L’ILLUSIONE DEL PRESIDENZIALISMO E L’ESIGENZA DI RINNOVARE LA DEMOCRAZIA

L’esame di maturità per Giorgia Meloni ed Elly Schlein

Domenico Rogante

12 Maggio 2023

A circa 8 mesi dall’insediamento del governo Meloni, torna “prepotentemente” al centro del dibattito pubblico uno dei temi forti che aveva caratterizzato la campagna elettorale della coalizione di centro- destra, ovvero la proposta di riforma costituzionale in senso Presidenziale. 

Questa rappresenta un vecchio “cavallo di battaglia” della destra italiana, a partire dalla prima repubblica, fino ad arrivare all’epoca “berlusconiana” che di tanto in tanto viene riproposto per risvegliare l’entusiasmo dell’elettorato nostalgico che considera il Presidenzialismo un fattore identitario della propria cultura politica.  

Di fatto, dopo essere tornato alla ribalta, sono bastate poche ore per capire che una riforma costituzionale del genere, per come era stata promessa in campagna elettorale, non avesse nessuna possibilità di vedere la luce, tant’è che dalle ultime dichiarazioni dei rappresentanti della maggioranza emerge chiaro un “re-indirizzamento” della proposta verso modelli più equilibrati che non creerebbero disagio nei confronti dell’attuale Presidente della Repubblica. Tra l’altro, non sembra una buona idea insistere sul Presidenzialismo, in un momento in cui i due modelli più importanti presi come riferimento come quello francese ed americano, risultano essere profondamente in crisi.

Così, un’altra promessa della campagna elettorale targata centro - destra viene ancora una volta sconfessata dalla realtà; non è la prima volta e forse non sarà l’ultima, non dimentichiamo il blocco navale o l’abolizione del Reddito di Cittadinanza.

Tuttavia, il rinnovamento del nostro sistema istituzionale è una esigenza che da tempo risulta essere trasversale a tutte le sensibilità e le parti politiche. Per questa ragione, è auspicabile che tutti i partiti si approccino a questo tema con metodo costruttivo, senza rinunciare a priori ad un confronto, ma piuttosto impegnandosi per cercare una mediazione che porti ad una proposta il più possibile condivisa, perché modifiche costituzionali di tale portata se condotte a colpi di maggioranza, rischiano seriamente di non arrivare a compimento. D’altronde, le esperienze passate ci portano a dire che una riforma costituzionale che mira a modificare alcuni meccanismi importanti del sistema democratico, ha margini di successo solo se condivisa dai due terzi del parlamento, perché, diversamente, in caso di Referendum, il voto non sarebbe più sul merito della riforma ma si trasformerebbe nell’occasione per delegittimare la maggioranza proponente; ne sanno qualcosa Berlusconi e Renzi. Per queste ragioni, la premier Giorgia Meloni si trova costretta a cercare una convergenza ben oltre la cerchia della maggioranza e rinunciare di fatto ad un certo protagonismo, perché consapevole che le probabilità di uscire sconfitta da un’eventuale consultazione popolare sarebbero molto alte. Inoltre, sarebbe meglio che su questo tema l’iniziativa venisse presa dal parlamento, senza “bandiera” ideologica da parte del governo, altrimenti si andrebbe verso una “personalizzazione” del dibattito che in passato è già costata cara ad altri Presidenti del Consiglio.

Dall’altra parte, questo nuovo fronte aperto sulle Riforme Costituzionali rappresenta un banco di prova per la nuova segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, sembrata troppo silente e lontana dal dibattito pubblico nei giorni successivi all’annuncio della composizione della segreteria. Tant’è che non si spiegano le recenti fuoriuscite di alcuni parlamentari dal PD, in contrasto con la linea della segretaria. Ad oggi, non c’è stato ancora modo di valutare l’operato del nuovo gruppo dirigente e quindi risultano essere prive di fondamento le accuse che vengono rivolte alla nuova leader. Elly Schlein entrando nel dibattito sulla riforma costituzionale ha l’occasione di rilanciare il profilo riformista del Partito Democratico che ha nei suoi principi fondativi il rinnovamento del nostro sistema democratico, come è esposto così chiaramente nella Tesi 1 del programma dell’Ulivo, in cui già si parlava dell’esigenza di adottare “una forma di governo centrata sulla figura del Primo Ministro”, oppure come affermavano le tesi del centro - sinistra a sostegno del Premierato durante la bicamerale D’Alema (che però nel voto vide prevalere la proposta sul semi - presidenzialismo).

Atteggiamenti di rifiuto al confronto o il rifugiarsi a priori dietro una strumentale posizione di difesa della Costituzione, non solo rischierebbero di non essere comprese da un certo elettorato, ma sconfesserebbero una storia che ha visto il centro-sinistra impegnato da sempre in prima linea per la rigenerazione della democrazia.

L’ accusa che l’opposizione muove alla maggioranza di utilizzare il diversivo del Presidenzialismo per distogliere l’attenzione dalle questioni più “scottanti” ha un proprio fondamento, infatti il governo su temi importanti come ad esempio il PNRR, la riforma Sanitaria o come dimostra il decreto lavoro, sta dimostrando gravi mancanze, a dimostrazione che la coalizione di cdx non era poi così pronta a governare così come lasciavano intendere gli slogan elettorali. Tuttavia, bollare il dibattito sulla riforma costituzionale come “non prioritario”, fa trasparire un certo benaltrismo che non è mai appartenuto al Partito Democratico, oltre ad essere poco conveniente da un punto di vista strategico, in quanto dall’altra parte sarebbe facile controbattere dicendo: “se la Riforma Costituzionale non è una priorità, quando mai potranno esserlo i diritti civili?”.

L’auspicio è che nel breve tempo i posizionamenti strategici ed i pretesti ideologici possano lasciare il campo a discussioni di merito, per permettere, anche in questa rubrica, il confronto sulle proposte concrete.


Testo presente anche sul Foglio periodico "Politicamente - Anno XXIII Numero 2"