Agire Politicamente

Pensieri e gratitudine a Monticone

intervento di Angelo Bertani nell'incontro di amicizia per l'80° compleanno di Monticone

Angelo Bertani
Perugia, 3 Dicembre 2011

“…chi vuole davvero essere persona cristiana nel proprio tempo, non rifugiata in qualche angolo della propria casa o del proprio lavoro, ma parte viva della comunità desidera fortemente di trovare maniere nuove di comunicare con altri cristiani, con altri cittadini che condividono le sue aspirazioni. Non sono le notizie che ci mancano, ci manca l’amicizia, ci manca la solidarietà e il conforto di sapere che nella nostra strada non siamo soli….

…questo settimanale vuole essere così un contributo a creare legami di amicizia, a gettare fili di comunicazione che nell’incontro consueto di ogni settimana ci facciano sentire parte di una grande amicizia fra cristiani impegnati nella vita quotidiana…

…Più che informazioni nuove e più che giudizi già confezionati sulla Chiesa, sul mondo e sul nostro Paese, un foglio come questo intende soprattutto portare la novità di scoprirci giorno per giorno solidali in alcuni obbiettivi essenziali e disposti a confrontarli e a lavorare per essi tutti insieme.”

Così Alberto Monticone – nell’articolo intitolato “Comunicazione e amicizia” illustrava non solo lo spirito autentico della Azione Cattolica oggi, ma proprio lo scopo di Segno Sette, il mini-settimanale dell’ A C, che nasceva quel novembre 1983 (con il proposito, mantenuto, di essere autosufficiente dal punto di vista economico, cioè di basarsi solo sul contributo degli abbonati; e con l’intenzione, anch’essa perseguita con convinzione, di essere  non un bollettino o una voce dell’associazione, ma uno strumento di dialogo tra l’azione cattolica, la chiesa, i lettori, gli autori… e la multiforme realtà socioculturale e religiosa del Paese).

Monticone riassumerà spiegando che l’iniziativa di Segno Sette voleva essere “non semplicemente di informazione ma di umanità cristiana!”.

Ecco, io non posso non partire di qui perché Segno Sette (inteso certo come un’esperienza non solo e non tanto giornalistica, ma esperienza di vita e di missione dell’AC, anzi di fede e di chiesa-nel-mondo) è stato il contesto in cui ho maggiormente conosciuto e sperimentato l’amicizia – e dunque le qualità umane e cristiane – di Alberto Monticone. E di ciò conservo gioia e gratitudine in grandissima misura, del tutto analoga a quella che mi lega al ricordo di un altro laico cristiano, Vittorio Bachelet.

Ho conosciuto Alberto nel Meic (di Romolo Pietrobelli, Anna Civran, padre Enrico di Rovasenda, Marina Vittoria Rossetti…) dov’era stato designato come presidente, non senza qualche concorrenza, come sempre capita quando c’è in gioco un’apparenza di potere o piuttosto di visibilità. Io mi ero occupato di Fuci e Laureati cattolici, a Brescia e a Roma, e poi della comunicazione e della stampa dell’Azione Cattolica con Vittorio Bachelet per passare poi ad Avvenire come vaticanista e responsabile della redazione romana.

Era il 1980, mi pare; si concludeva la lunga e feconda presidenza di Romolo Pietrobelli che aveva anche traghettato i “laureati” al Meic. Non mancavano candidati ed autocandidati a succedergli.

Ma si convenne, e Pietrobelli e Anna Civran e tutta la migliore tradizione del Movimento per primi, che serviva una guida che esprimesse una continuità profonda con la più alta tradizione del movimento che era stato di Montini e Righetti.

Il Meic, i laureati cattolici legati al “progetto  montiniano”, alla resistenza cattolica,  al Codice di Camaldoli, alla rinascita postbellica della cultura cattolica con Aldo e Carlo Moro, Leopoldo Elia, Veronese, Bachelet, Lazzati, Pietrobelli, alla presenza in Concilio di Ferrari-Toniolo, Zama, Costa,  Guano…

Alberto era l’erede più qualificato, e più creativo, innovativo, di questa linea intellettuale e spirituale che chiamavamo della “mediazione culturale”; e pensavamo che sarebbe stato il presidente ideale del Meic per gli anni ottanta. Altrimenti il rischio era che questa tradizione di gran qualità finisse diluita in un “movimento d’ambiente” o piuttosto in un intergruppo professionale dove prevalessero interessi corporativi e ambizioni personali o magari di casta.

