SANITÀ, IL DIBATTITO IN CORSO

di Alvaro Bucci

Settembre 2023

Nel momento in cui scriviamo queste righe, la questione Sanità è ritornata al centro del dibattito politico. Non che finora la questione sia rimasta sopita. Anzi, anche per le sue vecchie e persistenti criticità funzionali e finanziarie, da anni è stata oggetto di continue analisi, osservazioni e proposte di cambiamento. Si pensi all’annoso problema delle liste d’attesa che nessuno degli ultimi governi è riuscito a risolvere alla radice.

Soprattutto in occasione e dopo la pandemia, che ha fatto emergere le sue maggiori criticità, si sono sviluppate analisi e proposte di modifica e di innovazione del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Una proposta di profonda ristrutturazione dei servizi territoriali della sanità, che con la pandemia avevano evidenziato i più gravi aspetti critici di natura strutturale, è stata offerta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ha assegnato, nell’apposita “Missione 6 – Salute”, risorse finanziarie di ben 15,63 miliardi di euro. Proposta che ha suscitato un intenso dibattito sulle modalità di attuazione dei progetti di realizzazione per nuove strutture territoriali. Sia a livello nazionale che a livello locale, sia da parte di alcune forze politiche che di realtà della società civile (Associazione Agire politicamente, Gruppo Meic di Foligno, ecc.) nonché attraverso manifestazioni e consigli comunali aperti.

Non sono mancati al riguardo anche convegni di studio da parte di Enti culturali, Istituzioni universitarie ed interventi di singoli studiosi ed esperti in materie sanitarie che hanno offerto puntuali approfondimenti ed indicazioni. Non posso non citare tra questi il prof. Renato Balduzzi, ex ministro della Salute nel governo Monti, ordinario di Diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano, che, oltre a promuovere e partecipare ad appositi convegni e seminari in materia di sanità, offre continue preziose originali osservazioni. In un suo articolo pubblicato sul n.2/2023 della rivista “Appunti di cultura e politica”, sempre in materia di “sanità pubblica”, afferma, tra l’altro, la necessità di “fermare la strisciante privatizzazione e chiederci che cosa convenga di più ai cittadini italiani: se un sistema sanitario a più pilastri di finanziamento, sul modello statunitense” , il cui rendimento è unanimemente considerato  nettamente inferiore rispetto a quello dei modelli di derivazione britannica (come quello del nostro Paese) strutturali e organizzativi; oppure “un rafforzamento della sanità pubblica, attraverso il rafforzamento degli standard strutturali e organizzativi ai quali le diverse strutture di offerta devono sottostare, un più chiaro sistema di regole e di incentivi per la loro osservanza, la convinta attuazione della strategia di rafforzamento della sottorete territoriale e di realizzazione effettiva della continuità ospedale-territorio”

Ritornando al dibattito politico degli ultimi giorni che ha posto in cima alle priorità la sanità, ha certamente pesato il richiamo di Mattarella che, intervenendo a Torino alla seconda edizione de “L’Italia delle Regioni – Festival delle Regioni e delle Province autonome”, ha evidenziato l’importanza del “Servizio Sanitario del nostro Paese, patrimonio prezioso da difendere ed adeguare” puntualizzando di seguito che “In questo la riflessione delle Regioni, in dialogo con il Paese e la società, è particolarmente importante”. “Riflessione delle Regioni”, chiaramente, per migliorare l’offerta e i servizi nel campo della salute.

Pur trattando nel suo intervento altri temi, non v’è dubbio che per Mattarella la questione fondamentale è quella della sanità, che sta allarmando un po’ tutti, perché nella Nadef la spesa sanitaria è prevista in diminuzione: da 134,7 miliardi nel 2023 a 132,9 nel 2024. Mentre la sanità pubblica è da tempo in difficoltà: tempi di attesa sempre più lunghi, fuga dei medici verso il privato, carenza di infermieri. Le parole del Presidente della Repubblica cadono quindi in un momento particolare, quello anche della preparazione della manovra economica, e proprio le Regioni hanno chiesto quattro miliardi in più al governo per la sanità mentre rischiano di ritrovarsi invece con due miliardi in meno.

La premier Meloni non ha lasciato cadere nel vuoto l’appello del Presidente della Repubblica. Parlando due giorni dopo alla stessa platea di Torino, Giorgia Meloni ha assicurato l’impegno a “Garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini”. A cominciare da due obiettivi: abbattere le liste d'attesa e potenziare i fondi per il personale sanitario. Ma ha anche osservato che “dobbiamo avere un approccio diverso, più profondo, provare a concentrarci su come le risorse vengono spese. Non basta spendere di più, se poi quelle risorse vengono utilizzate in modo inefficiente”. Serve una revisione completa della spesa, insomma.

Sono parole, quelle della premier Meloni, che hanno scatenato la reazione infuriata delle opposizioni, a partire dalla segretaria Pd Elly Schlein che afferma: “Anziché ravvedersi sui tagli previsti per la Sanità, Meloni continua a prendere in giro le persone, comprese quelle che l’hanno eletta” perché “dire che la sanità è una priorità ma che l’impegno non si misura sui soldi messi a disposizione è la beffa dopo il danno. Noi pretendiamo che questo governo investa i fondi necessari”.

Questo il quadro del dibattito intorno alla questione del nostro Sistema sanitario. La sua sopravvivenza dipenderà chiaramente dall’adeguatezza delle risorse finanziarie che gli saranno assicurate e, quindi, in questa fase di scarsità di risorse, dalla priorità che il governo assegnerà al capitolo della Sanità per evitare il rischio di un continuo degrado, nonché dall’inversione della strisciante linea della privatizzazione che allargherebbe le disuguaglianze.

 Ma occorre tener presente anche un altro pericolo incombente sul nostro patrimonio di sanità pubblica. Quello dell’autonomia differenziata, testardamente portata avanti per il governo dal ministro Calderoli, che, ampliando ulteriormente le disuguaglianze assistenziali tra regioni, favorirebbe, come ritiene anche Balduzzi, la fuoriuscita dal Servizio sanitario nazionale e la costruzione di un sistema squilibrato, dove “la qualità dei servizi e delle prestazioni rese dalla componente pubblica sarebbe inevitabilmente recessiva rispetto a quella realizzabile all’interno del settore privato”.


Testo presente anche sul Foglio periodico "Politicamente - Anno XXIII Numero 3"