Democrazia e Istituzioni

Semipresidenzialismo da rimandare

Nino Labate

da EUROPA - Commenti

15 giugno 2012

Cari amici cattolici democratici, ho seguito il dibattito che ha fatto seguito all’emendamento Berlusconi sul semipresidenzialismo. Giocato a poker senza ritegno contro la nuova legge elettorale. I limiti del Porcellum sono noti. Non c’è stata migliore definizione: una vera “porcata”. E confido in una sua urgente modifica assieme al pacchetto di riforme già in cantiere. Ma con poche speranze dal momento che in cambio è stato irresponsabilmente richiesto il gollismo francese. Su cui, presumo, la stragrande maggioranza di italiani e una parte dei cattolici sono contrari.

La domanda è la seguente: è questo il parlamento gregario che eventualmente dovrebbe essere chiamato ad approvare la riforma costituzionale e con essa la Terza repubblica? Il dibattito che ha fatto seguito, anche nella recente direzione del Pd, mi ha rincuorato: «I tempi sono lunghi… pensiamo alla legge elettorale». Avrei però preferito che si entrasse nel merito. Consapevoli infatti che si tratta di una riforma che segnerà il futuro della democrazia italiana la cui visibile crisi non rimanda necessariamente al cesarismo. Con le appartenenze ormai preda delle emozioni, e con una società educata per venti anni a curare il proprio orticello e il proprio edonismo, questo emendamento, pur mascherato di governabilità, potrà anche in seguito nascondere qualche tentazione autoritaria. Esagerazione? Può darsi. Benché la nostra cultura cattolico democratica di provenienza, rigetta qualunque forma di centralismo politico e istituzionale, privilegia la collegialità al posto del decisionismo solitario e la coscienza politica al posto della scienza politica, sono però in buona compagnia quando chiedo chiarimenti sui contrappesi, a partire dal parlamento e arrivando alla corte costituzionale, prima di affidare le redini del paese a un “capo-cocchiere” eletto dal 50% degli elettori e col 30% di consensi.
La vulgata storiografica del pensiero politico cattolico non ha mai concesso molto al suo riformismo. Molto di più al conservatorismo o al moderatismo. Quest’ultimo tornato di moda senza essere ben definito, proprio quando i ceti medi e la borghesia prendono l’ascensore in discesa. Sapete che non è stato così. Lo stesso “bolscevico” Dossetti era convinto che la Costituzione potesse essere «suscettibile di singole modificazioni o completamenti omogenei». Ma mai stravolta, o cambiata tout court, come pretendevano alcuni “saggi” riuniti in una baita del Cadore. Dossetti cercava garanzie. Garanzie che deve fornire un parlamento forte, in grado di bilanciare l’elezione diretta del presidente.
Osservo allora che sugli equilibri tra i poteri canonici della nostra democrazia costituzionale, e sui contrappesi necessari per controllare un esecutivo forte, se ne è parlato poco. Si è parlato solo (e molto) – specie a destra – dei poteri del presidente una volta eletto direttamente. Assente del tutto la funzione che potranno esercitare i cittadini governati da un presidente dotato di maggiori poteri. Dall’ultima bicamerale son trascorsi 15 anni. Un periodo di tempo i cui cambiamenti sono da paragonare a mezzo secolo di storia economica, sociale e culturale. Basti solo lo sviluppo del web e l’eurozona. Vi chiedo se a distanza di 15 anni vi sembra ragionevole pensare che un «uomo solo al comando» possa governare i cambiamenti di portata epocale che ci stanno di fronte.
Il consociativismo non c’entra. C’entra invece che nessuna formula raffinata di calcolo infinitesimale è in grado di predire quello che succederà fra soli 5 anni. Mentre al momento noi continuiamo a divertirci con il supermercato delle liste civiche – parodia del pluralismo – e con quei nuovisti del nichilismo antipolitico, della “fine della storia” e delle esperienze umane da rottamare. Tenete duro. Rimandate. Ci saranno tempi migliori per il semipresidenzialismo. Ma oggi concentratevi solo sulla legge elettorale.
Questo è il tempo di riflettere molto prima di compiere qualunque scelta.

