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Libia – Italia: l'imbarazzata complicità

Bloccare il mercato delle armi e rispettare i diritti umani


Il 2 settembre scorso abbiamo espresso il nostro disgusto per lo “spettacolo indecoroso” in onore di Gheddafi preparato dal capo del governo che ha ostentatamente baciato la mano al dittatore trascurando completamente ogni accenno alla violazione dei diritti umani, alla tragica sorte delle vittime dei respingimenti, a chi muore nel deserto o nelle prigioni libiche. Ora la repressione delle rivolte è spietata. Gruppi armati sparano sulla folla che viene anche bombardata.

Pax Christi vuole ricordare che l’Italia è il primo esportatore europeo di armamenti al regime di Gheddafi. Nel biennio 2008-2009 il governo italiano ha autorizzato alle proprie ditte l’invio di armamenti per oltre 205 milioni di euro, più di un terzo di tutte le autorizzazioni rilasciate dall’UE. A differenza dei colleghi europei, il ministro degli Esteri si è guardato bene dal dichiarare anche solo la sospensione temporanea dei rifornimenti di armi a Gheddafi.
L’Italia, complice di tanti affari e orrori, imbarazzata, balbetta.

Eppure non sono mancate le sollecitazioni. Dopo i primi tumulti nei paesi del nord Africa, con la Rete Disarmo e la Tavola della pace avevamo chiesto al Governo di sospendere ogni forma di cooperazione militare con tutti i paesi dell’area.

Ma la vita dei libici vale più del petrolio, del gas e di ogni altro interesse.

E’ urgente rivedere il “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia” firmato a Bengasi nell’agosto del 2008 da Berlusconi e Gheddafi – con cui le esportazioni di armamenti italiani verso le coste libiche hanno preso slancio.

Vogliamo ricordare che la legge 185 del 1990 sulle esportazioni di armamenti chiede di accertare il “rispetto dei diritti umani nel paese di destinazione finale" e di rifiutare le esportazione di armamenti “qualora esista un rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate a fini di repressione interna”.

Disarmo, giustizia e democrazia sono la premessa perché il nord Africa e il Mediterraneo diventino, secondo il sogno di La Pira, un “grande nuovo lago di Tiberiade”. Non il bagno di sangue che siamo costretti a guardare di fronte a casa.

Pax Christi

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Un’occasione perduta

Angelo Bertani

Ottobre 2008

 

Intorno ad Eluana da più parti non sono stati usati gli argomenti e i toni giusti. Si è parlato troppo e con toni aggressivi. Ciascuno ha cercato di mettere in luce i torti degli altri... e ha dimostrato troppa sicurezza delle proprie ragioni. Il confine tra la vita e la morte e il “come vivere la propria morte” è un tema decisivo per ogni cultura e religione; e ancor prima per ogni uomo. Quindi occorre un rispetto della coscienza, un senso del limite, del mistero; una “con-passione”, una solidarietà che da più parti non è stata dimostrata. Dell’ambiguità e della crudeltà di tante parole pronunciate in questi giorni converrà chiedere perdono e ricordarsene per affrontare meglio altre circostanze analoghe in futuro.

Per i credenti era l'occasione per dimostrare che credono in quello che dicono: che la morte non è la fine di tutto, che la vita “non si cancella, si trasforma”. Tanti cristiani e uomini di chiesa hanno affrontato la morte serenamente, senza farsi il problema di tentare ogni cura, di cercare ogni assistenza. Come è stato giustamente scritto da un autorevole gruppo di credenti (“Englaro: una voce dissonante”, su Il Regno, 15 ottobre) la difesa e l'amore alla vita dovrebbe esser dimostrata ovunque, in ogni occasione (guerre, violenze, pena di morte, fame, assistenza...) più che tutelata da severe leggi (non sempre applicate o applicabili) sull'”inizio” e la fine” della esistenza terrena.

Oggi vi è certamente la necessità di ribadire che la vita di un uomo non è “disponibile” secondo l'arbitrio di altri uomini, e neppure della persona coinvolta. Ciò significa che non si può decidere per egoismo, per interesse, per indifferenza, tantomeno per disprezzo e per odio. Viceversa si deve sempre decidere per amore. Ma poiché non è sempre facile capire se è davvero amore, ecco che la comunità ecclesiale e quella civile si fanno incontro a chi deve decidere in coscienza, e ciascuna con i propri mezzi offre un aiuto. La Chiesa offre (dovrebbe offrire) la Parola, il suo insegnamento, l'esempio dei santi e la possibilità di un confronto fraterno nella comunità. La società civile offre (dovrebbe offrire) informazioni accurate, strutture adatte a curare, sostenere la vita e la sua qualità per tutti i cittadini; e alcune leggi che impediscano a qualcuno di aggredire ingiustamente la vita degli altri (magari derubandoli delle loro risorse vitali). Qui il discorso si allarga al mondo, naturalmente. Se è ragionevole invocare il criterio di precauzione per non sottrarre l'idratazione a un malato in coma irreversibile, è anche più ragionevole dichiarare che non si possono sottrarre le risorse d'acqua e di alimentazione (e le medicine, e la sicurezza e la libertà...) a milioni di esseri umani nel mondo. Solo l'indifferenza, se non l'ostilità, per la vita degli altri uomini spiega l'atteggiamento di nazioni e continenti (sedicenti cristiani) verso milioni di moribondi in tutto il mondo.

