Modifiche costituzionali

Lettera ad "Europa"

Vincenzo Ortolina
Coordinatore A.P. per la Lombardia
Milano, 13 Agosto 2011
 

Cara "Europa"

l’obiettivo, della destra, di modificare l’art. 41 della Costituzione (“L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”), è soprattutto “propagandistico”. Tale articolo, infatti, è scritto benissimo, e non credo abbia parte alcuna nel produrre le “crisi” quale quella che stiamo vivendo. Lo stesso “pareggio di bilancio” stabilito in Costituzione (all’articolo 81) suscita perplessità in non pochi esperti di “economia” e di finanza pubblica, a quanto ho letto. Ma questo governo e questa maggioranza non sanno che pesci pigliare, come si usa dire, per cui devono “inventarsi” qualcosa. Come dovrebbe porsi il PD nei confronti di queste scelte, e della decisione di modificare in particolare la carta fondamentale? Rilanciando, direi, anche per “stanare” la destra: proponendo cioè di modificare contestualmente la “Carta” agli articoli 56 e 57, prevedendo il dimezzamento del numero dei parlamentari. Non per seguire gli umori “populisti” del momento contro la casta. Semplicemente perché una tale operazione aveva senso sin dal momento in cui, decenni fa, furono costituiti i parlamentini regionali e, ulteriormente, una decina di anni orsono alle Regioni fu assegnata ogni competenza che non fosse espressamente riservata allo Stato. Infine, perché già ai tempi di Prodi il centrosinistra avanzò una proposta simile (non proprio un “dimezzamento”, ma quasi). A seguire, per essere coerenti, i “democratici” dovrebbero avanzare, come da recenti pronunciamenti dei propri organi, una precisa proposta di legge ordinaria finalizzata ad allineare le indennità di deputati e senatori alla media delle retribuzioni dei parlamentari degli altri paesi europei. Provocando così un altro “dimezzamento”, più o meno, a quanto è dato di sapere. Certo, le suddette sono decisioni “rivoluzionarie”. Ma questi non sono forse tempi un po’ “rivoluzionari”?