 

Culturalmente dispersi e frammentati nel paese, nelle città e nelle parrocchie; nell’associazionismo minuto e in quello storico; nelle tante fondazioni e centri di studio, nei movimenti più o meno laici e in quelli più o meno cattolici, ci siamo illusi che questa sia la vera ricchezza del cattolicesimo democratico. Storicizzato il politico, sapete che se ciò rimane vero per il sociale, è falso per il culturale.

 

Le “mille isole felici” autoreferenziali, conducono infatti alla dispersione di intelligenze e risorse. Alle divaricazioni della ricerca. Mentre invece questo è tempo di studio, collegiale e alla pari, come suggeriva Zaccagnini. Senza nostalgie di un passato politico unito, irripetibile. Perché a questo cattolicesimo culturale l’attende un solo compito: filtrare la nobile tradizione di pensiero e prendere ciò che di buono è rimasto del rapporto fedepolitica, per consegnarlo con umiltà e senza dogmatismi alla democrazia del paese.
I media non ne hanno parlato, ma appena un paio di settimane fa un gruppo di 25 associazioni di cattolici democratici riuniti a Roma alla Domus Pacis attorno al nascente portale C3 dem, ha fatto propria la lezione di Lazzati sulla “condizione preliminare” dell’agire politico per i cristiani laici. Che «è quella del pensare». E ci stanno provando. Speriamo solo che anche in questa lodevole iniziativa non ci sia voglia di leadership e che nessuno voglia esercitare egemonia. Anche perché non hanno in testa nessun partito, nessuna lista civica e nessuna corrente. Ma proprio per questo non dovrebbero essere lasciati soli. A partire dalla riforma costituzionale da cui hanno preso le distanze.

 

 

Etica e verita’ in democrazia”

presentazione del libro di Guido Formigoni

GORIZIA

Venerdì 1 giugno 2012 -  ore 17:30

Aula Magna del Convitto Universitario

via V. Veneto, 185

Centro Studi "sen. A. Antonio Rizzatti" -  Gorizia, aderente alla rete cattolico-democratica denominata:

in collaborazione con:

  • Azione Cattolica Italiana – Diocesi di Gorizia
  • AGIRE POLITICAMENTE del Friuli Venezia Giulia
  • CRISTIANO SOCIALI - FVG

In occasione del 50° del Concilio avviato da Papa Giovanni XXIII, stiamo organizzando una serie di incontri sui tempi principali attinenti il rapporto tra fede e politica, tra laici e cattolici; iniziamo con la presenza di uno dei principali studiosi italiani:

prof. Guido FORMIGONI

docente di Storia contemporanea all’Università IULM di Milano

da poco eletto presidente della Rete Cattolico-democratica denominata:

“Concilio, costituzione, cittadinanza – Per una rete tra cattolici e democratici”

Presenteremo il suo libro:

Etica e verita’ in democrazia”

a cura di Città dell’uomo, Edizioni In Dialogo, Milano 2012

scritto insieme a Michele Nicoletti e Luigi Franco Pizzolato

La presentazione sarà introdotta da don Renzo Boscarol, assistente diocesano di Azione Cattolica e direttore di “Iniziativa Isontina”, che presenterà gli interventi di mons. Andrea PANGRAZIO, arcivescovo di Gorizia  (1962-67), nella veste di segretario dell’Ufficio Comunicazioni per l’ Episcopato italiano  al Concilio Vaticano II.

Seguiranno interventi di esponenti delle associazioni regionali aderenti alla RETE:

  • Franco CODEGA Trieste;
  • Daniele CORTOLEZZIS Udine
  • Claudio CUDIN Pordenone
  • Alberto LANDRI Gorizia

Presiede e coordina l’incontro Federico VIDIC, Presidente del centro Studi “sen. A. Rizzatti”.

