piano giuridico e valori.

Diritto naturale (Pio XII), nella Costituzione è incarnata una serie di valori tutelati.

Ci sono beni non negoziabili, tutelati da leggi e diritto, che per essere attuati occorre trovare  bilanciamenti e mediazioni contingenti e rivedibili.

Occorre riscoprire virtù come la mitezza. La democrazia infatti presuppone una base di intesa comune e condivisa. La democrazia non è la logica amico-nemico. La politica è sempre il regno della particolarità, del rispetto e del ritrovare quadri comuni. “Amare i nemici” diceva e scriveva Vittorio Bachelet.

Nessuno può farsi forte di un appoggio della gerarchia (guardiamo alla Octogesima adveniens) il cattolico democratico vuole salvare non solo l'autonomia dei laici, ma anche la trascendenza della Chiesa. Anche se Todi non è da condannare in sé, come momento di confronto tra cattolici.

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Vedi dossier relativo all'Assemblea costitutiva

Il cattolicesimo democratico. Una risorsa per il Paese e per la Chiesa

Relazione di Guido Formigoni

Guido Formigoni

Roma - 19 Novembre 2011

 

Un ennesimo incontro sul cattolicesimo democratico? Dobbiamo motivare la scelta e tentare di spiegare cosa ci sia di nuovo, quale sguardo al futuro ci proponiamo convocandoci in questa assemblea.

Non si può non partire da una convinzione: l’esistenza di «una prospettiva spiritual-cultural-politica», di una sintonia tra persone diverse basata su alcuni elementi essenziali comuni. Credenti fedeli e laici di Santa Romana Chiesa, cattolici che prendono sul serio la democrazia. Come metodo plurale di organizzazione della convivenza nella libertà, ma anche (in senso primo-novecentesco) come istanza di emancipazione, crescita e dignità dei «molti» non privilegiati in una società diseguale. Bastano queste prime note per cogliere le due lunghezze d’onda fondamentali intrecciate tra loro: nella sensibilità cattolico-democratica c’è da una parte un forte sentire ecclesiale vissuto nella laicità e nella libertà, cosciente dell’eccedenza della fede cristiana e della sua irriducibilità a religione politica o civile; e dall’altra parte una scelta politica per l’uguaglianza, la pace e la giustizia, innervata da un senso acuto delle mediazioni e della «giustizia possibile» da realizzare nella storia.

Quindi, cattolici diversi da altri. Cittadini diversi da altri. Che si collocano, si schierano, prendono appassionatamente parte. Non credo utile mettere paletti, dare il senso di una definizione più stretta e precisa: mi sembra molto più produttivo tenere un orizzonte ampio e inclusivo a definire i possibili incontri, anche dialettici. Diciamolo in altro modo: in questo orizzonte ci stanno persone che hanno fatto scelte anche diverse negli ultimi anni. Ci sono gruppi, fermenti, iniziative, percorsi, non del tutto omogenei. C’è un pantheon di miti e di padri nobili pluralistico e articolato. E’ bene in una prima fase che continui a essere così. L’evocazione di concilio, costituzione e cittadinanza (i C3 del titolo), traduce in riferimenti evocativi questa sensibilità: due «stelle polari» del passato e un impegno per il futuro. Per questo utilizziamo l’antica e nobile espressione di “cattolici democratici”. Per questo la frase che sta nel titolo dell’incontro: per una rete tra cattolici “e” democratici è stata inventata un po’ per sfida, per alludere a una ricerca che vada oltre un’identità strettamente delineata. Non equivochiamo questa frase: non intendiamo mettere insieme credenti non democratici o democratici non credenti (anche se nel dialogo anche questi mondi «altri» la sensibilità cattolico-democratica si affina). Quanto piuttosto delineare un campo di tensioni aperte, di ricerca senza vincoli, più che non un orizzonte dottrinale, o addirittura ideologico, circoscritto e preciso.

Non vorremmo piuttosto che si ripetessero gli equivoci consueti, che sono sempre dietro l’angolo: i soliti reduci della sinistra democristiana; i cattocomunisti; le anime belle dell’utopia. A scanso di ulteriori fraintendimenti, credo di poter dire che oggi sia difficile identificare il cattolicesimo democratico con una specifica posizione politica, con un discorso identitario o aggregativo utile nell’attuale contingenza della dialettica partitica. So che su questo punto ci sono sensibilità diverse: ne discuteremo in questi giorni e la discussione potrà anche continuare. Ma ritenere che il nome cristiano vada tenuto distinto dalla contingenza politica è istanza da tenere sempre assieme all’altra, per cui la fede cristiana ha qualcosa da dire anche alla politica e quindi tale fermento animatore e orientatore è sempre da riscoprire. In prima battuta, la sensibilità di cui parliamo stasera è da collocare in un orizzonte molto più ampio, rispetto a qualsiasi pur alta militanza politica.

