L’Italia di oggi: Potenzialità e limiti

(Relazione tenuta al seminario estivo di Agire Politicamente – Folgarida 2010)


Mons. Giovanni Nervo*

Folgarida (TN), 24 agosto 2010

 Sul tema che mi avete affidato vi esprimo il mio pensiero. È il pensiero di un vecchio, e lo ricavo dalla mia esperienza, quella che ho fatto soprattutto come responsabile della Caritas Italiana, come parroco subito dopo il Concilio, come responsabile della Fondazione Zancan. Sarebbe interessante sentire poi da un giovane che cosa pensa sullo stesso tema.

Comunque io vi dico quello che penso con la cultura “povera” che nasce dall’esperienza più che con la cultura “nobile”, che nasce dalla ricerca scientifica. Può darsi che non tutti siano d’accordo su quello che io dico; per fortuna in Italia c’è ancora libertà di pensiero e di parola. Il mio è un piccolo contributo alla preparazione alla settimana sociale dei cattolici di Reggio Calabria.

 

1. Le potenzialità in Italia oggi

Richiamo l’attenzione su quattro.

a) Anzitutto la Costituzione. Qui evidentemente non mi trovo d’accordo con il Presidente del Consiglio che, nonostante i continui richiami del Capo dello stato alla Costituzione, di cui è garante, ha ripetutamente detto che con questa Costituzione non si può governare e va perciò cambiata, sebbene abbia prestato giuramento proprio su questa Costituzione.

Del resto già nel 1994, quando è entrato in politica, aveva detto che bisognava cambiare la Costituzione anche nella prima parte: non “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, ma una repubblica democratica fondata sulla libertà; abbiamo visto poi che cosa intende per libertà. In una assemblea generale della Confindustria a Santa Margherita Ligure ha invitato i presenti a leggere attentamente l’articolo 41 sulla libertà economica, poi ha detto che i costituenti quando avevano approvato quel testo avevano la mente rivolta alla Costituzione sovietica.

La proposta presentata quest’anno dal governo al Parlamento su questo tema tende di fatto a svuotare quell’articolo e a cancellarlo.

Ho dovuto rileggermi in questi giorni la Costituzione per preparare una relazione a un convegno delle famiglie rurali e ho riscoperto come è ricca di valori indispensabili per promuovere e realizzare il bene comune, di tutti e di ciascuno.

Il convegno di Reggio Calabria si propone la declinazione della nozione di bene comune con specifico riferimento alla situazione del nostro paese. Concluderò quella relazione ponendo ai presenti questa domanda: la Costituzione è da cambiare perché con questa Costituzione non si può governare, o è da riscoprirne le potenzialità e impegnarsi tutti ad attuarla con più fedeltà, coraggio e fiducia?

Io sono convinto che è ricca di potenzialità non solo per il presente, ma anche per il futuro del nostro paese.

Nel quarantesimo della Costituzione il comune di Padova ha consegnato ai giovani delle ultime classi delle scuole superiori il testo della Costituzione, con una cerimonia solenne nel luogo più significativo della città, il Palazzo della Ragione. È stato chiesto anche un mio intervento. Io ho detto ai giovani: quando voi siete andati a scuola in prima elementare avete trovato tutti bambini bianchi e italiani. Quando andranno a scuola i vostri bambini, se vi formate una famiglia, o i bambini che nascono oggi, troveranno bambini di colore diverso e di etnie diverse: senegalesi, ghanesi, eritrei, rumeni, cinesi, ecc. Come faranno a vivere insieme? La Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, che richiede l’adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale, che riconosce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, questa Costituzione, se conosciuta e attuata, ha, sul piano umano e civile, le potenzialità per creare una convivenza pacifica e civile per tutti.

La fede cristiana, se vissuta coerentemente arricchisce e rafforza queste potenzialità.

Aggiunsi poi: l’attuale generazione di adulti ha il compito e la responsabilità di creare le condizioni perché le potenzialità della Costituzione e del Vangelo possano esprimersi e diventare l’anima della convivenza sociale delle nuove generazioni. Io spero che la Settimana sociale dei cattolici darà un contributo efficace a questo scopo.

Sta emergendo un problema che si era presentato quando l’attuale presidente del Consiglio è entrato in politica: lo scivolamento dalla Costituzione formale, quella ufficiale nata nel 1948, a una costituzione materiale, che nasce dalla politica del fare, dalla “morale fai da te” e si modifica mano mano non secondo l’interesse del bene comune, ma nell’interesse di chi comanda. Si sen te continuamente richiamare che “la sovranità appartiene al popolo”, ma non si dice la seconda parte di questo capoverso dell’art. 1 della Costituzione: “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. E le forme e i limiti sono questi.