Seguirà dibattito: la cittadinanza è cordialmente invitata

AL TERMINE DELL'INCONTRO SI TERRA' UN MOMENTO CONVIVIALE CON LA PARTECIPAZIONE DI ESPONENTI DELLA RETE DELLA IN AMBITO REGIONALE E DI ALCUNI DEI PROTAGONISTI DEL CATTOLICESIMO DEMOCRATICO GORIZIANO.

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Dare credito al futuro

nuove regole, nuovi comportamenti, nuovi stili di vita

Modena

venerdì 22 giugno 2012 alle ore 18.00

Sala conferenze del Palazzo Europa - via Emilia Ovest 101

 

Introduce:

  • Giuseppina Caselli, Direttore Caritas diocesana di Modena-Nonantola
Intervengono:
  • Francesco Profumo - Presidente della Banca Monte dei Paschi di Siena
  • Don Virginio Colmegna - Presidente della Fondazione Casa della Carità di Milano
Conclude:
  • Gianpietro Cavazza, Presidente Centro culturale F. L. Ferrari

Evento organizzatoa da:

  • CENTRO CULTURALE FRANCESCO LUIGI FERRARI
    Via Emilia Ovest 101 - 41124 Modena
    tel. 059 334537 - fax 059 827941 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.centroferrari.it
  • Caritas diocesana di Modena-Nonantola
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L'Europa difficile