 Vorrei anche dire subito che avverto un senso di urgenza nell’interrogarsi su questo mondo e il suo futuro. I singoli e i gruppi che si riconoscono in tale prospettiva e «sentire comune» hanno un interrogativo semplice di fronte: si tratta di vita o di morte. Non sono più i tempi della gestione tranquilla di un onesto declino o di una residuale rendita di posizione. Le condizioni sociali ed ecclesiali che si sono create nel paese rischiano infatti di emarginare totalmente questa sensibilità: l’hanno già fortemente indebolita e messa a repentaglio. Le sintesi culturali, del resto, sono plessi storici che condividono la sorte di tutto quello che passa sotto il cielo: nascono, crescono, cambiano, a volte si riproducono, possono anche morire. Un’ispirazione essenziale può sopravvivere spontanea e sotterranea nelle coscienze anche solo di pochissime persone, ma comunque se non avesse più visibilità sociale, sarebbe considerata ininfluente. Questo è il momento di prendere di petto il problema: Hic Rhodus, hic salta!

E’ bene anche dirci reciprocamente che porsi la domanda sul senso del cattolicesimo democratico nel contesto attuale è diverso che farlo dieci (o anche cinque o due) anni orsono. Serve sempre tenere uno sfondo ampio della nostra riflessione. Ricordare che viviamo un orizzonte di cambio d’epoca, con la crisi della centralità dell’Occidente e movimenti di popoli e Stati che stanno spostando la struttura del potere e della ricchezza nel mondo. Sperimentiamo un attacco senza precedenti all’euro e alla vitalità stessa dell’esperienza europea. Viviamo la difficoltà radicale di un modello economico, senza che si intravveda più che un balbettio rispetto alle strade per uscirne e costruirne un altro. Ma non si può nemmeno dimenticare il ritorno della questione religiosa al centro della scena pubblica, con tutto quello di esaltante, ma anche di terribile e rischioso che questa novità propone a livello globale. Sperimentiamo una crisi diffusa della democrazia dove essa è stata storicamente fragile, ma anche dove è antica e matura: ma al contempo emergono nuove istanze di partecipazione e cambiamento. Se ne parlerà, tra oggi e domani, ma cerchiamo fin da subito di tenerne conto.

Per stare all’Italia, l’uscita dalla stagione berlusconiana si profila per ora nell’emergenza del governo dei tecnici che ha il compito difficile di mettere argine alla frana, ma – a fianco oppure anche oltre questa stagione – ricostruire la democrazia chiederà un lungo lavoro di rifondazione della politica e della mentalità diffusa. Già sono in corso dinamiche di cambiamento, alcune aperte e altre sotterranee, con un complesso riposizionamento che fa baluginare una nuova stagione, tutta ancora da decifrare. In questo orizzonte civile, si colloca il confronto sul ruolo di cattolici. La nostra Chiesa è visibilmente in affanno rispetto alla possibilità di perpetuare una tradizione pastorale, ma contraddittoriamente spesso si culla nell’illusione di aver vinto la secolarizzazione, leggendo comportamenti sociali che testimonierebbero la persistenza di un ethos ispirato almeno lontanamente al cristianesimo dei padri. L’istituzione si sente ancora forte, anche se spesso in modo poco riflesso. Dopo anni di trascuratezza (funzionali a un certo equilibrio con la politica), l’insistenza recente su una nuova stagione di impegno politico dei cattolici, ha in sé virtualità ricche ma è ancora irrisolta tra protagonismo associativo e laicale e una malcelata tutela gerarchica (che aprirebbe problemi difficili da gestire). Si accavallano progetti e istanze diverse, in un gioco ancora piuttosto confuso: dalle velleità di costruire una nuova formazione cattolica da lanciare in politica (il neo-ministro Ornaghi ha parlato recentemente di una «identità guelfa»), fino all’idea ambiziosa di poter raccogliere l’eredità del centro-destra post-berlusconiano nella forma della cosiddetta «sezione italiana del Ppe». L’inveterato schema centrista che a tratti appare, ove non sia ingenuo, è certamente più vicino a questa seconda ipotesi. Rispetto a questi processi è bene riflettere e capire, anche se dovremo discutere e posizionarci (e proporrò una nostra posizione più avanti).

