Corruzione, il rischio del potere

Alvaro Bucci

19 Gennaio 2015

“Le gravi vicende di corruzione emerse di recente richiedono una seria e consapevole conversione, un rinnovato impegno per costruire una città più giusta e solidale”. Così Papa Francesco si è espresso, nell’ultima omelia del 2014, al termine del Te Deum nella Basilica di San Pietro riferendosi all’inchiesta sulla mafia a Roma. Non è la prima volta che Papa Bergoglio parla della corruzione. Non si contano gli interventi in cui negli ultimi mesi ha messo in guardia dalla corruzione, che rappresenta una grave mancanza morale in quanto porta a sottrarre  risorse preziose alla collettività e, alla fine, alle fasce più deboli della popolazione. Nel giugno scorso, mentre celebrava la messa del mattino a Santa Marta, ha denunciato con parole forti “il peccato della corruzione”, nel quale cadono “tante persone che hanno potere, potere materiale o potere politico o potere spirituale”. Il potere, quindi, è fonte di corruzione, di devianza di vario genere. Da cui pertanto occorre guardarsi. Ma come? Voglio ricordare al riguardo una riflessione offerta nell’agosto del 1991 da un “Piccolo fratello”, allora presente nella comunità di Sassovivo di Foligno, per un gruppo di amici di Foligno impegnati nel partito della D.C. e nelle istituzioni.

 

E il Piccolo fratello, sacerdote, già della segreteria dell’on. Enrico Berlinguer, ci intrattenne con una intensa riflessione sul potere, sui suoi pericoli e sulle modalità di fronteggiarli. Con l’aiuto della Bibbia, a partire dalle parole di Qohelet secondo cui tutto “è vanità, un inseguire il vento”. E questo, sottolineò di seguito, va ricordato a chi si mette in politica. Un’indicazione che va ricordata ancora oggi in modo particolare ai politici ma, alla luce di quanto sta emergendo, a chiunque nella società esercita un potere.

Non va dimenticato che il potere è “diabolico”, per il fatto che è stato una delle tentazioni che il diavolo fece a Gesù: “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni”. Insieme alla ricchezza e alla vita sfrenata dietro i piaceri del corpo, il potere è uno dei tre grandi elementi di tentazione.

Con il potere l’uomo tende, per sua natura, ad affermarsi, ad aumentarsi, ad estendersi, a dilatarsi. E così diventa capace di passare sopra a tutto e a tutti.

Non si può con facilità assumere il potere, l’esercizio del potere pensando di fare un “servizio”. Le parole sono belle, ma la prassi può negarlo.

In generale la grande e nobile parola, bella , del “servizio”, fa dimenticare che il potere, comunque sia il potere, è sempre un’apparenza che ha a che fare con il giudizio evangelico : “I potenti di questo mondo vi opprimono e si fanno chiamare benefattori”.

E allora quale possibilità di fronteggiare quest’affermazione di potere? La possibilità è di essere dotati di autoironia. Cioè avere una grande capacità di giudizio e di accogliersi nella propria fragilità. Sapere che tutto ciò che si fa, mentre può avere delle motivazioni grandi, leali, sincere, di fatto è come un bumerang che si risolve quasi sempre contro se stessi. Se non c’è questo, c’è inganno.

Il politico in modo particolare dovrebbe avere questa capacità di ridere innanzitutto di se stesso. Capacità che lo porterà a valutare l’esistenza sotto forma di vanità.

Bisogna che insieme ai progetti politici si facciano costantemente esami di coscienza. Per cercare di capire chi siamo e verso dove stiamo puntando.

E quando le vicende personali o sociali cambiano direzione e ci si accorge che il passo che dev’essere fatto è, con avvertenza e con coscienza, contrario ai principi in cui si crede, allora sarebbe meglio mollare, anche tutta la politica.

Il potere, quindi, in assenza di tale avvertenza, va esercitato il meno possibile. Ogni ruolo, funzione o carica che comporti l’esercizio di un potere, nella politica come nelle istituzioni e nella società, dev’essere temporanea e durare lo stretto necessario. E’ vero che sono già previsti limiti, specialmente in politica, dove però si trovano espedienti per aggirarli. Ma in non pochi settori delle istituzioni e della società l’esercizio del potere risulta essenzialmente a tempo indeterminato. Anche se comincia ad instaurarsi, in alcune pubbliche amministrazioni,  un metodo basato, se non su periodi di tempo determinato, sulla rotazione dei dirigenti apicali tra più settori della stessa amministrazione.

Le indicazioni sopra evidenziate, pur raccolte nel 1991, quando già si cominciava a coglierne le esigenze, sono diventate essenziali per l’oggi. In cui, con la caduta definitiva delle vecchie ideologie, la società ed i politici, di cui sono in parte immagine, tendono ad accontentarsi di sé, senza necessariamente ricercare alternative. E, comunque, proposte di eventuali alternative, specificatamente sul piano politico, specialmente se avanzate in prossimità di elezioni, difficilmente saranno ideologiche (libertà, giustizia…) o comunque progettuali, ma  di pura gestione del potere.


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