Sollecitato e… pregato, Alberto offrì la sua disponibilità, con umiltà e spirito di servizio; e non era una fatica da poco.

Ma non riuscimmo a tenerlo al Meic! In verità subito si rese necessario “prestarlo” all’AC, in un campo più vasto e per molti aspetti impegnativo; a prima vista non entusiasmante e perfino aspro. Come Meic capimmo che non era solo un sacrificio per noi – semmai lo era per Lui!-, ma era un’occasione per tutta la Chiesa italiana.

Infatti l’Azione Cattolica viveva un momento assai delicato… Dopo Bachelet 1964-1973, e la presidenza Agnes 1973-1980, c’era un momento di stanchezza; ipotesi e “correnti” diverse; spesso con referenti anche ecclesiastici esterni; con rapporti complessi con altre forze associative diverse e… sembrò opportuno una soluzione super partes, una personalità conosciuta in Aci ma non appartenente a specifiche…correnti.

La fine del pontificato montiniano nel drammatico momento del terrorismo (pensiamo a Moro e Bachelet e tanti servitori dello Stato…) lasciava smarriti. All’Azione Cattolica serviva davvero un colpo d’ala, un rilancio  forte e chiaro, ma soprattutto creativo sulla linea della “scelta religiosa” che alcuni ambienti laicali ed anche ecclesiastici ritenevano timida, insufficiente, non abbastanza militante contro gli errori del mondo moderno…

Ritornavano le tentazioni di affidarsi alla potenza dei numeri, del danaro, degli accordi di potere, delle strutture tipiche delle “cristianità costituite” e chiuse al dialogo, aperte invece alla conquista o magari ai compromessi. Insomma, era in questione anche la continuità con lo spirito del Concilio e dello stesso pontificato paolino… Ed era in gioco anche una linea di continuità con quel convegno “Evangelizzazione e promozione umana” che monsignor Bartoletti aveva sognato (ma non aveva potuto vedere) e che i cardinali Poma con monsignor Maverna e Caporello e padre Sorge e don Riva, e un gruppo di laici (Lazzati, Maria Eletta Martini, Rosati, Pietrobelli, Paola Gaiotti, Pietro Scoppola…) avevano tuttavia realizzato nel novembre 1976. Ma che rischiava di essere dimenticato.

Poi c’erano personalità come i cardinali Pellegrino e Ballestrero che sostennero l’orientamento dello stesso monsignor Costanzo, assistente nazionale dell’Aci, tutti ben convinti che il rinnovamento della Chiesa italiana meritasse d’esser continuato in particolare nella e dalla Azione Cattolica (rinnovata in profondità dall’opera di Vittorio Bachelet…) rinnovamento da proseguire con determinazione e speranza, con un sicuro equilibrio e un vasto radicamento; convinti che Alberto Monticone potesse esserne la guida e l’interprete più adeguato.

Fu così infatti. Il Meic ebbe il dono della presidenza di Franco Casavola; e l’Azione Cattolica di Alberto Monticone. Accompagnato da un’equipe rinnovata e motivata (sia nella componente laica che in quella ecclesiastica) la presidenza Monticone avviò subito il rinnovamento della vita associativa e realizzò rapidamente un rapporto di dialogo culturale e religioso con la società italiana in misura che direi imprevedibile.

Non c’era più Paolo VI; c’erano le tentazioni di attivismo, di compromissione politica anche per salvare il salvabile di fronte alla crisi del sistema politico e partitico; c’era la rinascita dell’attivismo e del movimentismo ecclesiale, che strumentalizzava la passione e l’impatto del papa venuto da lontano. Eppure l’AC di Monticone riprese uno straordinario dialogo col Paese e con la coscienza evangelica della chiesa italiana. Ricorderò, di passaggio, che alla fine del triennio 1983/1986 l’Azione Cattolica risultava, in tutti i settori, in crescita di iscritti (cosa…non frequente),  non solo in crescita di audience e di incisività.

