Seminario su “La Buona politica per il Bene comune” in Todi

Commento e piccolo dossier

Domenico Cella

Presidente dell’Istituto De Gasperi Emilia-Romagna

24 Ottobre 2011

Nelle giornate 16-17 c.m., si è svolto a Todi il Seminario su “La Buona politica per il Bene comune”, promosso da sette organizzazioni, in prevalenza economiche, che un tempo si sarebbero dette “bianche”.

Il Seminario si è aperto con le movenze di un convegno “ecclesiale”, sia pure dedicato a problematiche mondane (vedi l’allegata prolusione del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana card. Angelo Bagnasco nonché l’omelia pronunciata dal Vescovo Vincenzo Paglia durante la Messa della mattinata). Lo svolgimento non è noto (il Seminario era a “porte chiuse”), si conosce solo il programma che non prevedeva espliciti approfondimenti su partiti, istituzioni e politiche. La conferenza stampa tenuta a conclusione dei lavori ha invece agitato motivi tipicamente politici: questo governo non va più bene, ne vogliamo un altro; (ma) no ad elezioni politiche anticipate, aspettare è utile per scomporre e ricomporre partiti e schieramenti; sì a un sistema elettorale proporzionale con preferenze; verso un nuovo partito politico? (qui le opinioni non sono state le stesse: vedi Rassegna stampa).

Insomma, si è cominciato in un modo e si è finito in tutt’altro.

Peccato. Perché ci sarebbe veramente bisogno di una riflessione “ecclesiale” sulla politica, di una riflessione del Popolo di Dio alla luce del Vangelo e sotto la guida dei Pastori sulla qualità delle relazioni nei partiti e sullo spessore autenticamente umano delle diverse politiche (a partire da quelle del lavoro).

E ci sarebbe anche un enorme bisogno di una riflessione dedicata e competente sui processi e sulle strutture della politica; fondamentalmente, la crisi della politica italiana è dovuta al bipolarismo o alla qualità dei soggetti partitici, vecchi e nuovi, che lo hanno incarnato?

Da Todi il “soggetto di interlocuzione con la politica” che si vorrebbe costruire tra i cattolici italiani sembrerebbe poter assumere due strade. La prima è quella di un movimento di pressione, senza finalità di raccolta in proprio di consenso elettorale, sponsorizzata dalla Chiesa coinvolgendo l’universo dei credenti (una sorta di nuovo Comitato civico?); priva di ambizioni politiche in proprio, potrebbe intercettare i problemi del centrodestra italiano e, nel suo ambito, della costruzione del “dopo Berlusconi”.

La seconda strada (anch’essa sponsorizzata, almeno nelle attese, dalla Chiesa), darebbe effettivamente qualche chanche al progetto del partito di “centro” che segnerebbe la fine di “ogni” bipolarismo, il ripristino di Governi formati in Parlamento più che davanti agli elettori e di maggioranze via via mutevoli e opportunistiche, insomma uno scenario da prima repubblica (ma senza la forza integratrice e, nella distinzione, la reciproca accettazione e legittimazione di Dc e Pci).

Le strade ipotizzabili nel solco del Seminario di Todi non verrebbero seguite da tutti i credenti (forse nemmeno dalla maggioranza di essi ). Dopo la scomparsa del partito di ispirazione cristiana si è avverata la predizione di Sturzo (1905) di una distinzione tra cattolici conservatori e cattolici democratici. Ciascuno ha cercato, politicamente, i suoi simili. I cattolici democratici, in particolare, hanno preso la strada della collaborazione con altre realtà della tradizione democratica, in un contesto di piena aconfessionalità. Una strada con le sue asprezze, le sue delusioni (a quando più impegnati confronti?), ma anche una strada creativa e responsabilizzante, aperta al bene comune di “tutti gli altri”.

A ragione di questa libertà questi credenti (al pari di tutti gli altri, messi alla pari di tutti gli altri) non vorrebbero perdere l’amore, l’attenzione e la fiducia della Chiesa, della “chiesa” senza nessuna mediazione organizzativa di apparati fiduciari esterni, della Chiesa nella sua diretta naturale funzione di ascolto e annuncio del Vangelo in tutte le manifestazioni dell’uomo, quella politica compresa.

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