 In generale, sosterrei che in questa congiuntura – proprio perché i processi appaiono di portata «costituente» – i cattolici democratici possano e debbano essere una risorsa vitale e cruciale sia per il Paese, sia per la Chiesa che sta in Italia.

Nel Paese, in questa Italia che vive una crisi complessa e pur tuttavia è ricca di vitalità e speranza, c’è bisogno di credenti determinati a lottare per la giustizia e la solidarietà, innamorati promotori della libertà e dei diritti dei singoli e dei gruppi, capaci di mediazioni democratiche e di custodire un senso acuto della complessità e dei limiti della politica, oltre che un rigoroso approccio di laicità (ancor più necessario di fronte all’ambigua espressione «età post-secolare»). C’è bisogno di donne e uomini di dialogo, che contribuiscano a rivitalizzare un’area democratica e di sinistra dilaniata tra correnti esangui che scontano nel compatibilismo ad oltranza il complesso del loro estremismo giovanile, da una parte, e componenti irresponsabili vagamente alla ricerca di un altrove che li fa preda di un «benaltrismo» poco creativo, dall’altra. Contro l’acquiescenza, contro il mugugno, oltre la protesta, ci vuole inventiva, responsabilità, coinvolgimento. Come diceva Aldo Moro nel 1944: «Il cristiano dev'essere così idealista, da credere sempre e solo nella forza della carità; così realista, da volere con tutte le sue energie la giustizia ed il gioco delle forze politiche che la determina». In questa linea esigente sta un contributo da offrire al paese.

Nella Chiesa, c’è bisogno di cristiani che non confidino solo nella tradizione o peggio, che strumentalizzino la fede come religione civile, ma che, «radicati e fondati» sulla verità del Cristo (come direbbe l’apostolo, Col 2,7), siano capaci di interpretare il mondo, far reagire il Vangelo nelle situazioni concrete e aiutare le comunità a uscire dall’afasia e dallo sconcerto. C’è bisogno di laici che interloquiscano in modo maturo con i pastori, per camminare insieme nella ricerca del modo con cui l’esigente appello del Regno deve essere fatto reagire nella storia. «Camminare insieme» era appunto il titolo di una lettera pastorale del cardinal Michele Pellegrino, che giusto 40 anni fa, così scriveva: «Come si addice a uomini liberi, a fratelli in Cristo, membri corresponsabili del popolo di Dio, è doveroso promuovere nella comunità un dialogo sincero, animato dalla carità, che consenta a ognuno di recare il proprio contributo, “con quella libertà e fiducia che si addice a figli di Dio e a fratelli in Cristo “[cit da LG], per preparare le decisioni che l'autorità ha il dovere di assumere, nella “coscienza di essere servizio e ministero di verità e di carità”». Insomma, un contributo «adulto nella fede», al di là di tutte le ingiustificate polemiche che hanno recentemente accompagnato questa espressione.

 Siamo all’altezza di questo vero e proprio appello della storia? E’ solo un sogno illusorio? Proviamo a ragionare molto semplicemente di alcune condizioni di possibilità per poter sostenere questo ruolo vitale.

 La prima è l’ancoraggio all’essenziale, coltivato nella profondità delle coscienze e nella rigenerante continua capacità di abbeverarsi alle fonti della vita di fede, a partire dalla centralità della Parola. A questo livello si gioca ogni rivoluzione profonda, dobbiamo ricordarcelo sempre. La coerenza non è un portato di ideologie schematiche, è anzitutto questione di virtù vissuta, come ci ricordava sempre con Giuseppe Dossetti. Non quindi semplice adesione a uno schema di pensiero o, peggio, a uno schieramento preconcetto, a un’identità predefinita. E nemmeno semplice attitudine alla ripetizione delle posizioni di principio espresse dal magistero o dalla «dottrina sociale della Chiesa». Su questo ognuno di noi ha di fronte a sé un esame di coscienza da compiere, come c’è un enorme esame di coscienza collettivo della comunità cristiana da fare: riusciamo a privilegiare sempre l’essenziale o ci perdiamo in mille istanze più o meno dipendenti dalla «mentalità di questo secolo»? C’è attorno a noi fin troppa evocazione del nome cristiano e forse troppo poca seria e umile scelta di mettersi alla scuola della Parola.

