L’identità plurale del Partito Democratico

Pietro Pergolari

20 Gennaio 2023

Ho meditato a lungo sul bell’articolo di Domenico. Ho rincorso le notizie riguardanti il congresso PD per cercare nelle prese di posizione dei candidati alla segreteria quanto avessero tratto dal convegno dei popolari, ma ho trovato, finora, solo in Cuperlo riferimenti al contenuto dell’incontro.

Comunque prima o poi le piattaforme delle candidature dovranno essere presentate.

Ecco, se posso permettermi un piccolo commento all’articolo direi che, nel caso di uno stravolgimento del manifesto del 2007 che ignorasse il contributo dei cattolici democratici non si verificherebbe una scissione, solo si prenderebbe atto che il PD non esiste più.

E a proposito dell’emersione della ferma volontà di rinverdire la presenza del Partito Democratico condivido la necessità di "offrire" il proprio contributo. Cuperlo insiste sulla la necessità che nel PD convivano tutte le culture, sinistra, cattolicesimo democratico, ambientalismo, pensiero femminista, cultura dei diritti. Ma non basta che le culture siano presenti.

Credo che i cattolici democratici debbano insistere di andare oltre, ed esigere, come nel PD non è stato mai fatto, che si cerchi ciò che accomuna queste culture; per realizzare la centralità della persona.

Io credo, per esempio, che la cultura radicale dei diritti affermati come facoltà di cui l’individuo può disporre anche per negare se stesso (ma la vita ha una funzione sociale e forse perfino la sofferenza), non sia cultura di sinistra. I diritti non possono essere vissuti in solitaria. Quella cultura non cerca la relazione durante la vita, non cerca solidarietà come tratto essenziale della persona, ma lascia l’individuo solo prima delle scelte drammatiche e lo soccorre, lo accompagna, solo nella rinuncia, decisa spesso in balia della debolezza e della sofferenza, e chiama libertà la solitudine di scelte definitive. Eppure anche quella cultura cerca modi di prossimità.

Non pretendo che si accetti tutto ciò ma credo necessario manifestare l’esigenza di una riflessione attenta su queste cose, di un esame meditato e non l’accettazione, che in qualche modo pare qualcuno ne faccia, come del Job Act, della sanità privatizzata, del presidenzialismo o della cosiddetta autonomia differenziata.

Credo che, dopo aver accertato quello che accomuna, dobbiamo tutti, se crediamo che le nostre culture possano convivere, impegnarci a cercare ancora ciò in cui possiamo crescere insieme, ed ancora, ed ancora.

E mi pare, anche dopo uno sguardo a ciò che ha scritto Bettini, che condivido, che il convegno dei popolari sia stato molto utile, per suscitare riflessioni vere.

Ma forse è ora che chiediamo a Castagnetti di creare un’altra occasione per riflettere insieme.