E credo proprio che qui sia stato decisiva non solo la cultura e la trasparenza del presidente che rappresentava ed esaltava direi quella di tutta l’associazione  (nella quale tantissime persone ieri ed oggi lavorano con intelligenza e dedizione davvero solo “per il regno di Dio”), ma anche il suo personale stile di comunicare…  l’idea dell’amicizia, del dialogo, unita ad un grande rigore intellettuale e morale, ed ecclesiale (“l’obbedienza in piedi” raccomandata da Mazzolari e già praticata da Bachelet…). Era,tradotto in vita associativa e quotidiana, lo spirito di quella straordinaria lettera pastorale “Camminare insieme” che Michele Pellegrino aveva donato alla chiesa torinese e italiana nel 1971.

Merita di ricordare la coerenza non strillata che Alberto sviluppò nella vita associativa  (come quando nel novembre 1981, benché ovviamente invitato, non andò all’Assemblea nazionale della DC aperta agli “esterni”, cioè alle forze “collaterali”; non andò per fedeltà alla natura religiosa ed apostolica dell’associazione; ma, riconoscendo la buona intenzione e le potenzialità positive dell’iniziativa, inviò come A.C. un documento molto apprezzato e propositivo.

Tra le novità dello stile di Alberto alla guida della Azione Cattolica vorrei ricordare:

  • la capacità di rivolgersi anche oltre la cerchia degli iscritti e dei credenti, “facendosi prossimo” (e ritroviamo qui lo spirito del cardinale Martini!) a gran parte degli italiani grazie ad un linguaggio e ad uno stile sincero, fresco, pacato; e proponendo contenuti che attingevano i valori comuni della buona vita, sia in campo ecclesiale che in campo civile e politico (come poi testimonierà e testimonia in un impegno di animazione culturale ed etica delle esperienze politiche, da Carta 93 ad Agire Politicamente a Italia popolare; e dal Senato alle amministrazioni e ai gruppi locali!).
  • la capacità di tenersi fuori, o meglio sopra, tante polemiche intraecclesiali ad anche vere e proprie accuse e aggressioni verbali di cui fu fatto oggetto da parte degli integralisti (ricorderete le accuse di… protestantesimo!). Anche in quella circostanza il suo comportamento sereno ed evangelico, veramente cristiano, fu molto più significativo di qualsiasi risposta.
  • la capacità di parlare anche alle giovani generazione e di trasmettere così i valori, le esperienze, le migliori tradizioni culturali e spirituali con semplicità, senza toni presuntuosi od esclusivi, invitando anzi a continuare con libertà e creatività quelle tradizioni ed esperienze, “facendo nuove tutte le cose”.

E alla radice di tutto, oggi veramente ringraziamo Alberto, e so di poterlo fare insieme a  tutti voi, per la sua testimonianza di amicizia, di serietà e di rigore. Quella vera, che non taglia col bisturi lungo i confini delle differenti sensibilità, culture, convinzioni.   Quell’amicizia che è camminare insieme, volendosi bene senza smancerie, cercando insieme quel che è meglio, più giusto e più buono, godendo della fraternità e mettendola al servizio di tutti. Anticipando così qualcosa di quel che speriamo di vivere assieme, per sempre, nella Casa del Padre. Alberto, grazie!


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Vedi nota sull'Incontro di amicizia con Alberto Monticone

Incontro di amicizia con Alberto Monticone

Perugia

3 Dicembre 2011

... dalla recente lettera del Coordinatore nazionale di Agire Politicamente

Nel calendario delle nostre attività associative c’è un altro appuntamento, per noi particolarmente significativo: l’incontro di amicizia con Alberto Monticone, nella ricorrenza del suo 80° compleanno, fissato per il 3 dicembre prossimo, a Perugia, presso l’Istituto Conestabile, in piazza Mariotti, 1.
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Vedi appuntamento

Vedi: Angelo Bertani: Pensieri e gratitudine a Monticone

Registrazione audio dell'incontro





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, - La ministerialità laicale

Lino Prenna, Pier Giorgio Maiardi: Apertura Assemblea





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Fabrizio Fornari - La cultura della gratuità e del dono



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Mons Battista A. Pansa - I cristiani: diaconia al mondo (1/2)



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Mons Battista A. Pansa - I cristiani: diaconia al mondo (2/2)