In secondo luogo, occorre una severa lettura del passato e un’autocritica rispetto alle fragilità e alle inadempienze dei successivi vent’anni. La crisi della Dc non è ancora stata storicamente inquadrata, e come tutti i problemi rimossi, torna periodicamente a inquinare il nostro vissuto. Occorre ormai sedimentare un giudizio maturo su meriti e limiti di quella lunga cinquantenaria parabola, ma soprattutto rendersi conto che la crisi di quell’esperienza ha rivelato quanto tale sintesi fosse superata dalla storia. Non perché sbagliata o in sé discutibile, ma perché in parte realizzata (e quindi non più politicamente trainante) e in parte ormai ridotta a un incoerente discorso valoriale senza concretizzazione politica. Ma anche la storia successiva va ripensata. E credo possiamo dir forte che il cattolicesimo democratico non è stato assente dal percorso della seconda stagione della storia repubblicana, contribuendo in modo decisivo ai suoi passaggi più alti (si pensi alla proposta politica dell’Ulivo e in seguito alla stessa genesi del Partito democratico). Ma dobbiamo ammettere che dal punto di vista ecclesiale e culturale abbiamo rischiato, per debolezza, fragilità, individualismi, prudenze, divisioni, di compromettere le basi stesse di quella battaglia civile. Ci sono state condizioni negative forti, ma non possiamo consolarci dicendo soltanto che il mondo non ci ha capito. Da questa consapevolezza forse si può ripartire meglio, con lucidità e coraggio. C’è il tronco di un passato nobile cui ancorarsi, ma va depurato con un lucido processo di storicizzazione. Senza sclerosi ed evitando le ripetizioni stanche e le formule trite. Solo con questa attitudine sarà possibile coinvolgere le energie giovanili in una istanza di costruzione gioiosa del futuro, mostrando loro come la lezione della storia non ci vincoli, ma ci liberi. E quanto sappiamo che la trasmissione intergenerazionale è un punto di sofferenza critica nel nostro mondo!

 Terza esigenza. Dobbiamo costruire uno spazio di ricerca e innovazione, una circolazione di cultura e di opinione che entri profondamente nel tessuto ecclesiale e civile. Occorre moltiplicare i luoghi dove si costruisca in modo collettivo, corale, partecipato, orizzontale, un’attitudine al «pensare politicamente», come diceva sempre il maestro Giuseppe Lazzati. Dove i pilastri di ieri si sviluppino nei progetti per i domani. Senza confondere quello che è libera ricerca e capacità di correre i propri rischi sulle questioni opinabili (che in politica sono la regola e non l’eccezione!), con il vituperato «relativismo». Superando la tentazione dell’ovvio, la ripetizione dei grandi discorsi di valore senza concretizzazioni nell’attualità. Prendendo di petto le questioni di cosa sia il riformismo, di cosa voglia dire essere di centro-sinistra, di quali scelte prioritarie possano restituire legittimità a una politica drammaticamente lontana dai cittadini comuni, di come uscire dal trentennio «neoliberista» senza limitarsi a difendere un passato (spesso indifendibile…). E l’agenda si può e si deve moltiplicare. Un percorso capillare di questo tipo non nasce spontaneamente. Non nascerebbe nemmeno miracolisticamente a partire dalla presenza di un leader «federatore», che non c’è, mentre se ci fosse non basterebbe. Va piuttosto costruito con il necessario approccio corale, ma anche lucidamente imprenditoriale, senza elitarismi intellettualistici, ma anche senza velleitarie dichiarazioni di voler “ripartire dal basso” in modo sregolato e disperso. Di questa che chiamerei l’organizzazione di una élite popolare fa parte la costruzione paziente, con tutti gli strumenti più aggiornati, di una rete di comunicazione e integrazione tra energie diverse. C’è un patrimonio dilacerato e disperso, molto più ampio di quello che normalmente si pensa. La seminagione del Concilio e l’eredità della Costituzione sono vive e diffuse nelle coscienze e in centinaia di esperienze aggregative, che spesso non emergono, si sentono in minoranza, mancano di punti di riferimento nazionali. Questo lavoro va costruito quindi con attenzione mirata a raggiungere le vaste aree di persone potenzialmente interessate e spesso lontane dal nostro circuito: ne cito una a modo esemplificativo, il mondo del volontariato, la base delle esperienze Caritas, delle cooperative sociali e della lotta all’emarginazione dove spesso il generoso servizio e il radicalismo sociale va insieme a un disinteresse per la politica e a un risentimento antipolitico che è esiziale sia per la società che per la politica.

