Cattolici democratici nell’Italia di oggi per rigenerare la democrazia

Assemblea Nazionale di Agire Politicamente - 2010 - Intervento introduttivo

Alberto Monticone

 Roma 24-25 aprile 2010

Nella riflessione odierna sulla democrazia nel nostro Paese e sull’apporto dei cattolici democratici alla sua salvaguardia ed al suo miglioramento potremmo essere indotti a considerare con forte preoccupazione l’aggravarsi dei rischi a causa di un lungo periodo di governo del centrodestra, caratterizzato da guida personalistica e populista, di propositi di stravolgimenti del sistema istituzionale e di una autolegittimazione del potere, quasi come se, contro il dettato e lo spirito della Costituzione, l’elettorato avesse conferito una delega in bianco al vincitore. Anche sull’altro versante, quello del centrosinistra, potremmo scorgere cedimenti, negligenze o silenzi nei confronti di una deriva democratica verso  la conservazione e la limitazione del ceto politico nella prospettiva di un’alternanza nello statu quo di lontananza dai cittadini. Credo invece che il vero nodo da affrontare sia piuttosto l’interrogativo su  noi stessi, non solo come associazione “Agire Politicamente”, ma soprattutto come laici cristiani, chiedendoci appunto come siamo stati e come oggi siamo, che cosa abbiamo fatto e che cosa facciamo perché l’Italia sia una democrazia reale, fondata sull’eguaglianza e sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace, e perché i cittadini tutti godano degli stessi diritti ed esercitino gli stessi doveri per il bene comune.

E’ vero che non abbiamo mancato, ripetutamente dovunque ed anche in questa sede, di denunciare i pericoli e di proporre progetti, che ci siamo impegnati dentro e fuori dei partiti e dei movimenti politici, che abbiamo nelle realtà territoriali collaborato fattivamente all’azione sociale ed allo sviluppo democratico, eppure abbiamo registrato nell’ultimo decennio l’inefficacia dei nostri sforzi, l’invalicabile confine con la politica attiva e persino la solitudine civile di cattolici democratici non inseriti in strutture partitiche. Siamo stati poco esigenti nei confronti di chi ha inteso rappresentare ovvero organizzare politicamente i cattolici democratici, ma lo siamo stati anche verso noi stessi, soprattutto in ordine al nostro personale e collettivo rinnovamento, nelle persone, nelle idee e nel metodo d’azione. In fondo siamo stati troppo poco laici rispetto al nostro passato e all’ itinerario intrapreso.

Il tempo di rinnovare la democrazia non è dunque tanto segnato da eventi esterni quanto piuttosto dalle condizioni per così dire interne al movimento cattolico, nell’ accezione proposta da Giorgio Campanini. Se si sta percorrendo una transizione prolungata e deteriore nella democrazia, un’altra e per noi più rilevante transizione va verificandosi, persino in maniera più vistosa, nell’area cattolica italiana a cominciare dalle varie forme di associazionismo per finire alle comunità ecclesiali locali. Questa seconda in se stessa non è affatto negativa ma deve essere percepita e possibilmente assecondata nei suoi valori di innovazione, nelle sue attese e nelle sue speranze, come richiede con urgenza una vera e sapiente lettura dei segni dei tempi. Perché questo è per noi il segno interiore del nostro tempo.

Si usa dire che anche la Chiesa, tanto nella sua struttura gerarchica quanto nella sua realtà di comunità di popolo di Dio in cammino nella storia concreta degli uomini, non ha affrontato a sufficienza il rinnovamento additato dal Concilio e che anzi ha influito ed influisce sulla politica del nostro Paese in maniera talvolta inopportuna e comunque non indirizzata ad un autentico sviluppo democratico. Ciò è in gran parte vero, ma non ci deve indurre ad inutili lamentele e non ci esime da un esame di coscienza e da una revisione in positivo del nostro modo di essere laici cristiani dentro la comunità ecclesiale e nella società civile.

Ma tra i laici cristiani esistono oggi davvero i cattolici democratici? Chi sono e dove sono? Cattolici e democratici noi tutti qui presenti ci professiamo e tali intendiamo essere, ma quella che sosteniamo è una democrazia dei cristiani o, meglio, da cristiani oppure una democrazia tout court? In questo secondo caso però dovrebbe essere una democrazia promossa nella sua essenza e praticata nei modi adatti alla realtà odierna e quindi esigente un rinnovamento di noi cristiani e cittadini. Il problema prima che istituzionale e politico è un problema etico che ci interpella direttamente, etico nel senso etimologico e vitale del termine: potremmo addirittura dire che esso è di natura antropologica di noi stessi.

Sappiamo bene che anche per i cattolici democratici la discriminante passa per il Concilio e per la laicità cristiana da questo magistralmente tratteggiata, che da tale premessa discende il modo di fare politica sino alle scelte partitiche e che non bastano formule, sigle o professioni di fedeltà alla Chiesa e alla Repubblica per essere veramente tali. E’ bene aggiungere un altro dato discriminante, che  è  insieme semantico e generazionale:  rinnovare infatti vuol dire produrre qualcosa appartenente ad una specie valoriale provata e conosciuta ma con una fioritura originale nei tempi e nei modi, affidata a nuovi protagonisti. In altri termini passare il testimone con lo slancio e nell’integrità con cui lo si è sinora portato.

Questa assemblea saprà molto meglio di quanto possa fare io discernere le forme nelle quali Agire Politicamente potrà contribuire a rivestire di futuro la democrazia italiana, anche valutando i passi positivi compiuti e qualche delusione provata, affrontando comunque  la questione generazionale, non meramente ma anche in senso di età, tanto al suo interno quanto nel considerare l’attuale ceto politico, specialmente quello di ispirazione cristiana. Per quanto mi riguarda propendo per una geometria delle ascisse rispetto a quella delle ordinate: questa seconda, incline a congiungere insieme orizzontalmente parti di cattolici democratici per un comune impegno culturale e politico, mi sembra, anche per esperienze provate,  poco promettente in un cammino verso l’avvenire; la prima invece che parte dalla radice e si  affida con tensione ascendente ad energie nuove, al di là di ogni anche meritevole messa in comune di progetti, appare più rispondente tanto al carattere della nostra associazione, quanto ad una lettura critica dei segni politici e partitici del nostro tempo.

Se poi volgiamo lo sguardo al panorama politico, siamo vieppiù indotti a considerare invecchiato, e talora persino pericoloso, il modo con il quale viene esercitata la funzione della maggioranza e dell’opposizione, il chiacchiericcio inconcludente sulle cosiddette riforme, l’evidente intenzione di tener stretto il testimone per quanto grande o piccolo possa essere. Molti democratici, dentro e fuori il PD, hanno seri convincimenti e ottime intenzioni, ma non si rendono conto a sufficienza che i cittadini sono lontani e disinteressati e che anche per essi è tempo di un radicale cambiamento sotto ogni profilo.

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