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“Unità Nazionale e mediazione culturale”

verso un manifesto del cattolicesimo democratico

Seminario estivo in Sutrio (UD) - 27-31 Agosto 2011

 

Il seminario si aprirà sabato 27/8 alle ore 17 in sala Ajace a Udine

con un intervento di Giorgio Campanini sul tema

 “I cattolici e l’unità d’Italia: attualità  del cattolicesimo democratico”


mentre dal 28 al 31 agosto si trasferirà a Sutrio.
Si segnala in particolare, martedì 30/8 alle ore 17 , la tavola rotonda delle associazioni regionali sul tema:

“Realtà ecclesiale e realtà sociale in Friuli V.G.: il contributo dei cattolici democratici”


Vedi dossier: Agire Politicamente: i seminari

“Il volontariato, una risorsa politica”

Seminari di Agire Polticamente - Estate 2011 (vedi)

Massa Martana (PG)

14 – 17 luglio  2011

Si è tenuto in Umbria, a Massa Martana, presso il Convento “La pace” dei Frati Francescani, nei giorni dal 14 al 17 luglio scorso, il primo dei seminari di formazione estivi organizzati dall’Associazione dei cattolici democratici “Agire Politicamente”. “Il volontariato, una risorsa politica” è stato il tema su cui i giovani dell’Associazione hanno riflettuto, stimolati dalle relazioni di Lino Prenna, coordinatore nazionale di Agire Politicamente, di Pietro La Corte, medico e fondatore del Villaggio SOS di Ostuni, di Fabrizio Fornari, ordinario di Sociologia Generale dell’Università di Perugia, di Battista A. Pansa, biblista e parroco di Roma.

Il prof. Lino Prenna non ha mancato di ricordare, in apertura del seminario, come la vocazione propria del cattolicesimo politico debba essere quella di aprirsi, confrontarsi con altre culture e magari insieme costruire un progetto unitario, “che è la vicenda del Partito Democratico, con tutti i limiti di questo Partito, che riteniamo comunque il luogo dove maggiormente il potenziale del cattolicesimo democratico si possa sviluppare”. Entrando nel tema specifico del seminario, ha evidenziato i tratti definitori della natura e delle finalità del volontariato desumibili anche dall’art.2 della legge del 1991, che mette ordine in una realtà cresciuta selvaggiamente, vincolando le associazioni di volontariato ad uno specifico protocollo, e che definisce l’attività di volontariato quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.

Quindi, i tratti costitutivi dell’attività di volontariato  sono: la spontaneità (nel senso che il volontario opera per libera scelta, non è stato precettato), la finalità di servizio (un servire gli altri e non un servirsi degli altri, attività ministeriale), la gratuità (attività non legata né a uno stipendio né ad un contratto di lavoro), la continuità (una singola azione occasionale non può definirsi attività di volontariato; deve esserci una sistematica attività di servizio), l’abituale disponibilità a servire nella gratuità, che è una virtù, un abitus, una capacità abituale di servire, di mettersi al servizio. Quindi la finalità della formazione del volontariato e della stessa attività del volontariato è oltre i bisogni immediati che possono spingere all’azione volontaria, è una disponibilità di servire in genere alla società, cioè di mettersi a servizio, quindi un’abituale disponibilità a servire nella gratuità.

 Passando a sviluppare la solidarietà ha introdotto la distinzione tra solidarietà dovuta e solidarietà voluta. La solidarietà non è una virtù specifica del volontario, perché prima della solidarietà voluta c’è una solidarietà dovuta (i doveri di solidarietà che secondo la nostra Costituzione impegnano tutti i cittadini). L’art. 2 della nostra Carta Costituzionale recita infatti che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” e “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” che riguardano, quindi, tutti i cittadini. Ed è questa la “solidarietà dovuta”: tutti sono chiamati alla solidarietà dalla nostra Carta Costituzionale in quanto cittadini. Non c’è cittadinanza piena se non implica l’esercizio della solidarietà. A questa solidarietà dovuta c’è la scelta libera e facoltativa del volontariato. Che è dunque una “solidarietà voluta”, ulteriore. Quindi la solidarietà è un dovere di tutti, mentre il volontariato è una scelta di alcuni e anche se non tutti sono volontari, tutti devono essere solidali. La solidarietà voluta è un’ulteriore compiuta espressione dei doveri connessi all’esercizio della cittadinanza.

