Dalla pandemia alla guerra:
una crisi umanitaria globale

Relazione presentata nel corso della sessione pubblica dell'Assemblea annuale di Agire Politicamente 2022, a tema: AGIRE POLITICAMENTE PER UNA TRANSIZIONE ANTROPOLOGICA

Suor Maria Grazia Caputo FMA

Roma, 2 Luglio 2022

Premessa: Nell’affrontare un argomento ci si preoccupa sempre di analizzare i termini che si utilizzano.

È quanto ho fatto anch’io in questo caso cercando di chiarirmi le idee su termini come crisi umanitaria, globale e transizione antropologica, tema generale dell’incontro. Soprattutto ho ripensato a quanto successo in questo periodo. Il tutto nella speranza che si realizzi veramente una transizione di quanto si sta vivendo in questo periodo.

Il 24 novembre 2021 Papa Francesco ha utilizzato un’espressione particolarmente significativa parlando del nostro tempo:” Una società come la nostra, che è stata definita “liquida”, perché sembra non avere consistenza. Io – ha proseguito il Pontefice in riferimento al noto filosofo polacco Zygmunt Bauman – correggerò quel filosofo che ha coniato questa definizione e dirò: più che liquida, gassosa, una società propriamente gassosa.”

Senza essere degli specialisti al riguardo sappiamo che i gas rappresentano quello stato della materia in cui le forze interatomiche e intermolecolari, tra le singole particelle di una sostanza, sono così piccole che non c'è più un'effettiva coesione tra di esse. Gli atomi o le molecole del gas sono liberi di muoversi assumendo ciascuno una certa velocità: le particelle atomiche o molecolari del gas quindi interagiscono urtandosi continuamente l'un l'altra. Per questo un gas non ha un volume definito ma tende a occupare tutto lo spazio a sua disposizione.

Guardando a quanto stiamo vivendo oggi comprendiamo perché il Papa parla di società ‘gassosa’ indipendentemente dal gas russo. Le ripercussioni si fanno sentire su di noi.

Il cambio epocale che stiamo vivendo in questo periodo di una pandemia, in cui facciamo continuamente conoscenza di nuove varianti di virus, e di una guerra che ogni giorno fa scomparire i diritti umani, rientra in questa ottica. Nel momento in cui le preoccupazioni per i cambi climatici attiravano la nostra attenzione nessuno si aspettava di vivere l’attuale tragedia, iniziata con la pandemia e accresciuta, in modo allucinante, con la guerra in Ucraina, le linee bianche che vengono sempre più ignorate ogni giorno con ripercussioni catastrofiche nell’economia globale e nella convivenza umana.

Quello che ci colpisce maggiormente è che nessuno è escluso da quanto sta avvenendo, tutti ne risentiamo o ne risentiremo. Il peggio è che ci si trova impotenti e limitati, vivendo lo smarrimento di non sapere se ci sarà un termine e quando.

Sperimentiamo ogni giorno di non avere alcun controllo su ciò che accade nella propria vita da dove sono scomparsi o messi in secondo piano rapporti umani e programmazioni.

Parlando di transizione penso che si voglia sottolineare, a titolo di speranza, che viviamo un momento di passaggio, provvisorio, di durata limitata anche se non sappiamo prevederne la conclusione.

C’è fame di un ritorno a ciò che si viveva prima, quello che noi chiamavamo alla ‘normalità, e ci si aggrappa a minime cose (come la data in cui siamo esentati dal dover mettere le mascherine o il non dover esibire il green pass ad ogni momento quando si esce o si viaggia, o anche la frequentazione di quegli spazi (concerti, stadi, musei …) in cui si svolge la nostra vita sociale, per illuderci che  sia un segno di un ritorno ad una vita normale, che abbiamo superato anche questa prova.

Pur restando l’interrogativo sul che cosa ha rappresentato per ciascuno la pandemia, con i suoi alti e bassi delle statistiche, non si può paragonare allo sgomento che sperimentiamo per la guerra di cui avevamo sentito parlare, ma di cui non prevedevamo ancora gli effetti.

Rinunzio a dare una carrellata di quanto vissuto nella pandemia, situazione in cui abbiamo sofferto direttamente o indirettamente anche per le persone che amiamo, e non voglio ricordarvi i momenti, le immagini, gli episodi di questa incredibile guerra vicina a noi.

Ciò che resta centrale in questa situazione: la persona umana con i suoi dolori, le sue paure, gli atti di eroismo, i suoi comportamenti che provocano gioia o smarrimento, il suo stare al bivio tra umano e disumano.