 Quarta istanza. Una partecipazione convinta e solidale alla vita delle comunità cristiane e alla loro ricerca sull’orizzonte civile. Se il presidente della Cei Bagnasco a Todi non ha suggerito ricette politiche, affermando «la comunità cristiana deve animare i settori prepolitici nei quali maturano mentalità e si affinano competenze, dove si fa cultura sociale e politica», credo che sia importante prendere al volo l’opportunità, con cordiale apertura. Come ha scritto Enzo Bianchi « Più volte in questi vent´anni abbiamo auspicato un "forum" che nelle varie chiese locali raggruppi tutti i cattolici per favorire la conoscenza e il confronto su temi che richiedono una traduzione politica. Abbiamo specificato che questo forum, aperto a rappresentanti di tutte le componenti della Chiesa, dovrebbe, in un dialogo libero e fraterno, cercare ispirazione dal Vangelo e confrontarsi con la dottrina sociale della Chiesa, restando tuttavia su un terreno prepolitico, preeconomico, pregiuridico, nella consapevolezza che la traduzione di queste ispirazioni cristiane messe a fuoco insieme appartiene ai singoli cattolici che devono confrontarsi negli spazi politici in cui sono presenti e con tutti gli altri cittadini.» Non si potrebbe dir meglio: si tratta di un metodo diverso da quello dei «Forum» istituiti dalla gerarchia per cooptazione di una serie di sigle convergenti. Si tratta di una questione aperta almeno dai tempi di Evangelizzazione e promozione umana, da molte parti sollecitata e ribadita in questi decenni, ma mai adempiuta. Si dovrebbe immaginare un percorso rappresentativo ampio, con una misura significativa di libertà e pluralismo. Ma alla fine solo così si potrà superare il rischio della dicotomia tra una gerarchia sovraesposta e una pastorale silenziosa sulle cose pubbliche (per evitare la temutissima espressione della varietà delle opinioni, che viene vista come germe della disunione ecclesiale).

 Quinta notazione. Se questa sensibilità si rafforzerà nella Chiesa e nella cultura, verrà naturale promuovere l’inserimento nella politica di energie nuove, verrà naturale sostenere chi in politica già offre il suo servizio, interloquire con la politica per suscitare verifiche e adeguamenti, arricchimenti reciproci. Non è una meta facile, ma è fondamentale costruire finalmente un circolo virtuoso tra il radicamento nella società, la dimensione culturale e le scelte di singoli e di gruppi per un impegno politico doveroso e necessario. Tale sbocco non deve esaurire l’orizzonte di ricerca comune o peggio strumentalizzare a fini di pur nobile protagonismo le energie sociali e civili che si mettono in moto. Circolo virtuoso vuol dire che ognuno deve fare la sua parte, e che i cattolici democratici impegnati in politica porteranno la loro capacità di cooperazione e di iniziativa intrecciandosi con altri contributi. Non siamo disponibili per il progetto, per vari aspetti politicamente e pastoralmente regressivo, di una eventuale «cosa bianca», ma nemmeno per una illusoria corrente cattolico-democratica del Pd o del centro-sinistra! Il fermento dei cattolici democratici continuerà ad animare lo schieramento riformatore del paese, e lo farà con ricchezza maggiore se potrà interloquire con una rete viva e forte di riflessioni e persone, di pratiche di progettazione e di partecipazione, di trasmissione di idee, memorie, saperi, competenze, aspirazioni.

 Riusciremo tutti assieme – allargando ovviamente con lungimiranza e tenacia il giro delle persone coinvolte – a costruire queste condizioni? Se tenteremo di farlo con leggerezza, vivacità, dedizione e – perché no – un po’ di allegria, penso che sarà un percorso arricchente e divertente, oltre che un servizio di spessore umano e di responsabilità storica.

Come diceva don Tonino Bello, citando Rostand: «E’ di notte che è meraviglioso attendere la luce. Bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci. Amici, forzate l’aurora. E’ l’unica violenza che vi è consentita» (30).