Rossana Rossanda

da Il Manifesto, 3 luglio 2012 

Nel nostro forum «Un'altra strada per l'Europa» del 28 giugno a Bruxelles, la prima sessione ha avanzato delle proposte in larga parte convergenti sui limiti da porre al dominio della finanza e alle banche, e sugli interventi d'emergenza per i paesi colpiti dalla speculazione. Come è noto, il Consiglio europeo, che si svolgeva in contemporanea, ne recepiva una parte minima. È altrettanto noto che la stampa ha inneggiato a questo minimo – azione «antispread» e unione bancaria – con toni trionfalistici, attribuendolo al passaggio della presidenza della repubblica francese del liberista Sarkozy al socialista (se non keynesiano) Hollande, e al salto del liberista Monti da alleato con la Germania ad alleato con la Francia, la Spagna e l'Italia. Vittoria dei paesi del sud, hanno strillato, tale e quale come all'Euro 2012 del football. La signora Merkel ha incassato e ha fatto incassare anche al Bundestag il modesto passetto indietro...
Tutto questo è avvenuto nella sede della Ue ma fuori da ogni procedura comunitaria, perché non è scritto da nessuna parte che le decisioni continentali si debbano al cambiare di orientamento dei governi di un paio di nazioni. Qualche giorno prima un documento di Van Rompuy e Barroso faceva capire che la Commissione sentiva arrivare le proteste e cercava di farvi fronte con il minimo di concessioni, anzi con un elevarsi del prezzo da pagare da ciascun paese in cambio di un aiuto.
Al nostro forum, Susan George ne rivelava il meccanismo e nella seduta dedicata a «Una Europa democratica» ci mettevamo reciprocamente in guardia dalle ambiguità della domanda di «più Europa»: in bocca alla Germania e alle nazioni del nord significa più intrusione della Troika nel comportamento nazionale dei più deboli quando chiedono aiuto (si pensi al fatale Memorandum imposto alla Grecia) mentre per noi significa più partecipazione delle nazioni alle decisioni comunitarie, aiuti compresi.
Ma su questo tema neanche il nostro forum ha fatto consistenti passi avanti. Il nostro richiamo a «più democrazia» si trova di fronte a due spinte opposte. La prima, esplicita, è quella del gruppo Spinelli, che da anni ripropone la sua linea per un'Europa federale e sovranazionale, una strada giusta ma declinata più sul fronte tecnocratico che su quello della partecipazione. La seconda è la spinta populista che si mostra in quasi tutte le elezioni nazionali, verso un furioso distacco dalla Ue e la ripresa da parte di ogni paese della sua libertà d'azione, a ricominciare dalla propria moneta. Non per caso si dice «crisi dell'Europa» e «crisi dell'euro» come se fossero la stessa cosa.
A torto? Non del tutto a torto. Essi rivelano il carattere un po' mostruoso della comunità europea attuale, assai più simile alla «Europa delle patrie» cara a de Gaulle che a una comunità effettiva di stati, decisi a mettere in comune i loro fondamentali indirizzi; oggi la Ue governa con alcune sue leggi fortemente costrittive – nate con il Trattato di Maastricht e imposte con i vari «Patti» su stabilità, crescita e politica fiscale – su paesi di tutt'altra forza, dimensioni, composizione sociale, situazione fiscale e diritti contrattuali. I trattati infatti, loquaci in tema di diritti umani e politici, sono singolarmente muti o vaghi quando si tratta di diritti sociali, – vulgo, quando si tratta di concordare il portafoglio. 
Di qui nasce la difficoltà. La netta distinzione fra economia e politica, rivendicata quando avevamo in Berlusconi l'uomo più ricco e insieme la figura politica più potente d'Italia, non impedisce affatto che la proprietà dei capitali abbia il sopravvento sui principi politici sbandierati dai trattati: oggi lo stesso «diritto politico» ha un significato diverso per un cittadino tedesco e un greco, perché agisce su un europeo sicuro (o quasi) della propria sopravvivenza e su un cittadino europeo che se la vede del tutto regolarmente negata o in pericolo. Mentre infatti i diritti politici sono uguali, almeno in linea di principio, per tutto il continente, i diritti sociali sono diversi, anzi tali sono pretesi dalla libertà di mercato. Non che l'omologazione sarebbe impossibile, ma implicherebbe un controllo del movimento dei capitali e un fermo alla «deregulation» che l'Europa, nel suo delinearsi sotto la bacchetta liberista, ha rifiutato. Lo scandalizzarsi che, in quasi tutti i paesi, si affacci o avanzi l'estrema destra antieuropea è grandemente ipocrita: esso avviene in regioni