Che cosa aggiunge la solidarietà voluta? Per chi ha una ispirazione religiosa cristiana la solidarietà diventa virtù della carità, quindi è la carità che integra, completa, esalta l’attività di volontariato, sviluppata in nome della giustizia, perché la solidarietà dovuta fondamentalmente è l’esercizio della giustizia, quindi riconoscimento a tutti di ciò che è dovuto. La solidarietà voluta, dal punto di vista della ispirazione religiosa, della vita e testimonianza cristiana, è la carità, che è una virtù teologale che implica innanzitutto l’amore di Dio e l’amore del prossimo in nome di Dio, ma anche l’amore di Dio in nome del prossimo. Per chi non ha un’ispirazione religiosa la solidarietà voluta, la scelta di volontariato, è la filantropia, questo amore ulteriore per l’umanità, che è un qualcosa in più rispetto ai doveri di solidarietà.

La solidarietà voluta è in funzione della solidarietà dovuta, che è il pieno ripristino delle solidarietà dovute nella vita sociale, che è il senso di una piena democrazia. La democrazia sociale è un sistema di relazioni sociali legate dalla solidarietà  che è il solidum da una parte ed è ciò che rende sodales dall’altra. I termini soliditas  sodalitas  sono insieme sodales , che vuol dire soci, e nello stesso tempo soliditas, quindi la solidarietà. Perché la solidarietà è anche la soliditas, cioè la ferma e consistente attività che rende solido l’attività e la vita sociale.

Il prof. Fabrizio Fornari ha trattato il tema “La cultura della gratuità e del dono”,  aggiungendo  elementi ulteriori al tema in esame sviluppando il concetto della “gratuita restituzione” in relazione al “dono”. Ed ha evidenziato come all’origine delle società ci sia il dono. Quindi le società arcaiche sono quelle segnate da questo fatto originario, iniziale: il dono.  Le società moderne sono segnate invece dal contratto. Questa è la grande distinzione. Il contratto è la pattuizione, lo scambio di elementi utili e dono, invece, è l’offerta gratuita che non implica una restituzione. Però l’analisi ripresa da Fornari, riferendosi in parte ad un saggio sul dono di Marcel Mauss, è che la cultura del dono si è sviluppata in riferimento al tema della morte, cioè al momento in cui la vita consumata s’identifica con i resti. Quindi il tema della restituzione s’identifica con ciò che resta: il cadavere è ciò che resta della vita che è stata donata e che però in quel momento restituisce, non nella concezione mercantile, ma in una restituzione naturale, ciò che è stato dato. Allora la cultura del dono nelle società arcaiche sviluppa questa attitudine di totale gratuità.

Don Battista Pansa  ha offerto due riflessioni, una su “I cristiani: diaconia al mondo” e l’altra su “La ministerialità laicale”. In ordine alla “diaconia”, rilevato come tale termine, assente nel Nuovo Testamento, si sia creato successivamente nella storia della Chiesa per indicare, specialmente a Roma, i luoghi, “diaconie”, di servizio ai poveri, presieduti in genere da un diacono, ha precisato come il termine “diaconia” nasca dalla fede in Cristo e si sviluppi come servizio al mondo. Ed ha ricordato al riguardo i termini “diaconia fidae” e “diaconia ex fidae”, introdotti a suo tempo dal cardinale Martini, per distinguere, senza separare, l’ambito dell’impegno del cristiano dentro la Chiesa (diaconia fidae: servizio alla fede all’interno della comunità cristiana) da quello (diaconia ex fidae) che, nascendo dalla fede ed avendo il suo radicamento nella fede, si sviluppa nel servizio al mondo e per il mondo. Proseguendo,  ha, tra l’altro, insistito a lungo nell’affermare che “per il cristiano il servizio è “imitazione di Cristo”. E si è richiamato al riguardo al passo della lavanda dei piedi nel vangelo di Giovanni (cap. 13) per evidenziare che quanto viene detto da Gesù spiega chiaramente che “la misura dell’amore del cristiano è Cristo, non la misura degli altri”.

Il seminario si è concluso con una riflessione di Stella Cerasa, vicedirettrice della Caritas di Perugia, su “La Caritas: testimonianza della carità politica”.


