FINE VITA

UNA LEGGE NECESSARIA CHE TENGA CONTO DELLE INDICAZIONI DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Pietro Pergolari

18 Febbraio 2022

Il Sole24 ore del 24 novembre 2021 riportava che “per la prima volta in Italia il Comitato etico dell’Asl Marche ha attestato che un uomo tetraplegico ha i requisiti per l’accesso legale al suicidio medicalmente assistito.”

Il comitato aveva accertato la sussistenza dei criteri fissati dalla sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale, per la richiesta di una persona tetraplegica da oltre 10 anni, di essere assistita a porre fine alla propria vita. Il Comitato aveva dichiarato di non poter rendere il parere richiesto circa la modalità, la metodica e il farmaco con cui procedere.

I media hanno sottolineato che si tratterebbe del primo caso di suicidio assistito in Italia, collegandolo al referendum sull’eutanasia, data la attuale assenza di normativa in materia.

Nel frattempo la Camera ha avviato, il 13 dicembre, la discussione per il disegno di legge sul fine vita, nel testo elaborato in commissione, per dare attuazione a quanto previsto dalla Corte.

I promotori del referendum in materia hanno sostenuto che il testo impone troppi passaggi per essere efficace e non accettano la previsione dell’obiezione di coscienza prevista per i medici, altri ritengono che la procedura per una decisione così definitiva deve necessariamente consentire tutte le valutazioni del caso.

La Chiesa è contraria. Il cattolico Giovanni Maria Flick, giurista insigne ed ex Presidente della Consulta, ritiene che anche i cattolici non possano opporsi a quanto ormai acquisito nell’ordinamento italiano con la sentenza della Corte e quindi debbano accettare che la legge sia approvata nel testo elaborato. Ritiene che chi vuole fare a meno dei paletti previsti dalla Corte e resi concreti dal testo vuole un via libera assoluto, (fa l’esempio del ragazzetto che in un momento di sconforto dice all’amico “premi tu il grilletto, io non ho coraggio”) e che chi vuole altri paletti non vuole l’approvazione della legge.

Naturalmente - ricorda un altro giurista importante, Renato Balduzzi, cattolico anch’egli - la sentenza della Corte fa riferimento alla “presenza di particolarissime situazioni sanitarie”, mentre il quesito referendario propone di modificare l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) rendendo non punibili tutti gli aiuti al fine vita, esclusi quelli rivolti a minori, incapaci di intendere e volere o in caso di consenso estorto con violenza o inganno.

I promotori hanno sostenuto che l’eventuale risultato positivo del referendum non avrebbe modificato quanto previsto dalla legge n. 219/2017 e avrebbe rispettato i paletti stabiliti dalla Corte costituzionale, ma un risultato positivo avrebbe potuto essere interpretato come una vera e propria apertura generale all’eutanasia e d’altronde c’era già chi riteneva l’aiuto al suicidio in Italia legale senza se e senza ma e che la legge dovrebbe solo ratificarlo.

La Corte però aveva ricordato che non esiste in Italia un diritto costituzionale al suicidio. Aveva altresì preso le distanze da un generico diritto di scelta individuale quando si tratti del bene della vita: l’autodeterminazione è sì garantita ma deve leggersi insieme all’art. 2 della Costituzione che impone allo Stato di tutelare la vita di tutti i cittadini. La sentenza citata fissava la non punibilità dell’aiuto solo per i casi eccezionali in essa individuati.

La Corte Costituzionale ha deciso in ordine al referendum nella Camera di Consiglio del 15 febbraio u.s. e in attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio di comunicazione e stampa ha fatto sapere che il quesito è stato ritenuto inammissibile “perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili.”

Anche i soggetti chiamati a decidere nei casi concreti dovranno accertare la presenza delle condizioni del tutto particolari indicate dalla Corte nella sentenza del 2019 e comunque si torna al disegno di legge in discussione alla Camera. Anche il legislatore, che prima o poi dovrà disciplinare la materia, dovrà tener conto di quanto ha deciso la Corte costituzionale