La politica italiana sa ancora stupire

Sull’elezione del nuovo Capo dello Stato

 
Intervento di Renato Balduzzi su La Voce alessandrina
7 Febbraio 2015

Dopo l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, La Voce alessandrina ha chiesto a Renato Balduzzi una riflessione sul significato di questa scelta del Parlamento e sui segnali di incoraggiamento e speranza che possono trarsene, sia per il percorso che vi ha condotto sia per le caratteristiche personali del nuovo Capo dello Stato sia ancora per le idealità e la cultura da lui espresse.

Riportiamo di seguito il testo dell’intervento.

La politica italiana sa ancora stupire

 

Questa la prima considerazione che viene spontanea dopo l’elezione di Sergio Mattarella a Capo dello Stato.

Un’elezione avvenuta al quarto scrutinio, ma con un risultato numerico che ha sfiorato la maggioranza qualificata richiesta per le prime tre votazioni.

Di più. Con un grado di consenso, registrato durante il messaggio alle Camere, che ha largamente superato il recinto delle forze che lo avevano votato, andando a interessare anche settori politici, come il movimento Cinquestelle, rimasti sinora estranei a coinvolgimenti istituzionali.

La politica dunque ha dato una risposta convincente rispetto a tutte le forme e le spinte di antipolitica, causate e incentivate anche dalle miserie e dall’indecenza di tanti, troppi comportamenti dei nostri rappresentanti, a ogni livello.

La seconda considerazione riguarda la persona del nuovo Capo dello Stato. La sua biografia, il suo temperamento, il suo stesso modo di rivolgersi agli italiani senza forzature e toni tribunizi, ma con un’empatia naturale e non costruita, sono in grado di aiutare a costruire (o ricostruire) quel capitale minimo di fiducia che rappresenta la condizione indispensabile per potersi percepire come comunità e sperare nel futuro. E d’altronde lo stesso presidente ha individuato, nel breve discorso a braccio al Quirinale, proprio nel sentirsi comunità il nucleo forte dell’ampio e apprezzato messaggio rivolto qualche ora prima alle Camere e ai delegati regionali.

Infine, una terza considerazione attiene all’area ideale e culturale da cui proviene il nuovo presidente, il cosiddetto cattolicesimo democratico, al quale gran parte dei lettori di questo giornale è particolarmente attenta.

Nella storia del nostro Paese, questa tradizione (ma meglio sarebbe dire: questa esperienza e questa proposta) si caratterizza per tre principali segni distintivi.

In primo luogo, per l’attaccamento alla costellazione dei valori espressi dalla Costituzione, da tutta la Costituzione. Il messaggio del presidente Mattarella alle Camere si segnala per la capacità di riproporre l’insieme dei valori costituzionali, senza riduzionismi o censure: pensiamo soltanto alla forte sottolineatura del sostegno alla famiglia come risorsa della società, che non gli ha impedito di dare il corretto riconoscimento ai diritti civili nella sfera personale e affettiva.

In secondo luogo, per la capacità di mediazione. Troppo spesso questo segno distintivo è stato confuso (forse anche nella pratica di alcuni “cattolici democratici”) con la volontà di cercare a ogni costo compromessi al ribasso e con una sorta di incertezza sui valori di fondo. Esso invece esprime la passione per l’et-et piuttosto che per l’aut-aut, la volontà di tenere insieme, in una logica di bene comune, anche dimensioni e posizioni contrastanti.

In terzo luogo, per il senso delle istituzioni e dello Stato (compresa, è stato acutamente notato in questi giorni da un fine commentatore come Franco Monaco, la loro bene intesa laicità). Non che il senso delle istituzioni (compresa la separazione dei poteri) sia un’esclusiva dei credenti o di una parte di essi, visto che ad esso si richiamano anche altre tradizioni, soprattutto quelle liberali. Ma la declinazione che ne dà il cattolicesimo democratico è peculiare: è lo Stato del valore umano di cui parlava il giovane Aldo Moro, la consapevolezza cioè che il nucleo di senso delle istituzioni e la ragione per cui le regole sono da rispettarsi sempre stanno nel loro essere a servizio della persona, come singolo e nelle formazioni sociali in cui si svolge la personalità di ciascuno.

Ma se quanto detto è vero, ne consegue che l’elezione di Sergio Mattarella costituisce uno stimolo fortissimo a superare un limite emerso in questi ultimi anni all’interno del cattolicesimo democratico: quello di far leva più sull’esperienza che sulla proposta, più sulla lusinghiera storia che sulla capacità di interpretare i cambiamenti e di operare fattivamente di conseguenza.

E, dunque, questa elezione costituisce un incoraggiamento anche per l’intera comunità cristiana, affinché sia sempre più capace di generare coscienze forti e liberi, persone che (parafrasando quanto ha ricordato il nuovo presidente richiamandosi a Papa Francesco) siano al tempo stesso di buone maniere e di buone abitudini.

Così facendo, sarà più facile per tutti, specialmente per i più giovani, ricuperare speranza e fiducia.


Vedi Dossier: "Sergio Mattarella, presidente della Repubblica Italiana"