4a Lettera da "Economia Democratica"

Roma, 9 luglio 2012

A tutti gli iscritti a Economia Democratica

Cari Amici,

il rimprovero rivolto dal Presidente Monti al Presidente della Confindustria, che a proposito del decreto del governo sulla spesa aveva detto che “dobbiamo evitare la macelleria sociale”, rende manifesto come l’attuale forma economica sia incompatibile con la democrazia. Secondo il presidente del consiglio infatti tali giudizi farebbero “salire lo Spread”. In realtà sarebbe difficile non discutere provvedimenti che tagliano i fondi anche per il vestiario nelle carceri, come se le condizioni dei detenuti in Italia fossero già troppo felici. Ma al di là del fatto specifico, il bisogno di silenzio del governo  dimostra che questa economia non solo contravviene all’obbligo costituzionale che la vorrebbe indirizzata a fini sociali e non in contrasto con la sicurezza, la libertà e la dignità umana, ma richiede anche la rinuncia al diritto civile e politico alla libera manifestazione del pensiero tutelato dall’art. 21 della Costituzione. Il presidente Monti ha anche adombrato l’idea che il prossimo “ritorno a un normale processo elettorale” possa risolversi in un danno per l’Italia rispetto all’Europa e ai mercati. Tutto ciò significa che l’attuale forma economica non può svolgersi in un vero quadro democratico, sia quanto ai contenuti sostanziali della democrazia, sia quanto ai postulati della democrazia politica e dei diritti umani universali.

Con questa osservazione si può collegare l’altra che deriva dall’iniziativa dell’ex presidente del Senato Pera, che ha proposto, senza adeguate reazioni del mondo politico, l’elezione di una assemblea costituente di 75 membri per cambiare in dodici mesi la forma dello Stato e sostituire la Costituzione vigente con una nuova Costituzione. Dunque non una revisione costituzionale, ma un sovvertimento del Patto del 47. Quest’ultima iniziativa rivela la verità nascosta anche degli altri tentativi in atto di modifica costituzionale: dalla “piccola riforma” che aveva trovato in Senato un accordo di tutte e tre le forze di maggioranza (oltre i due terzi del Parlamento), alla riforma presidenzialistica di Berlusconi, alla riforma federalistica della Lega, alla proposta di un referendum di scelta tra presidenzialismo e premierato forte presentata dai sen. Chiti e Ceccanti, e caldeggiata da autorevoli esponenti del gruppo senatoriale del PD. Tutte le proposte hanno di fatto in comune il ridimensionamento del Parlamento e il passaggio dalla Repubblica parlamentare ad altre forme,  verticistiche, personalistiche e più incondizionate, di governo. Anche contro l’intenzione di qualcuno dei proponenti il senso è chiaro: se l’economia è incompatibile con la democrazia, raffreddiamo o spegniamo la democrazia.

Da tutto ciò deriva la vitale importanza di un movimento come Economia Democratica, la cui missione è di concorrere a creare una coscienza popolare e a indurre tutti i protagonisti della legislazione e della politica a promuovere invece la conversione dell’economia, interna e internazionale, per renderla compatibile e protesa alla difesa e a una piena attuazione della democrazia.

Perciò Economia Democratica continua a sollecitare adesioni per poter giungere a convocare l’assemblea costitutiva dell’associazione e del movimento. Preghiamo tutti gli iscritti di contribuire a questo risultato.

A quanti non hanno inviato la liberatoria per la pubblicazione del loro nome tra gli aderenti, e a quanti non hanno ancora inviato il proprio personale “Chi è”, ossia una breve nota biografica da pubblicare sul sito, preghiamo di farlo al più presto.

Con i più cordiali saluti

Economia Democratica

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Vedi Dossier: Economia Democratica

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Allegati:

1) Un articolo del prof. Mario Pianta sui risultati del vertice di Bruxelles del 28 – 29 giugno 2012.

2) Un articolo di Rossana Rossanda, “L’Europa difficile” sul vertice di Bruxelles e sul Forum “Un’altra strada per l’Europa”.

3) Una relazione del prof. Umberto Romagnoli, già ordinario del diritto del lavoro all’Università di Bologna, sul diritto del lavoro nel momento in cui l’emergenza economica diventa “emergenza democratica”.