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Cei e politica - Ossessione “democristiana” e pluralismo dei cattolici
Articolo di Lino Prenna su Adista (n. 49/2011)
Lino Prenna
Coordinatore nazionale di Agire Politicamente
Roma, Giugno 2010
Nei giorni scorsi, Avvenire ha dato grande risalto al convegno “Dialogo tra cattolici impegnati in politica: una risorsa preziosa per la società”, tenutosi a Roma (30/5) in una sede istituzionale (Palazzo san Macuto) al quale, oltre ad esponenti politici (da Rocco Buttiglione a Giuseppe Pisanu, da Paola Binetti a Giuseppe Fioroni), ha partecipato il segretario della Conferenza episcopale italiana, mons. Mariano Crociata, con una relazione introduttiva. Dall’ampio servizio giornalistico e dal titolo del convegno emerge l’intenzione di mettere a confronto cattolici di diverso schieramento partitico su questioni che il giornale stesso raccoglie sotto la domanda, «unità sui valori o partito unico?». Avvenire non dice chi siano stati i promotori, ma la presenza del segretario della Cei autorizza a ritenere che si tratti di una iniziativa rivestita di qualche ufficialità. E, tuttavia, di quale natura? La difficoltà di rispondere a tale domanda e la disinvolta sovrapposizione di livelli e ambiti di riflessione, sviluppata dai vari interventi inducono a pensare che il convegno si sia svolto all’insegna di una irrisolta ambiguità, nella formulazione stessa che ha proposto la fede quale «fattore di unità».
Paolo VI, nella lettera apostolica Octogesima adveniens, che ricordiamo a quarant’anni dalla pubblicazione, richiamando la costituzione pastorale Gaudium et spes, scrive: «Nelle situazioni concrete e tenendo conto delle solidarietà vissute da ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili», poiché «una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi» (n. 50).
Anche l’invito all’unità sui valori risente della stessa irrisolta problematica. In realtà, anche l’unanime condivisione dei cosiddetti “principi non negoziabili” non è il fattore di unità politica. È l’autonoma capacità di adeguata mediazione di quei principi, in strumenti operativi del bene comune, che conferisce qualità all’impegno politico e aggrega nella diversità delle formazioni. Un esempio viene dalla differenziata posizione dei cattolici rispetto alla legge sul fine vita. Il dissenso di chi non ne condivide la formulazione proposta dalla maggioranza non è sul principio della indisponibilità della vita, unanimemente sostenuto, ma sul dispositivo di legge che pretende di tradurlo.
La “questione cattolica”, oggi, non si risolve chiudendosi in una formazione identitaria, a prevalente attitudine rivendicativa, ma aprendosi e confrontandosi con le culture “altre”, che abitano democraticamente la nostra società plurale. Per questo, il cattolicesimo democratico ha accettato di portare nel Partito democratico la sua storia e le sue idealità, mettendole al servizio di un progetto unitario, dove, però, l’unità politica è l’esito di una sintesi alta delle diversità culturali di provenienza. Una scelta che è pienamente coerente con la vocazione dialogica del cristianesimo e con la disposizione culturale del cattolicesimo democratico, centrata sull’etica della mediazione.
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