L’art. 92 della Costituzione, al secondo capoverso, dice: “Il presidente della repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.

L’art. 88 dice: “Il presidente della Repubblica può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse”. E l’art. 87: “Il presidente della Repubblica indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione”.

Il popolo dunque è sovrano, ma esercita la sua sovranità in questo modo:

- elegge il Parlamento;

- il Parlamento elegge il presidente della Repubblica;

- il presidente della repubblica nomina il capo del Governo e i ministri.

Lo scivolamento dalla Costituzione formale alla costituzione materiale è avvenuto nella riforma della legge elettorale – definita con termine non molto gentile, una porcata, dallo stesso on. Calderoni che l’ha presentata – inserendo nella scheda elettorale oltre al simbolo del partito il nome di Berlusconi presidente. Proprio al TG3 di ieri sera il prof. Michele Ainis, docente di diritto pubblico all’Università Roma 3, intervistato dal cronista, ha affermato che è incostituzionale, perché modifica la Costituzione.

Il nostro presidente del Consiglio, parlando l’altro ieri alle “squadre della libertà” ha detto che tutte queste cose sono “formalismi costituzionali”…

Io non sono un giurista, ma ho appreso queste cose leggendo con occhio critico i giornali. Credo che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi le ritroveremo frequentemente.

Una lettura attenta e critica ci può aiutare a comprendere meglio come la Costituzione può essere una grande potenzialità per l’Italia di oggi, ma che possiamo sminuirla e perderla se consentiamo, con il nostro consenso democratico, tradendo la nostra sovranità, che si passi dalla Costituzione formale ad una costituzione materiale, costruita ad uso e consumo di chi ne ha interesse.

 

b) Un secondo ambito di potenzialità io lo vedo in quel diffuso impegno sociale per la promozione umana e per la tutela dei più deboli che, con temine generico, si chiama volontariato e, con termine più preciso, si chiama terzo settore, che comprende le associazioni di volontariato, la cooperazione sociale, l’associazionismo di promozione sociale.

Anticipo qui che nel terzo settore io vedo anche alcuni limiti. La pretesa e la presunzione di sostituire l’istituzione pubblica nei servizi alle persone, deresponsabilizzandola. Il compito e la responsabilità di garantire i servizi ai cittadini è dell’istituzione pubblica. Il terzo settore, e in particolare il volontariato, non ha il compito e la capacità di farlo, perché c’è dove c’è, se può e se vuole.

Il volontariato poi ha un valore costitutivo, che è la gratuità; se perde la gratuità perde la sua anima. Ricordo di aver detto molti anni fa in un convegno del Centro nazionale del volontariato di Lucca: “Stiamo attenti, perché di denaro il volontariato può anche morire”. A maggior ragione lo ripeterei oggi, specialmente in riferimento ad alcune grandi organizzazioni, in cui c’è anche del volontariato, ma non sono organizzazioni di volontariato: sono piuttosto imprese sociali.

 

c) Un terzo ambito di potenzialità, a mio avviso, sono gli immigrati.

Qualche forza politica tende a presentarci questo fenomeno soltanto come un problema, diffondendo un senso di paura, calcando la mano sulla sicurezza e illudendosi di risolverlo soltanto con il rifiuto e la repressione.

È certamente un problema, che le generazioni precedenti del nostro paese hanno vissuto sulla loro pelle.

Ma è anche una risorsa ricca di potenzialità: spero che anche la settimana sociale dei cattolici lo metta in evidenza, perché le comunità cristiane lo affrontino con coerenza, coraggio e fiducia, perché la politica del nostro Governo va in senso opposto: basta leggere le dichiarazioni di Maroni.

È singolare che nello stesso quotidiano, il “Corriere della Sera” di ieri si trovi il forte richiamo del papa all’accoglienza dei diversi, l’affermazione del ministro Maroni che intende varare provvedimenti ancora più severi di quelli francesi, estesi anche a cittadini comunitari, e la lettera al Corriere del ministro dell’istruzione Maria Stella Gelmini, in cui, seguendo un dibattito aperto dal giornalista Aldo Cazzullo, afferma che il Pdl, Partito delle libertà, è il partito più sensibile ai valori cattolici.

La Settimana sociale dei cattolici offrirà il modo di esprimere con chiarezza il pensiero della chiesa anche su questi problemi.

