Pretoriani in affanno

Una nota di Vincenzo Ortolina

 

Vincenzo Ortolina

già presidente del Consiglio Provinciale di Milano

8 agosto 2010

I “pretoriani” di Berlusconi, quelli che “Famiglia Cristiana”, giustamente, ha definito “semplici esecutori dei voleri del capo”, del “dominus assoluto” del PdL, sono in affanno, e vanno gridando ai quattro venti (cito, per tutti, il proclama sul “Corriere” di uno di questi, il ministro Frattini) che sarebbe “golpismo politico” se i “finiani” cambiassero alleato. E’ comprensibile: avendo consapevolmente deciso di annullare, in qualche misura, la propria identità, riversandola in quella del proprio “leader carismatico”, dal quale peraltro ricevono ininterrottamente favori, una crisi irreversibile del berlusconismo li schianterebbe. Le affermazioni dello stesso “scudiero” leghista del premier sulla “sacralità” dell’alleanza tra PdL e Lega, che sarebbe tale semplicemente perché votata dagli elettori, sono un’evidente forzatura: in politica non v’è nulla di sacro (per fortuna) e di immodificabile, e Bossi dovrebbe incominciare a rendersi conto che, in realtà, parte dei suoi elettori, votando Lega Nord, non avevano e non hanno intenzione di legarsi mani e piedi ai destini dell’uomo di Arcore (e di Macherio), che non hanno mai amato. In realtà, il “gruppo Fini” persiste nel dichiarare (obbligatoriamente, direi, in questa fase) che non intende “rompere” sul programma della coalizione, ma che si riserva di assumere una posizione critica sui punti non negoziati a suo tempo. Che riguardano prevalentemente, vedi il caso, le questioni “personali” del Capo, e dunque, tanto per cambiare, le ulteriori leggi “ad personam” sul tappeto, e i temi (in qualche misura collegati) della giustizia e della legalità. E’ una situazione, peraltro, che evidentemente non reggerà, per cui si arriverà presto, come molti pensano, allo “showdown” definitivo. Perché, in realtà, la questione è più di fondo: come traspare dalla lettura del mensile “Caffeina”, vicino a questa “nuova” destra, i “finiani”, i quali vogliono ancora “fare politica”, e non appartenere a una formazione che sia semplicemente “di contorno” al leader, hanno definitivamente sperimentato, com’è stato rilevato, “di che pasta è davvero fatto Berlusconi”, e che cos’è l’Italia berlusconiana. “La peggiore delle Italie che ho visto”, scrisse a suo tempo in argomento, ci ricorda “Repubblica” in questi giorni, il grande Indro Montanelli. Cioè, un giornalista (e non solo) davvero liberale, al cui confronto impallidiscono gli attuali opinionisti politici sedicenti tali (oltre che “moderati”), che nulla hanno mai scritto, nei loro editoriali, per contrastare davvero questo fenomeno. Che “sta distruggendo la nostra democrazia”, ha detto bene Enrico Letta, lui sì indiscutibilmente un moderato, nonostante tale affermazione. L’Italia berlusconiana, che governa ormai, con qualche interruzione, da un quindicennio, è la stessa nella quale, ribadisce il settimanale cattolico, l’evasione fiscale sottrae all’erario (in un crescendo indubitabile nonostante i proclami sui “ricuperi”) miliardi e miliardi di euro. D'altronde, per il premier si tratta di un fenomeno comprensibile e giustificabile. E quindi, con le “finanziarie” tremontiane, per contrastarlo, il suo governo abbozza sempre azioni di dubbia efficacia. Un’Italia nella quale, altresì, l’attività delle mafie (che non sono un “teorema” dei giudici “politicizzati”) produce altrettanti miliardi e miliardi di fatturato, e la corruzione ne brucia decine e decine. Ma “questo è il governo che più degli altri ha contrastato mafia,’ndrangheta e criminalità”, proclamano quotidianamente, un po’ “smarroneggiando” (l’allusione è al nome del ministro degli interni), il capo dell’esecutivo e i suoi