Il “sogno” di Bagnasco

Alvaro Bucci

Ha avuto una rilevante attenzione, sia pure per un giorno come di solito, il sogno del card. Angelo Bagnasco, presidente della CEI, di veder “sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici” che “sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti”. Un sogno espresso a conclusione della sua prolusione alla riunione del Consiglio Permanente CEI del mese di gennaio scorso, in cui ha inteso incoraggiare i cattolici impegnati in politica “ad essere sempre coerenti con la fede che include ed eleva ogni istanza e valore veramente umani”.

L’impegno dell’Azione Cattolica

Mi sembra che solo la Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica abbia colto responsabilmente il “sogno”, affermando in una nota di sentirsi interpellata ed impegnata ad accogliere “l’invito del cardinale Angelo Bagnasco a costruire una nuova stagione politica”. Non poteva essere diversamente, considerate le finalità e la storia dell’AC, sempre orientata ad assicurare ai fedeli laici aderenti una formazione adeguata ad essere efficacemente presenti, guidati dallo Spirito, nella comunità ecclesiale e nella società civile.

Ritengo pertanto che una delle condizioni fondamentali perché quel “sogno” del card. Bagnasco diventi realtà sia rappresentata da una decisa diffusa ripresa dello sviluppo dell’AC. Mi sembra, invece, che siano rimasti ancora largamente disattesi i contenuti della ben nota “Lettera” dell’aprile 2002 con cui i Vescovi italiani riconoscono come l’AC rappresenti “una grande risorsa per la Chiesa in Italia”, chiedono in particolare ai parroci “di stimare e di promuovere l’Azione Cattolica” e rivolgono ai confratelli Vescovi “l’invito a voler offrire all’AC sacerdoti assistenti qualificati, posti in condizione di rendere un servizio generoso”.

L’impegno della Chiesa

Ma non basta, ovviamente, l’impegno dell’AC, perché è principalmente dovere della Chiesa di “formare i cristiani, in particolar modo i laici, ad un coerente impegno, fornendo non soltanto dottrina e stimoli, ma anche adeguate linee di spiritualità”, come precisato nel documento “La Chiesa italiana e le prospettive del Paese” diffuso nell’ottobre 1981 dal Consiglio Permanente della CEI. La Chiesa e le sue comunità locali – infatti, secondo lo stesso documento – “hanno il dovere primario di richiamare il compito dei cristiani di mettersi a servizio per l’edificazione di un ordine sociale e civile rispettoso e promotore dell’uomo”.

E non va dimenticato che è “patrimonio ecclesiale la coscienza di dover educare al sociale e al politico, e le comunità cristiane devono sentirlo come loro compito, pena una evangelizzazione monca” come è ribadito nella nota pastorale CEI del 1998 “Le comunità cristiane educano al sociale e al politico”.

Altra condizione fondamentale, infine, sta nell’assumere la consapevolezza, da parte dei pastori e delle comunità, che la Dottrina sociale della Chiesa è parte essenziale del messaggio cristiano e che la formazione su tale strumento non può rappresentare un momento occasionale di specializzazione, ma parte “quotidiana” della pastorale ordinaria.

Febbraio 2010