o zone dove, nel silenzio della commissione e dei trattati, ingenti capitali arrivano, agevolati dallo stato in ingresso, utilizzano una manodopera già in gran parte formata e poi spariscono, andando in cerca di un altra massa lavorativa altrove più a buon prezzo di tre, quattro, sei volte, e lasciando a terra, affidata al soccorso pubblico, la forza di lavoro prima impiegata. E con essa interi borghi o quartieri di grosse città. O regioni... Ieri l'altro l'Unesco ha iscritto nel «Patrimonio dell'umanità» l'intero bacino minerario del Pas de Calais, come i mausolei in pericolo a Timbuctu – succede con le civiltà spente. Ma la gente del Pas de Calais non è spenta, le miniere sono scomparse sotto i piedi, è senza lavoro ed è grazie a Mélenchon se non ha votato maggioritariamente per il Fronte Nazionale che diceva la verità sulle sue condizioni materiali, e agitava una riscossa antieuropeista del tutto improbabile.
È assai duro il conto che l'attuale Unione Europea presenta a coloro che il libero mercato getta fuori dall'ascensore sociale. Sia ad opera dei più potenti e competitivi all'interno del continente (la competitività si fa innovando il prodotto o, quando la proprietà non vuole spendere, cercando di pagare salari sempre più bassi), sia ad opera dei paesi emergenti, dove i salari già bassi sono e i capitali raccolti sul super sfruttamento di una forza di lavoro senza contratti fanno incursione in un Europa apertissima, ne acquistano il know how e ne sfruttano le infrastrutture, salvo poi tornare a casa propria lasciando il deserto nelle regioni che abbandonano e al loro stato di pagare l'assistenza ai disoccupati. Del resto neanche i sindacati europei si danno molto da fare a unificare la loro azione fra un paese e l'altro, neanche contro lo stesso padrone, e neppure per far fronte a una crescente disoccupazione in tutti i paesi - per non parlare delle sinistre politiche, del tutto assenti. Al nostro Forum, dove hanno fatto capolino alcune di esse, di sindacati non se ne sono visti, eccezion fatta per la Fiom di Landini, che ha parlato in nome proprio. E la fantomatica Ces, la Confederazione europea dei sindacati, che esiste da prima della Ue, ma la cui presenza in qualsiasi lotta è del tutto impercettibile. 
Di qui la difficoltà di discutere, anche fra chi vorrebbe farlo, di una democrazia reale in Europa. E la sensazione che non si tratta soltanto di lubrificare i meccanismi esistenti. Di più, di qui la percezione paradossale che democrazia politica europea sarebbe più difesa dal passare delle riforme «economiche» contro gli impedimenti posti a un ruolo della Bce nel finanziamento dei debiti degli stati, o all'obbligo delle banche di separare le attività speculative da quelle di deposito, che non dalla ripetuta enunciazione dei trattati, per non parlare della Corte di giustizia; o dal ricorso a questo o quell'altro meccanismo elettivo.
In verità il capitale è già oggi transnazionale (è la sua natura da sempre), mentre il lavoro è stretto nei perimetri nazionali. Il capitale svolazza, entra ed esce dall'Europa, mentre il lavoro ha la mobilità dei corpi, degli affetti, delle famiglie, della casa, del tessuto di relazioni di una vita - non si trasferisce in tempo reale per via informatica. Il termine «diritto di lavorare» invece che «diritto a un lavoro» – cioè a un salario, cioè a vivere – è stato e resta la trappola giuridicista che ha difeso la Ue e i suoi trattati dalla realtà. E che oggi alimenta contro di essa le estreme destre che spuntano da tutte le parti. Sarebbe ora che i costituzionalisti italiani, che si dibattono nella difesa della nostra Costituzione dagli attacchi regolari della proprietà, regolarmente votati da un parlamento per modo di dire, si rendessero conto che siamo legati a filo doppio alla povera democrazia dell'Europa. E mettessero mano a quella divisione fra economia e politica che i più ritengono assicurata dalle misure individuali contro il «conflitto di interessi», mentre l'«economia» continua a divorarsi le radici della «politica» come un fiume in piena che trapassa invisibilmente tutte le frontiere.
Sul Sole-24 Ore di domenica Guido Rossi osservava con ragione che il problema del debito e le mosse del Consiglio, come quelle del 28 e 29 scorsi, non sono «economici» ma «politici». Finché non se ne saranno convinti parlamenti, partiti e cittadini tutti, non avremo un'Europa democratica.
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Articolo riferito da "Economia Democratica"

