Dopo l’Umbria…. anche l’Emilia Romagna?

Rimettere in circolo idee, richiamare attenzioni, suscitare sensibilità...

Pier Giorgio Maiardi

dal foglio "Politicamente" Anno XIX Numero 4 Ottobre-Dicembre 2019

Il tempo che stiamo vivendo è un tempo singolare sul piano politico e sociale o almeno appare tale a chi, come noi, è vissuto in altre stagioni e fatica a interpretare la realtà attuale tanto da averne una visione decisamente negativa soprattutto nelle prospettive del futuro.

Viviamo in una società in cui l’individualismo, l’esaltazione dell’interesse personale, l’estraneità dell’interesse collettivo, la contrapposizione fra il “popolo” e lo Stato, la estraneità dell’”altro” specialmente se diverso, sono prevalenti ed una politica che, anziché convincere sul primato del bene comune, e quindi sulla utilità del costo che questo comporta, e farsene difensore e costruttore, rincorre il consenso del “popolo” assecondando quegli atteggiamenti contrari, istintivi e prevalenti, e dichiarando di farne addirittura il proprio obiettivo.

Una politica che, con la fine delle ideologie, ha via via perso anche le prospettive verso cui orientare il governo della comunità civile e la capacità di interpretare e governare la radicale evoluzione della società, riducendosi a gara per la conquista del potere, competizione fra le persone, neanche più fra le parti, per l’accaparramento del consenso. Nel caso del movimento 5S, la ricerca del consenso avviene propugnando obiettivi di pulizia e di giustizia ma si tratta sempre di rivendicazioni singole, d’effetto, disorganiche e mai incluse in un progetto politico organico e ragionato, di medio-lunga visione.

E in una gara per la mera conquista del potere non possono emergere progetti e programmi di lunga visione quanto, invece, promesse sensazionali fine a se stesse, con scarse possibilità di realizzazione, mentre il dibattito non fa emergere la diversità delle idee ma, con modalità spesso violente e linguaggio irrispettoso, reciproche accuse, ricorrendo anche a notizie sensazionali e false.

Tutto questo contrasta con le condizioni elementari su cui si fonda una convivenza democratica e giustamente preoccupa: è salutare che si provochi qualche reazione spontanea e significativa, come quella delle sardine, segno che nella nostra società c’è ancora qualche sensibilità e voglia di reagire.

 Credo sia vana la ricerca, magari per neutralizzarle, di individuare una parte politica di riferimento per queste manifestazioni e la critica per la mancanza di una proposta: indipendentemente dalle persone che se ne sono fatte iniziatrici, si tratta di moti spontanei, largamente partecipati, che esprimono una reazione ed un rifiuto delle modalità adottate da certi politici ed un istintivo desiderio di buona democrazia.

Questo, a mio parere, è il contesto nel quale si sono svolte le elezioni per l’amministrazione della regione Umbria e si svolgeranno quelle di altre regioni, prima fra tutte l’Emilia Romagna. La scelta corre il rischio di non avvenire fra proposte politiche ragionate, fra una critica motivata alla amministrazione uscente ed un altrettanto motivato progetto alternativo, ma sulla base di una proposta di “radicale cambiamento “ e di “liberazione” da qualcosa di imprecisato! Una eventuale sconfitta dell’attuale governo dell’Emilia Romagna sarebbe pertanto da attribuire non tanto ad una condanna della esperienza amministrativa di questi anni ma alla, non so quanto motivata, condivisione di una prospettiva antisistema.

Una democrazia matura credo debba avere fiducia nei propri anticorpi che presuppongono, però, la capacità di interpretare la situazione e la disponibilità a farsi coinvolgere in un ruolo attivo, ognuno per la sua parte, non cedendo alla tentazione di estraniarsi in attesa di vedere “come va a finire”. Si tratta di rimettere in circolo idee, di richiamare attenzioni, di suscitare sensibilità attorno a ciò che riteniamo fondamentale per la nostra convivenza democratica; stiamo vivendo la prova che la democrazia ha bisogno di essere continuamente vissuta e rigenerata.

Non si tratta di assumere atteggiamenti conservatori e retrivi ma di guardare l’attualità, consapevoli della evoluzione naturale dei rapporti sociali, e di provare a ipotizzare e preparare il futuro.

Qui, a mio parere, si colloca principalmente l’impegno dei cristiani sollecitato anche da Papa Francesco: non si tratta di costituirsi parte in contrapposizione ad altre parti, ma di darsi capacità di discernimento, disponibilità all’approfondimento ed all’impegno , voce per inserirsi con vivacità, credibilità e capacità di proposta nel dialogo della comunità civile, senza pretendere di rappresentare tutti i cattolici e la loro Chiesa, ma di essere cittadini di “buona volontà” che credono di far parte attiva di una creazione che “geme e soffre le doglie del parto” (Rm 8,22) nella prospettiva del “Regno di Dio”.