Vedi dossier: Agire Politicamente: i seminari

Anacronismo dottrinale e storico

Comunicato stampa

Agire Politicamente

Coordinamento di cattolici democratici

Roma 11 luglio 2011

 

In merito ad alcune iniziative, promosse in questi mesi da esponenti della Gerarchia ecclesiastica e finalizzate a ricostituire l'unità dei cattolici in una nuova "Cosa bianca", i cattolici democratici che si riconoscono nell'associazione Agire politicamente ritengono anacronistica, dal punto di vista dottrinale oltre che storico, la ricostituzione del partito unico dei cattolici e, mentre chiedono, ai loro pastori, di rimanere nell'ambito delle loro competenze, rivendicano l'autonoma responsabilità delle scelte politiche. Pertanto, Agire politicamente si riconosce nella riflessione del coordinatore Lino Prenna, pubblicata come editoriale del numero 2/2011 di Politicamente, che viene di seguito riportata.

 

Fede e politica: unità e pluralità

Nella lettera apostolica Octogesima adveniens, che ricordiamo a 40 anni dalla pubblicazione, Paolo VI, richiamando il n. 43 della costituzione pastorale Gaudium et spes, scrive: "Nelle situazioni concrete e tenendo conto delle solidarietà vissute da ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili", poiché "una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi" (n. 50).

L'autorevole affermazione, mentre legittima il pluralismo dei cattolici, propone la distinzione tra l'unica fede cristiana e la molteplicità delle declinazioni che può ispirare. È nel potenziale stesso assoluto della fede che risiede la possibilità di pluralizzarsi, storicamente e culturalmente, nella varietà delle opzioni, senza identificarsi o ridursi alla relatività e alla contingenza delle opzioni stesse.

Pertanto, non è la fede il fattore dell'unità politica né il principio di aggregazione partitica. Infatti, la politica, esercitata "da cristiani" e non  "in quanto cristiani" chiede il consenso non alla fede o ai principi che l'ispirano ma alla strumentazione legislativa e operativa che ne tenta la traduzione. Sicché, la pluralità dei programmi caratterizza la diversità delle scelte e delle formazioni politiche, sulle quali gli elettori sono chiamati ad esprimersi.

Anche l'invito all'unità sui valori, rivolto spesso dalla presidenza Cei, risente di una irrisolta ambiguità, giacché l'unanime condivisione dei cosiddetti "principi non negoziabili" non è il fattore di unità politica: è l'autonoma capacità di adeguata di adeguata mediazione di quei principi, in strumenti operativi del bene comune, che conferisce qualità all'impegno politico e aggrega nella diversità delle formazioni.

Un esempio viene dalla differenziata posizione dei cattolici rispetto alla legge sul fine vita. Il dissenso di chi non ne condivide la formulazione proposta dalla maggioranza non è sul principio della indisponibilità della vita, unanimemente sostenuto, ma sul dispositivo di legge che ne propone una traduzione. Da queste considerazioni, pur se appena accennate, dovrebbe risultare l'anacronismo dottrinale oltre che storico del partito unico dei cattolici, auspicato ancora da qualcuno, magari nella forma di riedizione della Dc, come in questi giorni sentiamo dire proprio da quelli che hanno accelerato la fine del grande partito popolare e interclassista.

La "questione cattolica", oggi, non si risolve chiudendosi in una formazione identitaria, a prevalente attitudine rivendicativa, ma aprendosi e confrontandosi con le culture "altre", che abitano democraticamente la nostra società plurale. Per questo, il cattolicesimo democratico ha accettato di portare nel Partito Democratico la sua storia e le sue idealità, mettendole al servizio di un progetto unitario, dove, però, l'unità politica è l'esito di un inevitabile faticoso percorso di riconduzione delle diversità culturali di provenienza ad una  sintesi condivisa.

Questa scelta è pienamente coerente con la vocazione dialogica del cristianesimo e con la disposizione culturale del cattolicesimo democratico che, dall'etica della mediazione, attinge il paradigma normativo dell'agire politico.

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Testo integrale dell’articolo, pubblicato da Adista (n. 49/2011) con il titolo: Ossessione “democristiana”e pluralismo dei cattolici

Comunicato stampa