NO AL NOME NEI CONTRASSEGNI DI LISTA

Sulla riforma elettorale [1]

Roma, 23 novembre 2011; 11 luglio 2012

Il 23 novembre 2012 i Comitati Dossetti per la Costituzione lanciavano e proponevano alla firma dei cittadini un “APPELLO CONTRO IL CULTO DELLA PERSONALITA’ NEI SIMBOLI ELETTORALI”, appello che, ripreso in vari siti web, registrava in breve tempo un alto numero di adesioni. Nel momento in cui, anche per la pressante sollecitazione del Presidente Napolitano, le forze politiche si apprestano a discutere in Parlamento una riforma della legge elettorale, i Comitati Dossetti ripropongono il medesimo appello, lo inviano a tutti i parlamentari della Repubblica, lo raccomandano ai media che hanno la responsabilità di informare i cittadini di quanto sta loro per accadere,  sottolineando che, quale che sia il sistema elettorale scelto, è di vitale importanza per la democrazia e per il Paese che si esca dalle pratiche personalistiche e plebiscitarie che negli ultimi vent’anni hanno funestato il Paese.

Questo è il testo dell’appello quale viene oggi riproposto:

APPELLO CONTRO IL CULTO DELLA PERSONALITA’ NEI SIMBOLI ELETTORALI

ai parlamentari che si accingono a cambiare la legge elettorale e a tutti i cittadini

Per risanare il sistema democratico dai mali contratti in questi anni, i Comitati Dossetti per la Costituzione chiedono che nella prossima riforma della legge elettorale, oltre al ripristino della scelta dei rappresentanti da parte dei cittadini e all’abolizione dell’esorbitante premio di maggioranza oggi previsto per la Camera, venga incluso il divieto di contrassegni di lista recanti un nome di persona. L’esperienza ha dimostrato come abbia alterato la qualità della vita democratica la personalizzazione della lotta per la guida politica del Paese, basata sul pregiudizio ideologico secondo cui il capo politico incorporerebbe in sé tutto il popolo, quando invece questo nella varietà dei suoi interessi e dei suoi ideali è pienamente rappresentato solo dal Parlamento. La mancanza di un nome nel simbolo non significa sottrarre al popolo la scelta del governante migliore possibile, ma significa che il governo della legge e non il governo degli uomini d’eccezione è il connotato della democrazia. Resta infatti la verità del detto attribuito a Socrate da Platone nella “Repubblica”, e ricordato da Kelsen a suffragio della tesi che “la democrazia è un regime senza capi”: alla domanda su come in uno Stato ideale dovrebbe essere accolto un uomo dotato di qualità superiori, un “genio”, il filosofo greco rispondeva: “Noi l’onoreremmo come un essere degno di adorazione, meraviglioso ed amabile, ma dopo avergli fatto notare che non c’è uomo di tal genere nel nostro Stato e che non deve esserci, untogli il capo e incoronatolo, lo scorteremmo fino alla frontiera”.

La rinunzia al proprio nome nel contrassegno di lista rappresenterebbe per i leaders politici quel “passo indietro” che per il ripristino della pienezza democratica, come si è ritenuto, era richiesto non solo a Berlusconi, e sarebbe una convalida degli art. 49 e 67 della Costituzione secondo i quali a tutti i cittadini tocca concorrere a determinare la politica nazionale e i parlamentari non sono gravati da vincolo di mandato; il continuo richiamo a un’investitura popolare del capo ha infatti determinato nel senso comune la convinzione che i membri del Parlamento dipendano da un mandato imperativo dato dall’alto, al punto che sono stati accusati di tradimento quei membri della ex maggioranza che hanno fatto venir meno, come è del tutto legittimo, il loro voto al governo Berlusconi, e che sia stato bollato come “golpe” qualunque tentativo del Parlamento di stabilire una diversa guida richiesta dal Paese.

I firmatari e le firmatarie di questo appello ricordano inoltre la natura politica e non tecnica del risanamento necessario delle finanze pubbliche, che deve avvenire salvaguardando i soggetti più deboli, senza distorsioni elettoralistiche, promuovendo l’occupazione e mirando a un incremento a beneficio di tutti delle ricchezze del Paese, a norma degli art. 23, 35, 37, 41, 53 e 75 della Costituzione.