La verità si conosce e si fa nell'amore e nel dialogo: una verità prepotente è già una verità ambigua. Questo punto centrale del messaggio cristiano assume un valore particolare nel campo civile e politico. Nello scontro delle fazioni e nell'odio tra i cittadini non si costruisce il bene comune. Anche a proposito del dibattito di questi giorni scorsi su vita e morte, accanimento e testamento biologico valgono le parole che Aldo Moro scrisse per la Pasqua del 1977, l’ultima che visse libero: «Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino; ma è invece straordinariamente importante che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo per la salvezza dell’uomo e del mondo, tutti abbiano il proprio libero respiro, tutti il proprio spazio intangibile, nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo. La pace civile corrisponde puntualmente a questa grande vicenda del libero progresso umano, nella quale rispetto e riconoscimento emergono spontanei, mentre si lavora, ciascuno a proprio modo, ad escludere cose mediocri per fare posto a cose grandi».

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La persona umana nella costituzione

Incontri: Scienze sociali

Genova

18 Marzo 2011

ore 17:30 - 20:00

Palazzo Ducale - Sala Minor Consiglio

 


Informazioni:

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  • Email:mailto:Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - Telefono: 338/6715902

Introduce:

  • Matteo Cosulich, Università di Trento, Agire politicamente

Relatore:

  • Valerio Onida, Università statale di Milano, Presidente emerito della Corte costituzionale

Organizzato da:

  • Associazione Agire politicamente
  • Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura

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Anche voi foste stranieri

L’immigrazione, la Chiesa e la società italiana

Carpi (MO)
Domenica 6 Marzo 2011 - ore 16:00

Sala Duomo (Piazza Martiri)

Incontro con Don Antonio Sciortino
Direttore del settimanale Famiglia Cristiana
Presentazione del suo libro

Organizzata da

ACLI Provinciali di Modena

Caritas Diocesana di Carpi

Il Mantello

Porta Aperta

Centro Culturale Francesco Luigi Ferrari

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Scarica il volantino dell'iniziativa.

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"Il Cortile dei Gentili"

spazio di dialogo tra credenti e non credenti

Bologna

sabato 12 Febbraio 2011

ore 10:00 – 13:00

Aula Magna di Santa Lucia

 

Il primo appuntamento della Fondazione nata in seno al Pontificio Consiglio della Cultura si terrà a Bologna nell’Aula Magna di Santa Lucia, sabato 12 febbraio dalle ore 10.00 alle ore 13.00.

"Un’Università pubblica e laica che ospita il confronto tra il credere e l’intelligere non abdica alla propria autonomia, ma assolve la propria funzione di istituzione vocata alla formazione e alla ricerca" (Ivano Dionigi, Rettore dell'Università di Bologna).

Nell’Aula Magna di Santa Lucia presenteranno l'iniziativa il cardinale Gianfranco Ravasi e il Rettore dell’Università di Bologna Ivano Dionigi.

Interverranno lo scienziato Vincenzo Balzani, il costituzionalista Augusto Barbera, i filosofi Massimo Cacciari e Sergio Givone.

L’incontro sarà scandito da letture di Sant’Agostino, Pascal e Nietzsche, interpretate dall'attrice Anna Bonaiuto.

Per ulteriori informazioni potete visitare il sito: Università di Bologna e Il_Cortile_dei_Gentili


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La Chiesa connivente con lo sfascio morale

Massimo Toschi
19 gennaio 2011
Dice il Qoelet che c'è un tempo per parlare e un tempo per tacere. E quando il credente rovescia i tempi, significa solamente che il suo silenzio e la sua parola sono al servizio del suo peccato e del suo rapporto con il potere.

Secondo il detto del vecchio parroco di don Milani "perdono ma non dimentico", è bene ricordare chi ha parlato quando doveva stare zitto e oggi fa silenzio, mentre dovrebbe parlare.

Nel 2007 il cardinal Ruini aprì il conflitto con il governo Prodi sui cosiddetti principi non negoziabili, innalzando un muro sulla questione dei Dico, disegno di legge elaborato dai ministri Bindi e Pollastrini sulle coppie di fatto... Non solo non si voleva discutere una legge, ma si rifiutava ogni accordo con il governo Prodi, nella convinzione che il centro destra sarebbe stato assolutamente generoso, ben oltre i desideri di ciascuno.