Gli immigrati ci forniscono forza-lavoro, perché molti lavori più pesanti o più usuranti gli italiani non li fanno più: ad esempio i lavori agricoli, il lavoro nelle concerie, l’assistenza delle badanti.

Negli ultimi anni l’Italia ha aumentato il numero di abitanti con l’aumento soprattutto delle nascite dovute agli immigrati. Il nostro gruppo umano, con l’andamento attuale delle nostre nascite, sarebbe destinato a scomparire: i demografi e gli statistici saprebbero dirci anche i tempi. Come cattolici poi dobbiamo cogliere anche un altro aspetto, che è fondamentale per la chiesa. Noi mandiamo i missionari ad annunciare il Vangelo a popoli non cristiani, spesso musulmani. Con l’immigrazione è la missione che viene a noi. La chiesa italiana – vescovi, sacerdoti, laici – è chiamata ad annunciare il vangelo a queste creature, soprattutto con l’esempio di fede e di carità.

 

d) Un quarto ambito di potenzialità sono i laici. Il Concilio ci ha aiutati a riscoprire la loro vocazione nella chiesa e nel mondo.

Il prof. Lazzati, l’ultima volta che ha partecipato, poco prima di morire, all’assemblea della Conferenza episcopale italiana in rappresentanza dell’Università Cattolica, rivolgendosi ai vescovi ha fatto questo intervento: “In nome di Dio vi prego, vi scongiuro instanter, instantissime, dedicate un anno pastorale ai laici, alla loro vocazione nella chiesa e nel mondo”. Perché si possa sviluppare interamente la potenzialità che c’è nei laici, noi preti dovremmo fare nella chiesa soltanto quello che non possono fare i laici: coltivare adeguatamente la loro formazione e spogliarci un po’ del nostro potere. Forse la stessa diminuzione di vocazioni al sacerdozio è uno stimolo provvidenziale per metterci su questa strada, come la penosa storia dei preti pedofili è un forte richiamo alla conversione e al rinnovamento.

Queste sono potenzialità che mi sembra di vedere oggi in Italia.

 

2. I limiti.

Vorrei richiamare l’attenzione su tre limiti.

a) Un primo limite è stato denunciato dal presidente del Comitato per la settimana sociale, Edo Patriarca: la mancanza di una classe dirigente. Se leggiamo i giornali e guardiamo il telegiornale, lo vediamo in modo evidente ogni giorno. Di qui il richiamo anche del papa a formare laici cristiani che si impegnino nella vita politica.

Ma dobbiamo chiederci: perché manca la classe dirigente? All’inizio della vita democratica del nostro paese i due maggiori partiti, la D.C. e il P.C.I. avevano fatto la scuola di partito, dove impegnavano i loro uomini migliori a formare giovani per il futuro del loro partito e lasciavano compiti e spazi di potere per maturarsi nella formazione politica. Poi le scuole si chiusero e i posti di potere furono tenacemente conservati da chi era arrivato prima.

La vostra iniziativa “Agire politicamente” e i seminari che organizzate, come pure la stessa Settimana sociale dei cattolici vengono incontro a questo bisogno di formazione. Queste iniziative sono sufficientemente attrezzate, apprezzate e diffuse? Mi sembra sia giusto porsi questa domanda per stimolare e orientare il nostro impegno.

 

b) Un secondo limite nell’Italia di oggi lo ha messo in risalto con decisione e chiarezza “Famiglia cristiana” nell’editoriale del 6 agosto, dal titolo: «La morale “fai da te” e la ricerca degli anticorpi».

Merita che ne leggiamo alcuni passaggi più significativi che sono stati ripresi anche dalla stampa laica e hanno irritato chi si è sentito chiamato in causa.

«La questione morale agita il dibattito politico dal 1981, da quando cioè – 11 anni prima di mani pulite – l’allora segretario del PCI, Enrico Berlinguer, ne parlò per primo. La seconda repubblica nacque giurando di non intascare tangenti, di rispettare il bene pubblico, di debellare malaffare e criminalità.

Bastano tre cifre invece per dire a che punto siamo arrivati. Nel nostro paese in un anno l’evasione fiscale sottrae all’erario 156 miliardi di euro, le mafie fatturano da 120 a 140 miliardi e la corruzione brucia altri 50 miliardi, se non di più.

Il disastro etico è sotto gli occhi di tutti. Quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società. Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il “bene comune” è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza.

[………] Ci si accanisce contro chi invoca più rispetto delle regole e degli interessi generali. Una concezione padronale dello stato ha ridotto ministri e politici in “servitori” non del bene comune ma semplici esecutori dei voleri del capo. Quali che siano. Poco importa che il paese vada allo sfascio. Non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto».