Raniero La Valle, prof. Luigi Ferrajoli, prof. Mario Dogliani, Domenico Gallo, prof. Umberto Allegretti, prof. Gaetano Azzariti, prof. Lorenza Carlassare, prof. Alfonso Di Giovine, prof. Alessandro Pizzorusso, prof. Sergio Bartole, prof. Francesco Zanchini, Carla Ravaioli, Alessandro Baldini, Francesco Di Matteo, Maurizio Serofilli, Francesco Domenico Capizzi, Giancarla Codrignani, Giuseppe Campione, Enrico Peyretti, prof. Adriano Prosperi, prof. Nicola Tranfaglia, Ettore Masina, Nanni Russo, Patrizia Cecconi, Walter Vitali, Claudio Nunziata, Antonio Alibrandi, Riccardo Lenzi, Nino Lisi, Marco Leonardi, Francesco De Notaris, Marco Cicerone, Giovanni Sarubbi, direttore del “Dialogo”, Pier Luigi Trigila, Gian Carlo Poddine, Carmen Plebani, Nandino Capovilla, Augusto Cacopardo, Silvio D’Amico, Paolo Bertezzolo, Michelangelo Chiurchiù, Luciano Corradini, Gianni Macchioni, Rudi Ghedini, Roberto Torelli, Alessandra Li Destri, Caterina Li Destri, Maria Grazia Niutta, Alessandro Parola, Ettore Cirillo, Alberto Albertini, Roberto Caranzano, Maria Teresa Vallefuoco, Redazione di “Lucidamente”, Alida Chiavenuto, Franco A. Grassini, Renato Pucci, Marco Jacoviello, Anna Iannucci, prof. Giovanni Bianco, Giuseppe Maria La Barba, Biagio Ricceri, Paolo Bertagnolli, Nara Zanoli, Giuseppe Ruggieri, Fabrizio Truini, Angelo Cifatte, Umberto Andalini, Maria Paola Zunino, Giacoma Cannizzo, Pierluigi Sorti, Angelo Bertani, Maria Serena Bertani Marini, Marianella Pirzio Biroli Sclavi, Cristiano Zironi, Alessandra Visani, Luca Alessandrini (Istituto Parri Emilia Romagna) Pier Giorgio Maiardi, Daniele Curina, Giuseppe Licandro, Francesco Porta, Maria Giulia Battelli, Aldo Bacchiocchi, Bice Foà Chiaromonte, Sandra Zampa, Gianluigi Meandri, Donato Barbone, Silvia Iolli, Ivano Ronchetti, Otello Ciavatti, Fausta Garavini, Giorgio Tassinari, Alfonso Sabin, Andrea Di Meo, Pasquale Colella (”Il Tetto”), Giovanni Tarantino, Giorgio Baiocchi, Roberto Olivero Del Castillo, Domenico Bilotti, Sergio Acquilino, Massimo Falchi, Lauro G. Magnani, Fausta Deshormes, Mauro Bortolani, Antonia Sani, Piero Racca, Gabriele Sorrenti, Roberto Amoretti, Luciano Laverda, Roberto Tumminello, Paolo Venco, Giorgio Sacchetto, Giancarlo Bussola, Roberto Prossomariti, Franco Zunino, prof. Giampaolo Guaraldi, Telemaco Portoghesi Tuzi, Saverio Luzzi, Alberto Quarantotto, Filippo Senatore, Michele Debegnach, Antonio Cormano, Giosuè Cuccurazzo, Franca Zanelli Quarantini, Osita Bordi, Dario Narini, Fr. Fabrizio Zaccarini, Marco Bertani, Aldo Rotolo, Maria Longo, Dmitrij Palagi, Gianni Guasto, Luisa Marchini, Luigi Pizzato, Bartolo Anglani, Carminella Biondi, Raffaello Zini, Adriana Merenda, Gerardo D’Errico, Giovanni Vecchi, Franco Barbuto, Marco Marini, Mario Cocco, Patrizia Angelotti, Pietro Pertici (Tavola della pace e della cooperazione), Nino Raviotta, Armando Gualandrini, Stefano Colonna, Sergio Ruggieri, Marina Marini, Edoardo Corrieri, Maria Bonaria, Lucia Pigliaru, Francesca