Evitare la teologizzazione della politica e l`ideologizzazione della religione

Mentre la discussione nazionale verte solo sul tema del federalismo, dimenticandosi della crisi, del lavoro e della famiglia, si crea uno spazio vuoto di incertezza.
Un effetto di questo status incerto è l’assenza di strumenti idonei, un’assenza alla quale la Chiesa, nella sua universalità, partendo dalla politica “locale”, vuole cominciare a porre rimedio per tutti quei cattolici che hanno voglia di rilancio.
La politica va guidata dalla ragione e dalle virtù naturali della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza. Partendo da questo inciso, l’impegno attivo dei cattolici in politica richiede di evitare due pericoli: la “teologizzazione” della politica e “l’ideologizzazione” della religione.
Questa distinzione delle due sfere è essenziale, appartiene da sempre alla tradizione del cristianesimo, e si ritrova già nelle parole di Cristo quando indica di dare a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare. È vitale, oggi più di ieri, che i “politici credenti” debbano illuminare la discussione politica con il loro atteggiamento, testimoniando la fede come presenza reale, contribuendo con la ragione nel governo di ogni atto politico.
La Chiesa contemporanea sente di dover dar voce con immutato coraggio a chi non ha voce, ai tanti che sono deboli e indifesi, dai bambini agli handicappati, dal disoccupato all’emarginato, calpestati nei loro diritti fondamentali.
La Chiesa deve agire per non soccombere costruendo una sinergia tra comunità, famiglie e movimenti, testimoniando la speranza, influenzando ed esercitando, attraverso i politici credenti, una politica di servizio senza divisioni.
È risaputo che la cultura cristiana ha una marcia in più con un’apertura sul piano dei valori che potrebbe essere esercitata riportando al giusto peso lo spazio dei progetti e creare utile, evitando il dibattito vago sui valori, sul cosa fare in generale, e dedicarsi di più a indicare alcune strade precise sui temi della disoccupazione, dello sviluppo, della pace, della povertà ed della difesa dei diritti. Un dibattito aperto quello dell’impegno nella politica dove i cattolici non possono stare a guardare perché i rischi e le minacce dell’assetto democratico sono pressanti.
C’è una tendenza generale a ritenere che il relativismo sia l`atteggiamento di pensiero meglio rispondente alle forme politiche democratiche, come se la conoscenza della verità e l`adesione ad essa costituissero un impedimento.
In realtà, spesso si ha paura della verità perché non la si conosce.La verità così come Cristo l`ha rivelata è garanzia per la persona umana di autentica e piena libertà.
È importante ripartire da un’azione politica che si deve confrontare con una superiore istanza etica, illuminata, a sua volta, da una visione integrale dell`uomo e della società, e non finire per essere asservita a fini inadeguati e illeciti.
I cattolici credenti sanno che la verità è il migliore antidoto contro i fanatismi ideologici, in ambito scientifico, politico e religioso. I cristiani esperti nelle discipline sociali devono indicare nuove piste e nuove soluzioni per affrontare in modo più equo gli scottanti problemi del mondo contemporaneo, per elaborare un modello di democrazia autentico e completo. È proprio della vocazione del fedele laico la conoscenza e la messa in pratica della dottrina sociale della Chiesa e, quindi, anche la partecipazione alla vita politica del Paese, secondo i metodi e gli strumenti del sistema democratico.
Una delle problematiche emergenti in Italia è la distanza tra chi pensa e chi agisce. Serve creare una “nuova classe dirigente” che ha bisogno di essere presente in un processo di modernizzazione culturale e di sviluppo economico.
L’attuale classe dirigente pensa solo al quotidiano e non pensa a programmare il futuro.
Programmare il futuro. Un futuro senza cultura, senza università, senza turismo, senza fabbriche, un futuro senza lavoro, che futuro sarà? Sarà un futuro nero con sola popolazione anziana, senza giovani, senza economia e senza parole.
Osare di più. I cattolici credenti devono osare di più, devono essere capaci di collaborare e coinvolgere tutti in una logica di programmazione. Senza vergogna dobbiamo dire che i cattolici, quelli impegnati, presunti tali, si limitano a vivere in superficie senza pensare che tanti giovani si stanno allontanando dalle istituzioni, che non credono più a niente e a nessuno.
Gandhi ricordava rispetto all’educazione della coscienza che: << è bene confessare i propri errori perché ci si ritrova più forti>>.
Riprendere a pensare ed agire senza creare distanze e vuoti, coinvolgendo i giovani a diventare classe dirigente, la Settimana Sociale del prossimo 14/17 ottobre 2010 a Reggio Calabria potrebbe essere il punto di inizio di una nuova era, l’era del “nuovo cattolicesimo democratico”.

Salvatore Barresi