Mondo cattolico e bipolarismo

Vincenzo Ortolina
Coordinatore A.P. per la Lombardia
Milano, 4 Agosto 2011
  

Nelle scorse settimane è stato dato un buon risalto, sui “media”, all’iniziativa del “Forum delle persone e delle associazioni d’ispirazione cristiana nel mondo del lavoro” che ha prodotto un “Manifesto per la buona politica”. Credo sia utile fare qualche considerazione, in proposito. Penso vada subito ricordato, innanzitutto, che le associazioni coinvolte (Cisl, Movimento cristiano lavoratori, Acli, Confcooperative, Confartigianato e Compagnia delle opere) non esauriscono certo il panorama, assai complesso, delle organizzazioni cattoliche o d’ispirazione cristiana del nostro paese. Per loro stessa definizione, le prime si occupano in particolare del “mondo del lavoro”, prevalentemente dalla parte dei lavoratori (talune) o dei datori di lavoro (tal altre), pur se di società di tipo artigianale, cooperativo, eccetera. Ciò ovviamente non toglie loro il pieno diritto a riflettere più in generale sulla possibilità di uno spazio migliore per il protagonismo dei cattolici in politica, e a contribuire al cambiamento della politica stessa. Interessante anche la pretesa del Forum di proporsi quale “punto di riferimento e unità del movimento cattolico”. In proposito mi pare però evidente che per il raggiungimento di tale unità, impresa io credo titanica, i gruppi che hanno sottoscritto il “Manifesto” (peraltro condivisibile in non pochi punti) non possono prescindere da un confronto serrato anche con quell’importante componente del più complessivo movimento cattolico che si rifà al “cattolicesimo democratico”. I cui aderenti, detto per inciso, oggi, è noto, si pongono nettamente all’opposizione del sistema politico berlusconiano. Anche a seguito dell’iniziativa in questione, e di altre nelle quali è stata espressamente evocata una volta ancora l’idea del ritorno al “partito cattolico”, il dibattito sulle direzioni che prenderà, in politica, il “mondo cattolico”, appunto, dopo la preconizzata uscita di scena di Berlusconi, ha così ripreso vigore. Ma la limitatezza del perimetro entro il quale esso si è svolto (non è possibile prescindere, ribadisco, dal considerare anche il pensiero “cattolico democratico”) ha fatto sì che gli “opinionisti” che se ne sono interessati giungessero alla conclusione che le future scelte del mondo cattolico (o perlomeno della grande maggioranza di esso) non potranno che essere queste, in alternativa. La prima: aderire a un PdL trasformato definitivamente in un partito “moderato e conservatore” ancorato all’ispirazione cristiana. Una formazione politica che si contrapporrebbe così, nel sistema bipolare, a un PD “social democratizzato”, in quanto tale poco “agibile” (chissà mai perché) per chi si rifà, in politica, ai dettami della dottrina sociale della Chiesa. E’ la soluzione, questa, che piace molto ai “grandi” opinionisti del Corriere, guarda caso, convinti, se posso dire banalmente, che la Chiesa non può che stare “a destra”. Il secondo scenario vedrebbe il tentativo di dare vita, invece, a un nuovo partito d’ispirazione cristiana che scardini l’attuale bipolarismo, con la complicità di una nuova legge elettorale su base proporzionale. Guarda caso, la richiesta di una precisa legge in tal senso viene avanzata nello stesso documento in questione, che perciò non si limita ai soli “principi”, ma va anche, forse un po’ troppo, sulle scelte concrete. Pur dopo aver affermato che i suoi firmatari non intendono realizzare “l’ennesimo partito”. Insomma, dai suddetti giudizi traspare la convinzione che i “cattodem” (nei quali mi riconosco) si sentano, nel Partito democratico, in una sorta di “riserva”. Invece non è così, come ha chiarito Roberto di Giovan Paolo su “Europa”, nei giorni scorsi. Pur consapevoli di qualche difficoltà che questa collocazione comporta (ma chi non ne ha?), noi non ci troviamo affatto a “mal partito”, da questa parte. E siamo anzi convinti, forse con un pizzico di presunzione, che questo sia l’approdo “naturale”, nell’attuale contingenza, per dei cattolici, appunto, “democratici”. Quanto all’auspicata unità dell’intero movimento cattolico, vorrei considerare che persino su taluni principi che sono nell’elenco di quelli definiti “non negoziabili” mi pare si riscontri una pluralità di posizioni, perlomeno a riguardo della loro attuazione pratica: se penso al ”fine vita”, per esempio, di là dal tentativo propagandistico di opporre “fautori della vita” a negatori della stessa, personalmente condivido la posizione di Pierluigi Castagnetti, per il quale l’intervento parlamentare (che ha comunque prodotto in prima lettura una legge brutta perché decisa dalla maggioranza anche per interessi politico/partitici) rappresenta una sorta d “invasione di campo”. Quello in argomento, infatti, è un tema delicato che imporrebbe decisioni da lasciare – senza ignorare la diversità delle situazioni, con le loro molteplici variabili e dunque con la necessità di una valutazione “caso per caso” – alla competenza delle singole coscienze dei soggetti
direttamente coinvolti (medico, malato o suo contesto familiare), uniti in un’alleanza che si preoccupi, insieme. di “curare” e di “prendersi cura” della persona. La pensa così, a quanto ho letto e mi pare di aver capito, l’associazione dei medici cattolici di Milano, i quali, credo, non si sentono meno “cattolici” di altri, per questo.