Pigliaru,  Margherita Soma,  Francesco Baicchi, Maurizio Michelini, Elio Tavilla, Pasquale De Sole, Antonio Mammi, Mario Dabbicco, Alessandra Falchi, Bruno Giangiacomo, Guido Frosina, Vincenzo Zacchiroli, Francesco Nicotra, Federico Vignale, Sandro De Santis, Rocco Artifoni, Paolina Dolci, Pier Domenico Ciullini, Antonio Sabattella, Paolo Staffiere, Saverio Aversa, Francesco Carchedi, Vladimiro Severini, prof. Silvia  Buzzelli, Giorgio Giordani, Antonio Caputo (Movimento d’Azione Giustizia e Libertà), Giuseppe Delfrate, Adele Repola, Teresa Benedini, Raffaele De Francesco, Umberto Romagnoli, Nuccio Lodato, Gianni Tugnoli, Luigi De Rosa, Giuseppe Orizio, sindaco di Castegnato (BS), Sergio Fogagnolo, Antonio Luvaro, Katia Zanotti, Maria Ricciardi Giannoni, Liberacittadinanza, Salvatore Petrucci, Elena Cianci, Salvatore Nocera, Paolo Cavalieri, Carmelo Giuseppe Nucera, Ubaldo Stendarolo, Dino Biggio, Maria Chiara Cabras, Giambattista Tirelli, Sonia Migliano, Maria Grazia Campari, Rosanna Cavazzini, Gianni Marchesini, Fabio Osti,Enzo Bellettato, Lino Pietro Callegarin (Viva la Costituzione),Laura Barbieri, Alberto Aquilini, Augusto  Carli, Daniele Mai, Margherita Zaccagnini, Mario Porcu, Gianni Malavolti, Filippo Manini, Arturo Ghinelli, Domenico Campana, Chiara Curci, Enrica Bedini, Davide Piantoni, Luisa Acerbi, Francesca Milone, Giorgio Casadio, Antonio Rillosi, Gianfranco Monaca, Paolo Farinella, Adriano Tosi, Alberto Brambilla, Giorgio Guidetti, Alberto Valenti, Antonino Conti Niboli, Stefania Friggeri, Ettore Borghi, Carmelo Labate, Loredana Mozzilli, Bruno Fini, prof. Matteo Cosulich, Lucia Piacentini, prof. Maurizio Ponz de Leon, Rosangela Pancheri, Marco Gigli, Rita Gamberini, Ottavia Gagliastro, Raffaello Saffioti, Lorenzo Madau, Renato Crottogini, Antonio G. Russodivito, Italo Antonangeli, Bernardino Gasparri, Domenico Tubito, Piercarlo Bonalumi, Rosellina Scarcella, Matteo Viviano, Giuseppe Natale, Francesco Grespan, Antonino Conti Nibali, Franco Tarantola, Denis Erba, Massimo Pelizza, Francesco Santangelo, Erwin Hellveger, Ignazio Morreale, Franco Mantovani, Ada Docci, Monica Rossi, Rossana Tore, Gian Paolo Bedeschi Alessandro Lo Bianco, Tiziana Allinovi, Francesco Fabrizio, Cinzia Castellano, Primo Dorigo, Marco Stephane Musso. Teresa Pertrichino, Ennio Cicero, Rocco Trigiante, Salvatore Sanna, Maria Cristina Ceruti, GianPaolo Zilioli, Giorgio Grasselli, Gian Paolo Zuelli, Nicola Rociola, Orlando Paulin, Enzo Dionisi, Vittorio Cajò, Diana Ascari, Vito Telese, Giacomo Pellizzari, Paola Romizi, Guido Persiani, Alberto Gavioli, Virginia Canali, Alessandra Romano, Elisabetta Ferrari, Giuseppe Morreale, Carla Cavallini, Gian Luca Boschesi, Mario Bortolotti, Luigi Ferdani, Ines Agostinelli, Letizia Cuscela, Gianfranco Ceresini, Arcangelo Blanco, Doretta Barina, Bianca Marchi, Caterina Rota, Bernardetta Forcella.

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[1] Notizia segnalata da: Economia Democratica