Pensieri e gratitudine a Monticone

intervento di Angelo Bertani nell'incontro di amicizia per l'80° compleanno di Monticone

Angelo Bertani
Perugia, 3 Dicembre 2011

“…chi vuole davvero essere persona cristiana nel proprio tempo, non rifugiata in qualche angolo della propria casa o del proprio lavoro, ma parte viva della comunità desidera fortemente di trovare maniere nuove di comunicare con altri cristiani, con altri cittadini che condividono le sue aspirazioni. Non sono le notizie che ci mancano, ci manca l’amicizia, ci manca la solidarietà e il conforto di sapere che nella nostra strada non siamo soli….

…questo settimanale vuole essere così un contributo a creare legami di amicizia, a gettare fili di comunicazione che nell’incontro consueto di ogni settimana ci facciano sentire parte di una grande amicizia fra cristiani impegnati nella vita quotidiana…

…Più che informazioni nuove e più che giudizi già confezionati sulla Chiesa, sul mondo e sul nostro Paese, un foglio come questo intende soprattutto portare la novità di scoprirci giorno per giorno solidali in alcuni obbiettivi essenziali e disposti a confrontarli e a lavorare per essi tutti insieme.”

Così Alberto Monticone – nell’articolo intitolato “Comunicazione e amicizia” illustrava non solo lo spirito autentico della Azione Cattolica oggi, ma proprio lo scopo di Segno Sette, il mini-settimanale dell’ A C, che nasceva quel novembre 1983 (con il proposito, mantenuto, di essere autosufficiente dal punto di vista economico, cioè di basarsi solo sul contributo degli abbonati; e con l’intenzione, anch’essa perseguita con convinzione, di essere  non un bollettino o una voce dell’associazione, ma uno strumento di dialogo tra l’azione cattolica, la chiesa, i lettori, gli autori… e la multiforme realtà socioculturale e religiosa del Paese).

Monticone riassumerà spiegando che l’iniziativa di Segno Sette voleva essere “non semplicemente di informazione ma di umanità cristiana!”.

Ecco, io non posso non partire di qui perché Segno Sette (inteso certo come un’esperienza non solo e non tanto giornalistica, ma esperienza di vita e di missione dell’AC, anzi di fede e di chiesa-nel-mondo) è stato il contesto in cui ho maggiormente conosciuto e sperimentato l’amicizia – e dunque le qualità umane e cristiane – di Alberto Monticone. E di ciò conservo gioia e gratitudine in grandissima misura, del tutto analoga a quella che mi lega al ricordo di un altro laico cristiano, Vittorio Bachelet.

Ho conosciuto Alberto nel Meic (di Romolo Pietrobelli, Anna Civran, padre Enrico di Rovasenda, Marina Vittoria Rossetti…) dov’era stato designato come presidente, non senza qualche concorrenza, come sempre capita quando c’è in gioco un’apparenza di potere o piuttosto di visibilità. Io mi ero occupato di Fuci e Laureati cattolici, a Brescia e a Roma, e poi della comunicazione e della stampa dell’Azione Cattolica con Vittorio Bachelet per passare poi ad Avvenire come vaticanista e responsabile della redazione romana.

Era il 1980, mi pare; si concludeva la lunga e feconda presidenza di Romolo Pietrobelli che aveva anche traghettato i “laureati” al Meic. Non mancavano candidati ed autocandidati a succedergli.

Ma si convenne, e Pietrobelli e Anna Civran e tutta la migliore tradizione del Movimento per primi, che serviva una guida che esprimesse una continuità profonda con la più alta tradizione del movimento che era stato di Montini e Righetti.