Aggiungo io: è significativo che durante l’estate, in un momento così critico, politicamente ed economicamente, siano state sospese d’autorità le trasmissioni di carattere culturale-politico in cui sarebbe stata discussa la situazione del paese in modo libero, pluralistico e democratico. Floris aveva preparato completamente un numero di “Ballarò”, ma non gli fu concesso di mandarlo in onda.

Prosegue “Famiglia cristiana”: «Che ne sarà del Paese, dopo la rottura avvenuta tra Berlusconi e Fini? La scossa sarà salutare solo se si tornerà a fare “vera” politica. Quella cioè che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà. Bisogna avere l’umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale. Soprattutto se si aspira alle più alte cariche dello Stato. Giustamente i vescovi parlano di “emergenza educativa”. Preoccupati, tra l’altro, dalla difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni valori, comportamenti e stili di vita eticamente fondati.

Contro l’impotenza morale del Paese il presidente Napolitano ha invocato i “validi anticorpi”, di cui ancora dispone la nostra democrazia e la collettività. Famiglia, scuola e, soprattutto, mondo ecclesiale sono i primi a essere chiamati a dare esempi di coerenza e a combattere il male con più forza. Anche di questo si dibatterà a Reggio Calabria, dal 14 al 17 ottobre, nella 46ma edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani. Dei 900 delegati, 200 sono giovani. Una scelta. Un investimento. Un piccolo segnale di speranza».

 

c) Un terzo limite. Ermanno Gorrieri, economista e politico, diceva che il problema più grave in Italia non è la povertà, ma la disuguaglianza.

Purtroppo è il problema di tutto il mondo, anche se non può non dare speranza la notizia, se sarà confermata dai fatti, che quaranta degli uomini più ricchi degli Stati Uniti hanno deciso di destinare il 50 per cento della loro ricchezza in beneficenza: ne avranno anche dei vantaggi, ma è segnale di speranza.

Stando ai dati che forniscono gli studiosi, in Italia il 10 per cento della popolazione possiede il 40 per cento della ricchezza nazionale.

Per far tornare i conti dello stato il ministro Tremonti ha chiesto sacrifici a tutti, suscitando proteste da tutti, fin dagli ambasciatori e diplomatici. Ma sono stati maggiormente colpiti i più poveri, che non hanno voce per protestare.

Sono state tagliate le risorse agli enti locali e di conseguenza le regioni hanno tagliato i servizi.

Sono significativi i dati resi pubblici dalla Regione Veneto:

per la povertà estrema e per i senza dimora: nel 2008 euro 532.000, nel 2009 euro 350.000, nel 2010 euro zero.

Per l’assistenza in materia penitenziaria, sappiamo in che condizione si trovano i carcerati:

nel 2008 euro 475.000, nel 2009 euro 400.000, nel 2010 euro zero.

Contro l’abuso dei minori e lo sfruttamento della prostituzione: nel 2008 euro 342.000, nel 2009 euro 150.000, nel 2010 euro zero.

È sperabile che la Settimana sociale dei cattolici, “nella declinazione della nozione di bene comune”, sappia dar voce anche ai poveri e agli ultimi, come vuole il Vangelo e come vuole anche la nostra Costituzione.

Credo che dobbiamo invocare lo Spirito Santo che dia ai delegati alla Settimana sociale il dono della parresia, della franchezza evangelica - sì, sì, no,no, il resto viene dal maligno - per affrontare responsabilmente i problemi del nostro paese, come cittadini e come cristiani.

Può avvenire che, se affrontiamo con chiarezza i problemi che ho cercato di presentarvi sulle potenzialità e sui limiti presenti in Italia oggi, non tutti ci troviamo d’accordo e nascano divisioni nei consigli pastorali parrocchiali. Per non consentire al maligno di dividerci fra noi può essere utile il metodo suggerito da sant’Agostino: “In certis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”. Nelle cose certe, uniti. Per individuare le cose certe noi, oltre al dono della ragione, abbiamo anche il dono del vangelo, del magistero della chiesa, della dottrina sociale cristiana.

Nelle cose dubbie, discutibili, libertà: possibilità di esprimere completamente il proprio pensiero, anche se non condiviso da altri; capacità di ascoltare il pensiero di tutti anche se noi la pensiamo diversamente.

In tutte le cose carità, cioè l’impegno a non rompere il vincolo della fraternità.

Può essere un buon metodo da usare anche a Reggio Calabria.

 

 



* Presidente onorario Fondazione E. Zancan Onlus Centro Studi e Ricerca Sociale

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