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una cronaca di Alvaro Bucci

Per una rete tra cattolici e democratici

Alvaro Bucci

Si sono ritrovati in tanti, presso l’Auditorium della “Domus pacis” di Roma, il 19 e 20 novembre scorsi, per partecipare all’assemblea nazionale dei cattolici democratici aderenti alla costellazione delle varie associazioni presenti nel territorio nazionale: Agire Politicamente, Argomenti 2000, Città dell’uomo, Rosa Bianca, Cristiano Sociali, Istituto De Gasperi e tante altre localmente organizzate. “Costituzione, Concilio e Cittadinanza - Per una rete tra cattolici e democratici” è stato il tema generale su cui si è dibattuto, tenuto conto che da anni tali associazioni si occupano e si preoccupano di formare cittadine e cittadini consapevoli, fedeli ai principi della Costituzione e ai valori condivisi del Concilio Vaticano II. Le ragioni dell’iniziativa sono riconducibili alla consapevolezza che c’è un grande bisogno di unire le forze per far circolare “aria fresca” e che le idee elaborate con tanto impegno e intelligenza dalla tradizione cattolico-democratica costituiscono un patrimonio a cui si può ancora attingere per rendere significativa l’azione dei credenti nella storia.

Allora siamo qua – è stato evidenziato in apertura dei lavori - per raccogliere la sfida che è “quella di provare anche noi a mettere in pratica, e a crederci, che le differenze possono essere una ricchezza”, possono portare a “un di più di senso”, a un’intesa, un’intendersi, un capirsi “sugli obiettivi, sui percorsi, sulle passioni che andiamo a condividere”.

L’ampio dibattito che ha caratterizzato l’incontro è stato stimolato dalle relazioni introduttive del prof. Guido Formigoni su “Il cattolicesimo democratico: una risorsa per il Paese e per la Chiesa” e del prof. Michele Nicoletti su “La situazione italiana: centralità della questione democratica”. Due relazioni che hanno analizzato situazioni e fornito motivazioni e indicazioni per dare attualità all’azione e alle proposte del cattolicesimo democratico.

Il prof. Formigoni ha esordito chiedendosi quale sguardo futuro le associazioni convocate si propongano dal “collegamento di esperienze” che si è messo in moto negli ultimi mesi. Ed ha risposto partendo da una convinzione, e cioè “l’esistenza di una prospettiva spiritual-cultural-politica, di una sintonia tra persone diverse, una diversità attraversata da una sintonia basata su alcuni elementi essenziali: credenti, fedeli e laici, di Santa Romana Chiesa, cattolici che prendono sul serio la democrazia, prendono sul serio la democrazia come metodo plurale di organizzazione delle convivenze, delle libertà, anche come istanza di emancipazione, crescita e dignità dei molti, dei non privilegiati in una società di diseguali”.

Il prof. Nicoletti ha declinato il tema della centralità della questione democratica nella situazione italiana attorno a quattro sfide che la democrazia italiana è chiamata a fronteggiare: 1) la sfida internazionale ed europea: la democrazia italiana come tutte le altre democrazie europee è messa alla prova dai processi di globalizzazione, di europeizzazione e della ristrutturazione della carta geopolitica del mondo. Le relative dinamiche che da una parte rappresentano delle minacce, rappresentano anche delle straordinarie opportunità anche per il nostro popolo, per la nostra democrazia; 2) la sfida derivante dalle trasformazioni dell’economia e della società: la nostra democrazia è sfidata da disuguaglianze, differenze tra giovani e anziani, tra donne e uomini, tra ricchi e poveri, tra cittadini e stranieri, tra generazione di oggi e generazioni future, ma soprattutto dall’esigenza di accogliere l’invito di Benedetto XVI di una radicale revisione dell’attuale modello di sviluppo, che non significa l’assunzione acritica del modello antagonista; 3) la sfida dei diritti, che sono cruciali per ogni democrazia: a questo tema, su cui “il ventennio che si è chiuso ha segnato delle regressioni significative”, i cattolici democratici devono oggi guardare “con simpatia” e da declinare come libertà personale, libertà del corpo…libertà dello spirito, religiosa, della ricerca, dell’informazione, delle relazioni sociali; 4) la sfida della costruzione di una democrazia governante: una democrazia che in Italia deve fronteggiare una serie ampia di problemi irrisolti (la combinazione tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta, come rispondere alla protesta sociale, i rapporti con l’economia e con l’informazione, ecc.) sui quali un governo d’impegno nazionale, che gode della fiducia di un’amplissima maggioranza, potrebbe misurarsi aprendo una dialettica parlamentare che vada oltre l’azione di risanamento.