Il 24 giugno presso l’università cattolica di Lublino c’è stato un incontro tra rettori delle principali università. Il rettore dell’Università il Prof. Miroslaw Kalinowski nel suo intervento ha fatto notare come le discussioni sul tema dell’incontro “Scontri di valori” ha messo in luce le potenzialità del cuore umano. “Anche se possiamo essere divisi dal credo e dalla religione, - ha detto - quando pensiamo con la categoria del cuore, ci sono più vicine le categorie umane e umanistiche, che ci rendono sensibili alle altre persone”. Mi sento pienamente in sintonia con quanto è qui affermato.

Qualcosa che a volte ci sfugge è il fatto che la persona umana è libera di esercitare la sua libertà, secondo i valori che si porta dentro e le situazioni che ha vissuto.

Per questo restiamo ammirati per i comportamenti di chi sa restare accanto a chi soffre, di chi sa dimenticarsi per un bene comune, di chi si assume le proprie responsabilità, di chi sa arrivare al sacrificio della propria vita per il bene di un altro.

Allo stesso tempo si susseguono avvenimenti dove il nome di alcune persone (Elena del Pozzo) o di luoghi (Mariupol, Bucha, Motyzhyn ...) evocano in noi un’eco dolorosa sul male che la persona può fare. Certe situazioni sono sempre esistite (e le tragedie greche ce ne parlavano) ma non pensavamo che questo potesse accadere anche oggi: genitori che uccidono, figli che massacrano i propri genitori, il non rispetto per il nemico vinto e imprigionato, la violenza su chi non è in grado di difendersi, l’ostentazione del male che si fa, il superare certe linee ostentando indifferenza e sicurezza.

Ci si chiede: dov’è la caratteristica di ciò che è umano, quale è l’origine di certi comportamenti … Più che la sorpresa e la sofferenza restano in noi lo smarrimento e la domanda.

La persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, ha la responsabilità di realizzare il progetto della sua esistenza, sviluppando i doni ricevuti (ragione, affettività, volontà, un’anima immortale …). Ognuno si trova quindi sempre nella situazione di dover scegliere: realizzare o dimenticare la sua umanità, essere generatore di vita, custode e difensore oppure essere distruttore, perdendo di vista il valore della vita e l’umanità, nei confronti del proprio simile e nei confronti della natura.

Papa Francesco sembrava aver previsto quanto sta accadendo invitando tutti a ritrovarsi, a procedere insieme (Fratelli tutti) e a contribuire alla custodia del creato (Laudato si’).

Sgomenta il cambio geopolitico avvenuto, il venir meno di un terreno promesso dalla nascita delle Nazioni Unite, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dal non capire più dove siano andati a finire gli obiettivi delle Nazioni Unite, le Convenzioni, i valori riscoperti e rafforzati, dopo la seconda guerra mondiale, in una progettazione multiculturale. Scoraggia assistere alla violenza legittimata dai governi (gli stessi che fanno parte delle Nazioni Unite …), i muri e i fili spinati che si ergono nei confronti di chi si trova in difficoltà, la violenza che dilaga impunemente. Sembra di oscillare continuamente tra l’umano e il disumano.

In particolare ciò che è venuto a mancare è il rapporto umano reso più difficile per vari motivi. Ed è questa una delle carenze più forti che toccano i bambini, i giovani e gli esseri più deboli. Il rapporto con l’altro è ciò che aiuta a sentirsi persone, nello scambio reciproco di ciò che siamo, il guardarsi in faccia mentre ci si ascolta e si esprime il proprio pensiero.

Penso alla fatica e al percorso di ognuno, al senso che ogni essere umano ha in questa vita. Per questo occorre ripartire dalla valorizzazione di ognuno, da quello che ciascuno è, che è in grado di dare, aiutando ad essere consapevoli che ciascuno di noi è un progetto di Dio, da realizzare su questa terra riscoprire insieme il significato di bene comune.

Ho lavorato e seguito da vicino, per anni, i giovani: nella scuola, nel tempo libero, nello scoutismo, nel volontariato, negli stage realizzati alle Nazioni Unite e sempre ho imparato qualcosa di fondamentale: l’importanza di valorizzare ciascuno indipendentemente da altri aspetti (età, sesso, stato sociale, scelte di vita).

Ho imparato che ciascuno è un valore, necessario, non transitorio, un valore che lascia traccia in quel momento e nel futuro di ognuno. È necessario però che la persona ne sia cosciente.

Occorre ripartire con forza dai giovani, da ciò che di giovane c’è in ciascuno, non avendo paura di chiedere il massimo. L’esperienza mi ha mostrato che a chi si chiede il 100% arriva al 95%, e a chi (per timore di chiedere troppo) si chiede il 50% arriva più o meno, con difficoltà, al 10%. Esempi al riguardo ne ho molti e significativi.