Il Meic, i laureati cattolici legati al “progetto  montiniano”, alla resistenza cattolica,  al Codice di Camaldoli, alla rinascita postbellica della cultura cattolica con Aldo e Carlo Moro, Leopoldo Elia, Veronese, Bachelet, Lazzati, Pietrobelli, alla presenza in Concilio di Ferrari-Toniolo, Zama, Costa,  Guano…

Alberto era l’erede più qualificato, e più creativo, innovativo, di questa linea intellettuale e spirituale che chiamavamo della “mediazione culturale”; e pensavamo che sarebbe stato il presidente ideale del Meic per gli anni ottanta. Altrimenti il rischio era che questa tradizione di gran qualità finisse diluita in un “movimento d’ambiente” o piuttosto in un intergruppo professionale dove prevalessero interessi corporativi e ambizioni personali o magari di casta.

Sollecitato e… pregato, Alberto offrì la sua disponibilità, con umiltà e spirito di servizio; e non era una fatica da poco.

Ma non riuscimmo a tenerlo al Meic! In verità subito si rese necessario “prestarlo” all’AC, in un campo più vasto e per molti aspetti impegnativo; a prima vista non entusiasmante e perfino aspro. Come Meic capimmo che non era solo un sacrificio per noi – semmai lo era per Lui!-, ma era un’occasione per tutta la Chiesa italiana.

Infatti l’Azione Cattolica viveva un momento assai delicato… Dopo Bachelet 1964-1973, e la presidenza Agnes 1973-1980, c’era un momento di stanchezza; ipotesi e “correnti” diverse; spesso con referenti anche ecclesiastici esterni; con rapporti complessi con altre forze associative diverse e… sembrò opportuno una soluzione super partes, una personalità conosciuta in Aci ma non appartenente a specifiche…correnti.

La fine del pontificato montiniano nel drammatico momento del terrorismo (pensiamo a Moro e Bachelet e tanti servitori dello Stato…) lasciava smarriti. All’Azione Cattolica serviva davvero un colpo d’ala, un rilancio  forte e chiaro, ma soprattutto creativo sulla linea della “scelta religiosa” che alcuni ambienti laicali ed anche ecclesiastici ritenevano timida, insufficiente, non abbastanza militante contro gli errori del mondo moderno…

Ritornavano le tentazioni di affidarsi alla potenza dei numeri, del danaro, degli accordi di potere, delle strutture tipiche delle “cristianità costituite” e chiuse al dialogo, aperte invece alla conquista o magari ai compromessi. Insomma, era in questione anche la continuità con lo spirito del Concilio e dello stesso pontificato paolino… Ed era in gioco anche una linea di continuità con quel convegno “Evangelizzazione e promozione umana” che monsignor Bartoletti aveva sognato (ma non aveva potuto vedere) e che i cardinali Poma con monsignor Maverna e Caporello e padre Sorge e don Riva, e un gruppo di laici (Lazzati, Maria Eletta Martini, Rosati, Pietrobelli, Paola Gaiotti, Pietro Scoppola…) avevano tuttavia realizzato nel novembre 1976. Ma che rischiava di essere dimenticato.

Poi c’erano personalità come i cardinali Pellegrino e Ballestrero che sostennero l’orientamento dello stesso monsignor Costanzo, assistente nazionale dell’Aci, tutti ben convinti che il rinnovamento della Chiesa italiana meritasse d’esser continuato in particolare nella e dalla Azione Cattolica (rinnovata in profondità dall’opera di Vittorio Bachelet…) rinnovamento da proseguire con determinazione e speranza, con un sicuro equilibrio e un vasto radicamento; convinti che Alberto Monticone potesse esserne la guida e l’interprete più adeguato.

Fu così infatti. Il Meic ebbe il dono della presidenza di Franco Casavola; e l’Azione Cattolica di Alberto Monticone. Accompagnato da un’equipe rinnovata e motivata (sia nella componente laica che in quella ecclesiastica) la presidenza Monticone avviò subito il rinnovamento della vita associativa e realizzò rapidamente un rapporto di dialogo culturale e religioso con la società italiana in misura che direi imprevedibile.

