LA MIGLIORE POLITICA

UNA LETTURA DEL 5° CAPITOLO DELLA "FRATELLI TUTTI"

Alvaro Bucci

1 Novembre 2021

Particolarmente interessante appare questo capitolo per l’attualità delle indicazioni che possono trarsi per un campo che abbisogna di essere continuamente riorientato verso obiettivi di bene comune, considerate le continue devianze che vi si riscontrano.

Un capitolo, complesso nelle sue specifiche declinazioni, attraverso cui papa Francesco, oltre a ricordare “gli errori, la corruzione, l’inefficienza di alcuni politici” nonché le strategie che mirano a indebolire la politica e “a sostituirla con l’economia o a dominarla con qualche ideologia”, invita a rivalutare la politica che “è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune” (n. 180 dell’Enciclica).

Nei primi otto paragrafi del capitolo in parola, Bergoglio affronta di petto la questione del confronto tra popolare e populista, su cui si è soffermata la riflessione del Gruppo.

Innanzitutto contesta il fatto che la categoria “populismo” o “populista” diventi una delle polarità in cui la società viene divisa in maniera binaria tra “populista” o “non populista”. Perché così s’ignora la legittimità della nozione di “popolo”, nozione che serve ad affermare che la società è più di una mera somma degli individui.

E riporta al riguardo un’ampia citazione di un’intervista rilasciata in precedenza al S.J. Antonio Spadaro, di Civiltà Cattolica, nella quale puntualizza che “essere parte di un popolo è far parte di un’identità comune fatta di legami sociali e culturali. E questa non è una cosa automatica, anzi: è un processo lento, difficile…verso un progetto comune”.

A fronte del significato deformato, chiuso, che i gruppi populisti danno alla parola “popolo”, papa Francesco riafferma il carattere aperto della categoria “popolo”, che configura un popolo “vivo”, “dinamico”, “costantemente aperto a nuove sintesi assumendo in se ciò che è diverso” (n.160).

E aggiunge di seguito la degenerazione populista della “ricerca dell’interesse immediato”, di chi risponde “a esigenze popolari allo scopo di garantirsi voti o appoggio”, ma “senza offrire alle persone le risorse per il loro sviluppo per poter sostenere la vita con i loro sforzi e la loro creatività”.

Altra parte significativa è quella dedicata ai valori e limiti delle visioni liberali. Dove papa Francesco rileva come la categoria di “popolo”, così come inteso positivamente dal suo pensiero, è abitualmente rifiutata dalle visioni liberali individualistiche, che considerano la società “una mera somma di interessi che coesistono”. Per queste visioni, la categoria di popolo è una mitizzazione di qualcosa che non esiste.

Vi si afferma anche che “Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale” e che “Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica” (Caritas in veritate).

Particolarmente significativa anche la parte dedicata alla “politica di cui c’è bisogno”, vista come esercizio alto della carità.  Papa Francesco inizia il primo paragrafo (n. 177) ribadendo il principio, più volte espresso, che la politica non deve essere sottomessa all’economia, e questa al paradigma efficientista della tecnocrazia. Al contrario, è la politica che deve avere una visione ampia in modo che l’economia sia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune. La grandezza politica si mostra quando si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine, puntualizza al paragrafo n. 178.

Precisa di seguito che ogni impegno finalizzato a “riconoscere ogni essere umano come un fratello o una sorella e ricercare un’amicizia sociale” diventa un esercizio alto della carità, e che quando un individuo si unisce ad altri per dare vita a processi sociali di fraternità e di giustizia per tutti, entra nel “campo della più vasta carità, della carità politica”. E questa carità politica – aggiunge Bergoglio – presuppone di aver maturato un “senso sociale che supera ogni mentalità individualistica”, precisando ancora che “ognuno è pienamente persona quando appartiene a un popolo, e al tempo stesso non c’è vero popolo senza rispetto per il volto di ogni persona”. Insomma, popolo e persona sono termini correlativi.

Papa Francesco richiama anche alcune qualità che debbono caratterizzare i politici che “sono chiamati a prendersi cura della fragilità, della fragilità dei popoli e delle persone”, e le cui maggiori preoccupazioni dovrebbero essere quelle di “non trovare un’effettiva soluzione al fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze”. Occorre “avere cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci” nel fronteggiare tali conseguenze.