Una spiritualità della città

Tema affrontato dal teologo domenicano Alessandro Cortesi nell’ambito del Seminario estivo 2013 di Agire Politicamente

Testo curato da Alvaro Bucci

20 luglio 2013

Una mattinata interamente dedicata alla spiritualità della città nell’ambito del seminario estivo, organizzato dall’associazione dei cattolici democratici “Agire politicamente” a Massa Martana, nel mese di luglio scorso, sul tema generale “Educare la democrazia. Costruire e abitare la città” come proposto dal coordinatore nazionale Lino Prenna.

Il luogo, il convento francescano di S. Maria della Pace, ha ben indotto i giovani partecipanti all’ascolto dell’ampia e profonda riflessione che specificatamente sul tema della ricerca di “Una spiritualità della città” ha offerto il teologo domenicano Alessandro Cortesi. Che ha esordito compiendo un’analisi dei diversi significati di città, a partire da quello di  “urbs”, che esprime l’opera dell’uomo, a quello di “civitas”, come luogo di cittadini associati, non isolati, a quello di ”polis”, dove c’è un decidere insieme e si pone la questione del “convivere”, del ricercare insieme un qualcosa di comune ed attraverso un consenso.

Ha quindi proseguito richiamando alcuni  caratteri specifici della città oggi. Il disorientamento, lo spaesamento, è una delle caratteristiche della città di oggi, ben diversamente dalle città ideali di Platone, di Aristotile, di Campanella (città del sole) e di Tommaso Moro. Disorientamento di chi “si trova come se stesse in un non luogo”, in una città labirinto, dei luoghi “uguali dappertutto” (grandi magazzini, grandi aeroporti, grandi passaggi). La città degli individui separati configura un altro carattere della città di oggi. E’ la città degli agglomerati senza più legami comunitari, la metropoli, divisa tra il centro e la periferia. Che è quindi la città delle esclusioni, dei quartieri ghetto, delle differenziazioni dei quartieri, delle esclusioni silenziose, dei “muri di vetro” che separano zone e persone. Altra caratteristica, infine, è quella della città dei flussi e delle reti, dove il telefonino, il twitter, il tablet, tutti i social net sono luogo di flussi che passano, che di fatto attraversano la città, ma non generano un rapporto, un tipo di legame, di rapportarsi agli altri diverso. E’ anche la città dei vari linguaggi in cui spesso è difficile trovare il traduttore.

Affrontando nello specifico la spiritualità della città, Cortesi ha richiamato i caratteri della città sia come luogo di custodia e difesa che come luogo di esclusione, che sono le due componenti del vivere insieme, del convivere “perché insieme ci si custodisce, ci si tiene, ci si riconosce, ma anche insieme si vive l’esclusione” così come avviene anche nei rapporti umani.

Nel chiedersi cosa vuol dire una spiritualità nella città in questo convivere, Cortesi ha osservato che “c’è un operare dello Spirito nella storia che soffia dove vuole” ricordando al riguardo l’espressione del vangelo di Giovanni “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,8). C’è quindi un soffio, uno Spirito da ascoltare nella dimensione della natura e nel cammino della storia. E per la città ha indicato quattro linee di spiritualità, che sembrano più importanti, proprio per rimanere”in ascolto dello Spirito” sia per il credente che per chi desidera “vivere la spiritualità come ricerca umana per divenire e restare umani”.

Una prima linea è una spiritualità dell’attenzione e dell’ascolto. Del ritrovarsi, del riconoscersi contro lo spaesamento, che è la solitudine dell’individuo globale. Declinando, c’è anche un ascolto della storia per una memoria da preservare (non possiamo, ad esempio, all’interno della storia d’Europa e mondiale dimenticare quello che è stato Auschwitz o come è nata la Costituzione italiana).Si tratta, quindi della strategia dell’attenzione, del guardare l’altro e dell’ascolto della sua storia.

Una seconda linea, che può collegarsi alla prima, è quella della spiritualità della cura. “La cura per essere presenti nelle linee di frattura della storia” a partire dalle periferie, laddove le fratture sono più presenti, dove mancano i servizi essenziali e dove si può sperimentare il senso dell’apertura all’altro, che è il più debole, colui che soffre nella città.

La terza linea è quella della spiritualità dell’ospitalità (un aspetto centrale della vita di Gesù). Si tratta di ripensare, non solo il dare, ma anche il ricevere ospitalità, mettendoci nell’attitudine di chi riceve qualche cosa dall’altro. Una capacità, oggi, di ospitalità  di chi si pone in termini di riconoscere quello che ha da accogliere da questa storia, da questi movimenti di persone in cui s’intersecano popoli di versi, lingue diverse, culture diverse. C’è l’esigenza del continuo rapporto con l’altro, in cui “si riconosce la diversità ma si cerca di gettare ponti”. Una spiritualità in cui si riconosce la diversità e quindi la fatica di andare oltre la diversità, di non rimanere “nell’incomunicabilità del non tradurre”.

L’ultima linea della spiritualità della città è quella delloltre, cioè della speranza di cui oggi in particolare c’è bisogno: oltre il consumo, una spiritualità del limite; oltre l’iniquità, una spiritualità di critica all’iniquità; oltre l’individuo separato, solitario, una spiritualità della politica, che vuol dire un’attenzione ai beni comuni, a quell’oltre che sono coloro che verranno, le generazioni future, i più giovani, quelli che ancora non ci sono; oltre la dittatura dell’economia finanziaria, la dimensione dell’attenzione al lavoro, all’opera dell’umanità, degli uomini e delle donne.

Sono tutte linee che non costituiscono soluzioni, ricette, ma orizzonti di fondo – ha precisato alla fine padre Alessandro – senza nessuna pretesa che vengano trasferite nel concreto.


Vedi: Seminari di Agire Politicamente - estate 2013 - Programmi dei seminari estivi 2013

Vedi dossier: Agire Politicamente: i seminari