corifei. Verrebbe da replicare che il tutto avviene grazie alla magistratura e alle varie polizie, e ...nonostante il governo! La stessa rivista sintetizza poi più complessivamente la situazione del nostro paese parlando di “impotenza morale” e di “disastro etico”, di fronte al quale si registra una rassegnazione generale, una mancata indignazione da parte di un’opinione pubblica del resto piuttosto narcotizzata dai “media” del padrone di Mediaset, e non solo, aggiungo io. Gli attuali possessori della “golden share” cattolica del “sistema” berlusconiano, i “ciellini” alla Lupi e ... Compagnia (delle “opere”, s’intende), che da tale sistema traggono indubbi benefici, s’indignano contro il giornale  dei “Paolini”, così come s’indigna qualche altro ministro cattolico (magari di quelli capaci di organizzare, per il proprio compleanno, feste giusto in stile paraberlusconiano, perlomeno quanto a”sfarzo”). La realtà, però, è questa, come ha compreso lo stesso Casini, che pure ha sostenuto per anni, rendendone purtroppo più “densa” la caratura filo clericale e pseudo cattolica, quel “sistema”. Viva Fini, perciò, e viva Casini. Anche se il quadro che si sta prospettando crea, paradossalmente, ansia nello stesso Partito democratico. In proposito, sul da farsi, a me, che pure, alle primarie, non ho votato per l’attuale segretario, convince in buona misura la posizione del già citato vice di Bersani, quale è apparsa ultimamente sulla stampa. L’obiettivo finale del premier è di arrivare al Quirinale. Una prospettiva che dovrebbe allarmare gli stessi “moderati” del centrodestra, perché sarebbe irresponsabile spedire al vertice dello Stato il personaggio decisamente meno adatto a rappresentare il punto di equilibrio tra le  diverse (e contrapposte) pulsioni politiche del paese. E che occorre fare perciò l’impossibile (continuo il ragionamento di Letta) affinché non si avveri.  Urge, pertanto, lavorare per un’alleanza la più ampia possibile, che comprenda inevitabilmente, oltre al PD (e alla sinistra “responsabile”), Fini e Casini, ma anche Di Pietro. I “neocentristi”, infatti, collegandosi in qualche modo col Presidente della Camera, non potranno che sponsorizzare la linea della “legalità”. E allora dovranno accettare il capo dell’IDV, imponendogli eventualmente di rendere meno “rozzo” il suo “giustizialismo”. Quest’ultimo, per parte sua, se davvero vuole la sconfitta di Berlusconi, non potrà avere preclusioni sui primi. Se l’attuale governo va in crisi, precisa meglio il vicesegretario democratico, e io convengo, prima di andare a votare, qualunque cosa dicano i “berluscones” (che prenderanno di mira, allora, il Presidente della Repubblica, sperabilmente non con i toni “squadristi” del Feltri di oggi), è necessario provare con forza a dar vita a un esecutivo di transizione, che approvi, innanzitutto, una nuova legge elettorale. Che cancelli la “porcata”. Una scelta che incontrerebbe il favore dell’opinione pubblica, recando un certo vantaggio all’attuale opposizione. Personalmente sono per il ritorno ai collegi uninominali, di dimensioni medio-piccole (e all’obbligo delle “primarie”, nel PD), ma è ovvio che bisognerà capire quale può essere la soluzione che mette d’accordo gli “alleati”. Impresa ardua, indubbiamente. Il nuovo esecutivo dovrebbe occuparsi altresì  di poche altre questioni importanti e urgenti (questa, però, sa di “mission impossibile”, nella situazione che si prospetta), e portarci, poi, alle elezioni generali. Che si terrebbero dunque tra qualche mese. Resta ovviamente aperto il problema del candidato premier di questa “alleanza”. Ho la netta impressione, in proposito, che sia meglio cercare un nome in qualche misura “nuovo”, gradito al “Nord”, vivace ma non eccessivamente “estroverso”. ... Fate voi i nomi.