Lettera aperta alla 46° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani

 
di Piero Lacorte

10 Ottobre 2010

Desidero esprimere alcune riflessioni nella imminenza della 46° Settimana Sociale dei cattolici italiani di Reggio Calabria.

“Cattolici nell’Italia di oggi”, recita il titolo. Ritengo perciò necessario partire da una presa d’atto cruda  e reale della situazione dell’Italia oggi per dare un senso ai lavori; una situazione di grave degrado morale, civile, istituzionale, economico, continuamente sottovalutata dai responsabili politici, i quali spesso contribuiscono a deteriorarla ulteriormente nella precipua preoccupazione di consolidare un potere fine a se stesso, ma soprattutto mai presa in seria considerazione dalla comunità cristiana, la quale non prende mai posizioni chiare e definite di fronte ai problemi reali che attanagliano i cittadini ogni giorno di più.

Anche la Chiesa istituzione non modifica i suoi usuali metodi di intervento, spesso limitati a generici richiami ai valori etici. Diventano invece sempre più frequenti interventi di Presuli, chiaramente individuabili per i loro orientamenti, per vicinanza ad alcuni movimento ecclesiali caratterizzati dalla convinzione di possedere la verità assoluta e dalla poca disponibilità al dialogo ed al confronto.

Persiste sui più la convinzione che la maggioranza dei Vescovi abbia rinunziato a guidare in autonomia le Chiese particolari, disposta a farsi dettare l’agenda dei lavori dal Presidente della CEI nel corso delle periodiche assemblee.

La prossima Settimana Sociale è stata ancora una volta preparata da poche persone, le quali, solo da pochi giorni, hanno reso pubblico il programma dei lavori.

Il documento preparatorio è di una genericità sconcertante, segnala problemi, ma evita di affrontarli in profondità e di dettarne possibili soluzioni.

Quale attesa si spera di generare nell’opinione pubblica nel corso dello svolgimento dei lavori?

Si avrà il coraggio di prendere atto inizialmente della condizione in cui sono costretti ad operare i vertici della magistratura di Reggio Calabria, sempre più esposti a minacce ed intimidazioni mafiose mai prima immaginate, grazie anche alle continue delegittimazioni da parte del potere politico verso un potere di garanzia per tutti? Si avrà il coraggio di prendere posizione di fronte ad una situazione del genere o ci si limiterà alla espressione di una generica solidarietà verso la magistratura?

Si prenderà seriamente atto della reale situazione socio economica del paese, grazie alla quale molti cittadini si dibattono fra mille difficoltà in preda ad autentica disperazione, per studiare le vere cause ed individuare le soluzioni adeguate?

Quale “agenda di speranza per il futuro del paese”si ha la presunzione di indicare se non ci si rende pienamente conto della situazione reale di un paese sfiduciato verso tutto e verso tutti?

Personalmente ho perduto ogni voglia di partecipazione ad una settimana sociale nel corso della quale, secondo un programma conosciuto solo all’ultimo momento, si affronteranno varie tematiche sotto la guida di esponenti di varie associazioni cattoliche, molte delle quali non omogenee e spesso in contrasto per orientamenti diversi. Da tempo ho perso ogni fiducia nei confronti di un laicato che non riesce ad esprimersi in piena autonomia e progettualità, secondo i dettami della Gaudium et Spes, mai peraltro pienamente favoriti nella comunità ecclesiale.

Personalmente sono in preda ad una sofferenza interiore da qualche settimana per due suicidi messi in opera nella mia città da due persone disperate per un  lavoro continuamente precario e per aver constatato quanto la fame possa condizionare la dignità delle persone. Un mio conoscente, operaio specializzato dell’edilizia, disoccupato da mesi, non ha avuto ritegno alcuno nel fermarmi per strada per chiedermi l’elemosina di un euro per comprare un semplice panino e sfamarsi.

Evenienze del genere mi hanno fatto capire quale sia lo stato di sofferenza di tanti fratelli, per far superare il quale non occorrono giornate di studio con richiami altisonanti ad un “futuro di speranza”, bensì impegno quotidiano volto ad un’attenzione verso chi vive in stato di bisogno, del quale prendersi cura con provvedimenti immediati e non con promesse che spesso rimangono nel generico.

Personalmente non sono più disposto ad ascoltare i soloni di sempre e di vedere sfilare sulla scena personaggi sempre pronti ad offrire soluzioni taumaturgiche per ogni problema.

Credo ormai solo nella testimonianza continua e quotidiana di una fede professata, nell’esercizio di quella carità evangelica, la quale, per essere autentica, deve essere praticata, in  estrema attenzione e disponibilità verso l’Altro, nel silenzio più assoluto, senza clamori, senza bracciali, senza le etichette di incontri faraonici, i quali, oggi, rischiano di dare solo fastidio e di offendere chi continua a soffrire nella massima discrezione cercando di resistere alla disperazione.

Abbiamo l’obbligo di una autentica partecipazione empatica alle sofferenze di chi ci vive accanto. La speranza può essere generata solo da autentici “fatti di Vangelo”.

Auguro a tutti quanti condividono le istanze di un futuro migliore un buon lavoro di testimonianza cristiana.

Cordiali saluti.


Vedi dossier 46° Settimana sociale dei cattolici italiani in Reggio Calabria (Ottobre 2010)

Link www.settimanesociali.it