“La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”

Seminario di Agire Politicamente - estate 2013

 

Appunti per l'elaborazione di un contributo alla 47° Settimana Sociale dei cattolici italiani “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”

predisposti da: Giorgio Campanini

Genova, Sabato 24 agosto 2013

 

0. Vi è una diffusa tendenza a leggere la situazione della famiglia italiana in termini non soltanto di “crisi”, ma di vera e propria catastrofe. L’attenzione prevalente è accordata alle aggressioni rivolte da varie parti verso l’istituzione familiare, ai tentativi di rimuovere dal matrimonio la differenza sessuale, dalla constatazione dell’elevato numero di separazioni e divorzi.

A questa “lettura di situazione” – che raramente tiene conto dei molti aspetti positivi della famiglia italiana, vero e proprio “presidio” della società in una stagione di pesante crisi economica – si accompagna spesso una marcata disattenzione alle problematiche della famiglia: la patologia prevale sulla normalità. Nonostante tutto, due terzi delle famiglie italiane regge, continua a procreare (sia pure in maniera ridotta) e ad educare i figli, a rappresentare per le giovani generazioni un sicuro punto di riferimento.

1. Vi è il rischio che, anche alla Settimana sociale di Torino, l’attenzione prevalente sia accordata alla patologia della famiglia piuttosto che alla sua fisiologia. In questa ottica il vero cuore del problema dovrebbe essere quello delle politiche familiari, come risposta ad una radicale domanda: Che cosa hanno fatto, possono fare, e si impegnano a fare lo Stato, la società civile, la legislazione, i poteri locali, per sostenere e promuovere la famiglia, in linea con le precise indicazioni della Costituzione, per decenni malauguratamente disattesa anche nel campo delle politiche sociali, soprattutto a causa del permanere, in alcune componenti della società italiana, di arcaiche pregiudiziali ideologiche? Più che indulgere al lamento, la Settimana sociale di Torino dovrebbe concentrarsi sulle proposte.

2. L’ambito delle politiche familiari è stato ampiamente esplorato e – fra le diverse ipotesi – non vi è che l’imbarazzo della scelta. Ma tutto dipende dalla risposta che si darà alla fondamentale domanda: quanto e come investire sulla famiglia?; con l’avvertenza di rispondere seriamente e non demagogicamente a questa domanda, in una stagione come l’attuale in cui, per una durata prevedibilmente lunga, le risorse saranno limitate: quali voci di spesa ridurre per poter aumentare la quota di risorse destinata alle politiche familiari? Se ogni proposta di politica familiare fosse semplicemente aggiuntiva – come fin qui è accaduto – la risposta (sconsolata) non potrebbe essere che una sola: mancano le risorse (risorse che invece si sono trovate e si trovano per altre voci di spesa: a quando una seria ed incisiva spending review?).

3. Perché l’insieme delle politiche familiari – a livello nazionale e in ambito locale – possa prendere avvio occorre tuttavia quell’ampio consenso sociale che sinora è mancato: in particolare da parte dei sindacati, tutti protesi a proteggere e a sostenere gli occupati (e a salvaguardare, in quanto possibile, i disoccupati) e poco attenti alle problematiche familiari, come dimostra la scandalosa misura degli “assegni familiari” e l’altrettanto scandalosa – denunziata con forza da Ermanno Gorrieri – destinazione ad altre finalità delle pur magre risorse destinate alla famiglia.

Di qui la necessità di una nuova cultura della famiglia, tale da consentire di modificare in radice l’immagine stessa della famiglia, troppo spesso legata (al limite, nella forma del “familismo amorale”) alla sfera del privato e del tutto carente sotto il profilo delle funzioni sociali della famiglia.

4. La comunità cristiana ha, da sempre, valorizzato l’istituzione familiare, considerata “Chiesa domestica”: e tale non soltanto perché luogo di amore, di vita comune, di operosa carità, di apertura alla vita, ma anche come comunità aperta e disponibile al servizio ed all’amore del prossimo.

La mentalità e la cultura “borghese” hanno tuttavia inciso fortemente, nella modernità, sulla concezione della famiglia, facendone talora – in contrasto con la stessa essenza del Cristianesimo – una comunità chiusa ed autoreferenziale. Non mancano i segnali di questi cedimenti allo spirito borghese: dalle forme individualistiche della preparazione al matrimonio (le inziative nell’ambito della preparazione al matrimonio non riescono a scalfire questo persistente individualismo), alla tolleranza del fasto, dell’ostentazione, dello spreco in occasione di nozze e di amministrazione dei sacramenti dell’istituzione cristiana (con il conseguente svilimento della funzione ecclesiale dei testimoni, dei padrini, delle madrine).

Si impone, nei riguardi della famiglia, una pastorale incentrata sull’apertura (all’altro, ai figli che verranno, alla comunità in cui si vive) e non sulla chiusura privatistica. Grande importanza potranno avere, in questa linea, le numerose esperienze di famiglie comunitarie, che propongono stili alternativi al mondo borghese, appunto nella linea dell’apertura solidaristica e non della chiusura individualistica.


Vedi dossier sul Seminario Agire Politicamente - Estate 2013, sul tema: “La famiglia, seminarium rei publicae

Vedi: Seminari di Agire Politicamente - estate 2013

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