Ogni città ha un centro e un cuore

In nome di un martire dell’indifferenza

Lino Tosetti

Chieve, 14 gennaio 2011

Ogni città ha un cuore, una parte viva, storica, pulsante, un centro, luogo di incontro, punto di appoggio, luogo dove il tessuto sociale converge, da dove partono gli stimoli, le idee, i progetti.

Come è stato possibile che nel 2011, nel cuore di Bologna, una creatura appena nata sia stata “martire” dell’indifferenza?

Di fronte al tragico fatto della morte per freddo, nel centro di Bologna, di un bimbo di soli venti giorni, alla vigilia dell'Epifania, la ragione si smarrisce nello sconcerto e nel turbamento, il sentimento è di dolore, la preghiera è medicamento necessario per lenire una ferita gravissima prodottasi a margine di una triste vicenda umana.

Non possiamo non interrogarci su ciò che è avvenuto. Esso, come è stato giustamente  detto, rivela l'insufficienza delle strutture di protezione sociale, la distrazione della società e di tutti noi, che non possiamo ora farci personale scudo di asserite responsabilità collettive.

Mentre riflettevo su questo drammatico evento, e più in generale sulla situazione amministrativa in cui versa il Comune di Bologna, mi è venuto in mente un testo, il “Libro bianco su Bologna”, pubblicato nell’aprile del 1956 da Giuseppe Dossetti, che in quel tempo si offriva a guidare la lista democristiana nelle elezioni amministrative del Comune di Bologna, per contrastare il candidato comunista Giuseppe Dozza, già da undici anni sindaco a Palazzo d’Accursio.

Il “Libro bianco su Bologna” venne presentato da Dossetti agli elettori bolognesi certamente come un programma di forte originalità di una bella campagna elettorale, nella quale si mescolavano obbedienze monastiche e primarie democratiche, desideri profondi di amicizia popolare e liberazione da paure reciproche.

Fin dalla sua introduzione, il documento programmatico rivendica la propria originalità: “non un'occasione di propaganda, ma un complesso di analisi e di studi condotti con rigore”; indica poi la forte  critica svolta contro l’“immobilismo conservatore” di una amministrazione che il “Libro bianco” accusa di “non corrispondere alle possibilità reali del popolo di Bologna che ha in sé tesori di energie e di speranze che i dirigenti comunisti hanno sottovalutato per pregiudizi ideologici, machiavellismo, mancanza di fede e magnanimità”.

Eccone allora un significativo passaggio, nel quale vengono indicate, tra l’altro, alcune soluzioni d’intervento per rianimare il volto spirituale della città ed esprimere meglio l’amore per i sofferenti e gli esclusi: “L'assistenza e la beneficenza della cittadinanza (e quindi anzitutto dell'Amministrazione civica) verso i poveri deve essere anzitutto liberata da ogni discriminazione politica e da ogni burocratismo per divenire il più possibile solidarietà umana, rapporto di personale generosità, moderna concezione di criteri e di mezzi d'applicazione. Dobbiamo ribadire a noi stessi che l'assistenza non può ridursi al sussidio di poche centinaia di lire al mese, al buono di pochi viveri, al poco di carbone, al dono di un tubetto di aspirina e neppure all'oneroso carico delle spese di spedalità per i poveri.

La prima assistenza è quella di aiutare almeno un membro valido di famiglia povera a trovare lavoro; se giovane a divenire qualificato e specializzato, frequentando corsi severi, mantenuto in tutto o in parte dal Comune: di qui il coordinamento necessario dell'assistenza con l'addestramento professionale.

La seconda assistenza è quella sociale, cioè fatta da persone esperte (da educatori come da assistenti sociali) che sappiano ridare tono e armonia a una famiglia, liberare le energie mortificate e deluse. Poi vengono le assistenze specifiche (sanitaria, ospedaliera, farmaceutica, scolastica, economica, etc.)”.

Alla luce di queste parole che oggi sentiamo ancor più attuali, cosa possiamo dire? che fare?

Gridare forte, per dirla come avrebbe detto Dossetti: riparare a un'enorme ingiustizia è necessario nonché doveroso, a prescindere da chi abbia commesso l’errore o da chi del fatto ne sia in qualche modo parte responsabile.

Dossetti, sempre nel suo programma così suggeriva a salvaguardia di principi fondamentali: “… ogni povero o disoccupato, se non inabile, deve essere posto in grado di fare qualcosa, di dare qualcosa alla società che lo assiste a reinserirsi nel lavoro. Il Comune deve dare in cambio aiuti che stimolino e non deprimano la responsabilità e l'iniziativa degli assistiti, … ogni assistenza deve essere rivolta non a disunire la famiglia (come ora avviene per l'asilo notturno e il ricovero) ma ad unirla sia come sede di convivenza che come forma di aiuto”.

L’“attenzione alle responsabilità da esercitare”, creativo di buoni risultati e solidarietà profonde, è la lezione più forte e originale del  “Libro bianco su Bologna”.

La città di Bologna, come del resto tutto il nostro Paese, ha attraversato tante vicende da allora e vive oggi una fase sotto molti aspetti diversa, incerta  anche inquietante  che, quasi ogni giorno, vede riemergere  eredità di preziose esperienze,  o vacillarne purtroppo le costruzioni più ammirevoli,  con il formarsi di  vuoti pericolosi,  e  bisogni che tardano a trovare risposte adeguate. Ma nel repertorio dei nostri difficili problemi, certe memorie sono risorse da utilizzare nel presente.

Ed è in questo travagliato presente, proprio in nome di una comune umanità, al di là delle diversità ideologiche, direi che il senso profondo di quella che noi chiamiamo la dottrina dei diritti umani, dovrebbe suscitare e promuovere una “giustizia riparativa”, giustizia intesa come modo di riparare, di ricostituire l’equilibrio là dove è stato rotto dalla nostra imperdonabile cecità collettiva e personale.