Il prof. Lino Prenna, coordinatore nazionale dell’associazione “Agire Politicamente”, intervenendo nel dibattito, ha tra l’altro richiamato due punti che dovrebbero essere ancora oggi il tratto identitario del cattolicesimo democratico: la costruzione dello Stato e, quindi, della democrzia con una ispirazione cristiana, distinguendo nettamente l’azione politica dall’azione cattolica; la rivendicazione dell’autonoma responsabilità dei laici e della indipendenza dalla gerarchia.

Nel corso dell’assemblea, per dare concretamente seguito al “progetto” avviato, è stato costituito fra le associazioni aderenti un Comitato di coordinamento della Rete con l’incarico di mettere a punto passi da compiere e proposte da realizzare nell’immediato futuro. E’ stato anche attivato un portale (www.c3dem.it) quale strumento operativo con cui la Rete da subito intende rendersi presente nel pubblico dibattito.


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I segni dei tempi

un commento di Giancarla Codrignani

Giancarla Codrignani

1 dic. 2011

I "viandanti" sono dei credenti che si sentono laici e vorrebbero ragionare sulla missione della loro Chiesa in un mondo proiettato verso un futuro ancora sconosciuto e, forse, minaccioso. Si sentono un po' infastiditi quando si trovano davanti vecchie ipotesi di utilizzo politico dei cattolici. Il forum di Todi e la presenza nel governo Monti di persone altamente qualificate in parte di notoria appartenenza confessionale, hanno prodotto un perdurante interesse dei media e il sospetto che l'Italia sia alla vigilia di una riconfessionalizzazione democristiana della politica. Tuttavia, se anche la Chiesa si impegna in prima persona per il bene della società civile, proprio perché responsabilmente cristiani, siamo pronti a contribuire al recupero in dignità e bellezza della parola "politica".

Una prima osservazione parte dalla palese constatazione che i cattolici non parlano con una voce sola: l'essere "sale della terra" per qualcuno non è complementare al creare "la città collocata sopra un monte". Vale a dire: dai "cristiani adulti" ai "teocon" le differenze non mancano. L'attuale governo è certamente politico, ma non è direttamente partitico e l'essere "tecnico" lo fa supporre autonomo; tuttavia, anche in conseguenza del poco avveduto sostegno dato alla destra berlusconiana dal Vaticano, il cattolico che abbia preso posizione, per esempio, per il Partito Democratico non torna indietro.

Tuttavia le sollecitazioni di Bagnasco e Crociata prima dell'incontro di Todi hanno segnato la fine dell'appoggio non disinteressato al governo Berlusconi oppure la ripresa della delega a laici qualificati del tradizionale collateralismo? Auspicando "un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica", la Cei probabilmente non intendeva riferirsi ad una "forma partito", bensì orientare una società secolarizzata, e, da un lato sconfortata e passiva, dall'altro "indignata", a ritrovare nella Chiesa un sostegno morale e una più aggiornata autorità per fedeli sempre più dimentichi della dottrina. Ha prodotto meno rumore, ma, sempre in novembre, alla Domus Pacis si è autoconvocata l'Assemblea dei Cattolici Democratici (è intervenuto, tra l'altro, anche il ministro Andrea Riccardi). Il documento che ne è uscito, ricordate le "inedite opportunità" del nostro difficile tempo per chi faccia riferimento valoriale "alla Costituzione, al Concilio, alla nuova cittadinanza democratica", indica alcune "idee-forza", che si concretano, oltre che nella "difesa tenace della democrazia, ... in un modello di società aperta, inclusiva e partecipata, nella visione conciliare della Chiesa come popolo di Dio pellegrinante nella storia, nella rinnovata opzione per i valori della laicità e dell'autonomia laicale nelle scelte politiche". Se fosse per caso in atto un'operazione ecclesiastica di restaurazione preconciliare politicamente favorevole a nuovi indirizzi di un centro-destra sensibile più ai valori non negoziabili che alla perdita di diritti dei più svantaggiati, il Vaticano non dovrebbe illudersi: l'antica "cristianità" si è fatta plurale e i cattolici, disseminati nelle varie forze politiche, non sono più recuperabili all'ubbidienza. Non sono i tempi del Patto Gentiloni e probabilmente neppure l'Ulivo di Prodi - che non era piaciuto alla Cei - sarebbe ripetibile.

