Il Partito Democratico: Dopo la débâcle del PD

Paolo Corsini

Giugno 2009

Si discute molto della dèbacle elettorale del Partito Democratico, una sconfitta che, per limitarci al Nord del Paese, assume le sembianze di una alluvione subita. Al di là di cifre, di dati statistici che meglio potranno essere approfonditi dopo il 21 giugno, a ballottaggi effettuati, resta la necessità di una disamina radicale, né consolatoria - il mancato plebiscito a favore di Berlusconi -, né autoassolutoria - i tempi fisiologici di affermazione di un partito recentemente costituito. Conviene, dunque, guardare al di là della congiuntura e fissare l’attenzione su processi di più lunga durata, al fine di cogliere le ragioni di un esito che, se consente al PD di evitare la dissoluzione, e con essa la fine di un progetto, non garantisce certamente prospettive rassicuranti. Anzitutto il partito di Veltroni prima, di Franceschini oggi, non è ancora riuscito ad inverare l’aggettivo “democratico” in modo da autenticarlo, da sostantivarlo. Eppure la sua costituzione, come a fortiori dimostra il pesante arretramento

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