I giovani e le persone (aggiungerei) sono capaci di cose grandi che ti sorprendono sempre, per lo slancio e la generosità: i giovani in particolare non hanno ancora niente da difendere se non la libertà di movimento e la libertà di parola. Togliete queste due libertà è assicurate la rivoluzione. Gli adulti difendono ciò che hanno faticato a conquistarsi, ciò di cui si sentono responsabili, ciò che li tocca da vicino e che tocca tutti. Rafforzare o recuperare i diritti che assicurino, accanto allo sviluppo tecnologico, lo sviluppo morale e i valori della democrazia, tolleranza, rispetto della vita comune e sicurezza è quanto ciascuno si aspetta da questo periodo di transizione.

Non mi stancherò, finché vivo, di sottolineare come l’educazione sia lo strumento più significativo per realizzare quanto ho detto, mettendo in pratica i suoi elementi essenziali: promozione o scoperta delle risorse (o possibilità) di ognuno (valorizzare?), accompagnamento (o rafforzamento di queste possibilità) e intervento per prevenire o rettificare.

C’è un insegnamento di Papa Francesco che mi porto dentro con forza: «Coltiviamo in noi il vero, il bene e il bello; e impariamo che queste tre dimensioni non sono mai separate, ma sempre intrecciate. Se una cosa è vera, è buona ed è bella; se è bella, è buona ed è vera; e se è buona, è vera ed è bella”.

Lo avverto come un insegnamento di vita che aiuta per un confronto e una condivisione con amici e persone di buona volontà. Mai come in questo periodo si è compresa l’importanza della relazione umana, il suo valore e di come vada potenziata perché ciascuno possa rispondere al perché siamo stati creati e salvi sempre in sé stesso e negli altri la ricchezza dei suoi valori umani.▣

Insegnamenti di Papa Francesco.

“Il tutto è superiore alle parti” si trova in Evangelii Gaudium e in Laudato si’.

  1. La pandemia ha messo in risalto quanto siamo tutti vulnerabili e interconnessi. Se non ci prendiamo cura l’uno dell’altro, a partire dagli ultimi, da coloro che sono maggiormente colpiti, incluso il creato, non possiamo guarire il mondo.
  2. È da lodare l’impegno di tante persone che in questi mesi stanno dando prova dell’amore umano e cristiano verso il prossimo, dedicandosi ai malati anche a rischio della propria salute. Sono degli eroi!
  3. Il coronavirus non è l’unica malattia da combattere, ma la pandemia ha portato alla luce patologie sociali più ampie. Una di queste è la visione distorta della persona, uno sguardo che ignora la sua dignità e il suo carattere relazionale. A volte guardiamo gli altri come oggetti da usare e scartare.
  4. Nella luce della fede sappiamo, invece, che Dio guarda all’uomo e alla donna in un altro modo. Egli ci ha creati non come oggetti, ma come persone amate e capaci di amare; ci ha creati a sua immagine e somiglianza.
  5. In questo modo ci ha donato una dignità unica, invitandoci a vivere in comunione con Lui, in comunione con le nostre sorelle e i nostri fratelli, nel rispetto di tutto il creato.
  6. Chiediamo, dunque, al Signore di darci occhi attenti ai fratelli e alle sorelle, specialmente a quelli che soffrono. Come discepoli di Gesù non vogliamo essere indifferenti né individualisti questi sono i due atteggiamenti brutti contro l’armonia.
  7. L’essere umano, infatti, nella sua dignità personale, è un essere sociale, creato a immagine di Dio Uno e Trino. Noi siamo esseri sociali, abbiamo bisogno di vivere in questa armonia sociale, ma quando c’è l’egoismo, il nostro sguardo non va agli altri, alla comunità, ma torna su noi stessi e questo ci fa brutti, cattivi, egoisti, distruggendo l’armonia.
  8. Guardare il fratello e tutto il creato come dono ricevuto dall’amore del Padre suscita un comportamento di attenzione, di cura e di stupore. Così il credente, contemplando il prossimo come un fratello e non come un estraneo, lo guarda con compassione ed empatia, non con disprezzo o inimicizia.
  9. Mentre tutti noi lavoriamo per la cura da un virus che colpisce tutti in maniera indistinta, la fede ci esorta a impegnarci seriamente e attivamente per contrastare l’indifferenza davanti alle violazioni della dignità umana.
  10. La fede sempre esige di lasciarci guarire e convertire dal nostro individualismo, sia personale sia collettivo; un individualismo di partito, per esempio.

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