All'udienza del Pontificio Consiglio per i Laici, Benedetto XVI ha riconosciuto che "ci si è adoperati perché la presenza dei cristiani nel sociale, nella politica e nell'economia risultasse più incisiva, e forse non ci si è altrettanto preoccupati della solidità della loro fede". Questo è il proprio della Chiesa: infatti, il mondo ha molto parlato - e continua a parlare - di Cristo, ma non è assolutamente cristiano. Altrimenti avrebbe ragione Raniero La Valle a ricordare che, se il Vangelo risultasse unificante, la presenza cristiana in politica "sarebbe una festa per gli otto milioni e mezzo di poveri che secondo l'Istat ci sono in Italia". E i governanti negozierebbero  sugli interessi del mercato senza regole per vincere il mammona che abita ancora la storia.

Per recuperare con giuste misure la dignità della cosa bella che è la politica (non dimentichiamo che sono le istituzioni e la stessa Costituzione a correr pericolo nel populismo dilagante), meglio rifarsi alla coscienza responsabile dei figli di Dio che cercano di riconoscersi nella sua parola. Anche se, con quella che - secondo don Milani - è "l'aggravante della buona fede", ci sono i fondamentalisti sostenitori della conservazione, perfino irrispettosa dell'uguaglianza, della legalità e perfino dell'etica, potenzialmente sono molti di più quelli che fanno e fanno rispettare le leggi perché non valgono soltanto per loro e testimoniano i valori e i diritti umani senza ritenersi relativisti solo perché politicamente non dogmatici: è la polis che vive di convivenze democratiche.

Questi cattolici faranno politica in quanto donne e uomini di buona volontà, senza condizionare la loro offerta alla presunzione di essere "in missione" per conto di Dio.  Tanto più che riconoscere la libertà religiosa altrui, ospitare lo straniero, accettare la presenza parimenti autorevole delle donne, accompagnare - come fanno le chiese cristiane (cattolica in testa) in Germania - l'inizio e il fine vita al rispetto dell'umanità, accogliere chi sia stato colpevolizzato per una diversità  uguale nei diritti, sono riconoscimenti assolutamente compatibili con le scelte del maestro che ha prosciolto l'adultera, privilegiato il samaritano e, soprattutto (per il significato teologico), "la" samaritana.

La stessa pericolosa situazione economica internazionale richiede cautele nel farsi portatori di proposte veritative e l'evidente epoché della storia contemporanea comporta esigenze di nuove competenze, strategie che tengano conto dei mutamenti sociali e dei nuovi saperi e verifichino l'impatto delle riforme sulla nuda vita del mondo. Non conviene assolutamente riaprire "la questione cattolica": la Chiesa, che non può chiamarsi fuori dal contagio della crisi e che darebbe un grande esempio proprio nell'essere-chiesa e nel fare qualche passo indietro di fronte alle interferenze di potere, ne riceverebbe solo impoverimento.

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In ricordo di Giuseppe Dossetti

Alessandro Baldini
Monteveglio (BO)

17 Dicembre 2011

 

Il prossimo 15 dicembre ricorrono quindici anni dalla morte di Giuseppe Dossetti.

I Comitati Dossetti , da lui voluti nel 1994, insieme al Comune di Monteveglio che lo ha visto suo stimato e amato cittadino ed alla Piccola Famiglia dell’Annunziata da lui fondata, desiderano commemorarlo con gratitudine ed organizzano per il 17 dicembre prossimo una giornata di studio.

Vogliamo ricordarlo cercando di cogliere il valore, per noi oggi, della sua testimonianza di vita e del suo insegnamento. Abbiamo perciò pensato di proporre, non tanto un convegno di studio specialistico né tanto meno un incontro celebrativo, quanto piuttosto alcune riflessioni a lui ispirate che possano far luce sul momento storico che stiamo vivendo e possano confortare ed incoraggiare alla speranza tutti coloro che oggi sentono con preoccupazione le attuali difficoltà ed oscurità della vita sociale, politica, morale e spirituale del nostro Paese e del mondo intero.

In attesa di mandarvi il depliant dell’iniziativa, vi faccio avere il programma della giornata pregandovi di diffonderlo fin da ora tra tutti coloro che pensate possano essere interessati.

Organizzata da

Comitati “Dossetti” per la Costituzione


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Volantino dell'iniziativa.

Mino Martinazzoli

tavola rotonda

Milano

Lunedì 5 dicembre 2011 - 18:00

 

presso la
Fondazione Giuseppe Lazzati,
Largo Corsia dei Servi 4

ad una tavola rotonda in ricordo di

Mino Martinazzoli

 

Manifestazione con la partecipazione di:

Prof. Enzo Balboni

On. Paolo Corsini

Sen. Franco Monaco


Organizzata da

Città dell'Uomo


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