Non c’era più Paolo VI; c’erano le tentazioni di attivismo, di compromissione politica anche per salvare il salvabile di fronte alla crisi del sistema politico e partitico; c’era la rinascita dell’attivismo e del movimentismo ecclesiale, che strumentalizzava la passione e l’impatto del papa venuto da lontano. Eppure l’AC di Monticone riprese uno straordinario dialogo col Paese e con la coscienza evangelica della chiesa italiana. Ricorderò, di passaggio, che alla fine del triennio 1983/1986 l’Azione Cattolica risultava, in tutti i settori, in crescita di iscritti (cosa…non frequente),  non solo in crescita di audience e di incisività.

E credo proprio che qui sia stato decisiva non solo la cultura e la trasparenza del presidente che rappresentava ed esaltava direi quella di tutta l’associazione  (nella quale tantissime persone ieri ed oggi lavorano con intelligenza e dedizione davvero solo “per il regno di Dio”), ma anche il suo personale stile di comunicare…  l’idea dell’amicizia, del dialogo, unita ad un grande rigore intellettuale e morale, ed ecclesiale (“l’obbedienza in piedi” raccomandata da Mazzolari e già praticata da Bachelet…). Era,tradotto in vita associativa e quotidiana, lo spirito di quella straordinaria lettera pastorale “Camminare insieme” che Michele Pellegrino aveva donato alla chiesa torinese e italiana nel 1971.

Merita di ricordare la coerenza non strillata che Alberto sviluppò nella vita associativa  (come quando nel novembre 1981, benché ovviamente invitato, non andò all’Assemblea nazionale della DC aperta agli “esterni”, cioè alle forze “collaterali”; non andò per fedeltà alla natura religiosa ed apostolica dell’associazione; ma, riconoscendo la buona intenzione e le potenzialità positive dell’iniziativa, inviò come A.C. un documento molto apprezzato e propositivo.

Tra le novità dello stile di Alberto alla guida della Azione Cattolica vorrei ricordare:

  • la capacità di rivolgersi anche oltre la cerchia degli iscritti e dei credenti, “facendosi prossimo” (e ritroviamo qui lo spirito del cardinale Martini!) a gran parte degli italiani grazie ad un linguaggio e ad uno stile sincero, fresco, pacato; e proponendo contenuti che attingevano i valori comuni della buona vita, sia in campo ecclesiale che in campo civile e politico (come poi testimonierà e testimonia in un impegno di animazione culturale ed etica delle esperienze politiche, da Carta 93 ad Agire Politicamente a Italia popolare; e dal Senato alle amministrazioni e ai gruppi locali!).
  • la capacità di tenersi fuori, o meglio sopra, tante polemiche intraecclesiali ad anche vere e proprie accuse e aggressioni verbali di cui fu fatto oggetto da parte degli integralisti (ricorderete le accuse di… protestantesimo!). Anche in quella circostanza il suo comportamento sereno ed evangelico, veramente cristiano, fu molto più significativo di qualsiasi risposta.
  • la capacità di parlare anche alle giovani generazione e di trasmettere così i valori, le esperienze, le migliori tradizioni culturali e spirituali con semplicità, senza toni presuntuosi od esclusivi, invitando anzi a continuare con libertà e creatività quelle tradizioni ed esperienze, “facendo nuove tutte le cose”.

E alla radice di tutto, oggi veramente ringraziamo Alberto, e so di poterlo fare insieme a  tutti voi, per la sua testimonianza di amicizia, di serietà e di rigore. Quella vera, che non taglia col bisturi lungo i confini delle differenti sensibilità, culture, convinzioni.   Quell’amicizia che è camminare insieme, volendosi bene senza smancerie, cercando insieme quel che è meglio, più giusto e più buono, godendo della fraternità e mettendola al servizio di tutti. Anticipando così qualcosa di quel che speriamo di vivere assieme, per sempre, nella Casa del Padre. Alberto, grazie!


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Vedi nota sull'Incontro di amicizia con Alberto Monticone