I temi della vita, della scuola, della famiglia avrebbero trovato una soluzione conforme agli interessi anche economici della chiesa... La Cei e la segreteria di Stato individuavano nel centro destra l'interlocutore privilegiato per la politica ecclesiastica sul paese.
Il family day, promosso dalle associazioni laicali e diretto dai vescovi, riempì piazza San Giovanni di folle cristiane felici e obbedienti. Finalmente i principi non negoziabili avrebbero trovato piena e perfetta applicazione. Così promettevano i vescovi e la Cei.
Finalmente un governo amico, a cui consegnare la cristianizzazione del paese.
Associazioni e movimenti si sono adeguati a questa operazione, senza porsi il problema del futuro della fede, senza riflettere sul fatto che questo legami con il potere avrebbero velato la fede e il vangelo.

L'affermazione dei principi irrinunciabili nascondeva comportamenti personali, che contraddicevano questi principi, soprattutto sulla famiglia.
Erano difensori della unità della famiglia leader politici, che esibivano più famiglie.
In questo modo si negava la coerenza evangelica dei credenti, in cambio della retorica dei principi.

Abbiamo ascoltato vescovi, che, per non dispiacere il principe, contestualizzavano anche le bestemmie o davano pubblicamente i sacramenti, in modo da distruggere l'appello alla conversione evangelica. E si ha l'impressione che tutto questo non sia avvenuto gratis.
Ultimamente si è usata la stabilità di governo come principio evangelico, in questa corsa dissennata a difendere il Cesare amico della chiesa.
Posizione maturata in cene e banchetti, che non avremmo mai voluto vedere.

Dopo tre anni, il bilancio è catastrofico: nessuna politica familiare, nessun principio non negoziabile, e al tempo stesso un continuo assorbimento nelle sabbie mobili di una politica violenta, che distrugge l'etica e ancor più il vangelo.

Dice il vangelo: è necessario che gli scandali avvengano. E oggi tutto si è disvelato in un modo, che sgomenta e che mostra un paese sfiancato e devastato da un terremoto morale, che ha il suo epicentro nel capo del governo, ma che trova le sue complicità pesanti e paludose in chi dovrebbe ogni giorno annunciare la parola della conversione per sè e per tutti.

Questo terremoto può travolgere vescovi e credenti, se con coraggio non si riconosce il nostro peccato. Un peccato di connivenza con chi vive la politica come ricatto, e la vita come delirio di onnipotenza del tutto è permesso e del tutto è lecito.

C'è ancora un giudice, che ci ricorda che non tutto è permesso e non tutto è lecito, e che esiste ancora una Costituzione, a cui tutti sono sottomessi.
Quella Costituzione, che è l'unico progetto culturale che i cattolici hanno espresso in questo paese, senza seguire ordini ambigui, affidandosi alla fecondità storica del vangelo.

 

(**) Massimo Toschi è nato a Porcari, in provincia di Lucca nel 1944. Sposato con Piera nel 1970 (la moglie è scomparsa nel 2002), ha una figlia, Sara, 34 anni, che attualmente vive in una comunità monastica. Ammalatosi di poliomielite ad appena undici mesi, ha affrontato con dignità e forza le grandi sfide della vita e la disabilità. Laureato all’Università cattolica di Milano nel 1987 ha acquisito il dottorato di ricerca in storia religiosa ed esercitato per molti anni l’insegnamento, in particolare al Liceo Vallisneri di Lucca.

Nei suoi studi si è occupato di alcuni grandi temi dell’esperienza cristiana come la pace, la povertà, il martirio scrivendo articoli e libri dedicati a maestri come don Lorenzo Milani e ai profeti della pace.    L’attività di ricerca e di studio si è sempre saldata all’impegno sociale e civile: durante gli anni dell’università ha partecipato a un’esperienza di condivisione nel carcere di San Vittore, successivamente è stato per molti anni vicino ai malati di Aids.
A partire dal 1998 il suo impegno si è allargato alle gravi crisi che devastano il sud del mondo. Nel 1998 è andato in Algeria nel pieno della guerra civile, su invito dell’arcivescovo di Algeri, nel 2000 in Sierra Leone, dove ha testimoniato non solo lo scandalo della guerra, ma anche l’oscenità dei bambini-soldato.
Nel 2000 è stato nominato consigliere per la pace, la cooperazione e i diritti umani del presidente della Regione Toscana Claudio Martini, compiendo oltre quaranta viaggi in altrettante ‘zone calde’ del mondo, dall’Iraq al Burkina Faso, da Israele alla Palestina, dall’Eritrea ai Balcani, nelle quali ha promosso e sostenuto le attività di cooperazione e di pace della Regione