UN NATALE DI SPERANZA

di Pier Giorgio Maiardi

Dicembre 2023

"Una società di sonnambuli”… dice il Censis della nostra società e tale appare nel tempo che precede questo Natale: un Natale travisato, identificato sempre di più in una sarabanda di luci che abbagliano, in un mare di pubblicità che mostra gente felice e beatamente soddisfatta se addenta un pandoro, se entra in possesso dell’ultima versione di uno smartphone, se acquista un modello di auto che costa solamente poche centinaia e 99 centesimi di euro al mese,  se riesce a trovarsi su una distesa di neve sfolgorante attorniata da incantevoli panorami.

Di una visione diversa del Natale pare che nessuno abbia più neanche il dubbio e che nessuno se ne ricordi; pare che abbiamo raggiunto l’apice della felicità alla quale abbiamo sempre aspirato! Ma lo stesso telegiornale che ci porta queste visioni di felicità raggiunta, le ha fatte precedere da altre un po’ più problematiche: uomini e mezzi che sparano uccidendo altri uomini, donne e perfino bambini; automezzi sofisticati che lanciano bombe e distruggono qualunque cosa; razzi che volano a grandi distanze e scoppiano distruggendo abitazioni che famiglie si erano procurate, spesso con sacrifici, per viverci serenamente; aerei e droni che volano per colpire, distruggere e uccidere con intenzione di annientare e cancellare l’esistenza di una fazione o addirittura di un popolo; una intenzione del tutto illusoria perché fortunatamente irrealizzabile! C’è la scena giornaliera di disperati che rischiano la vita per sfuggire alla miseria, a guerre ed a violenze e tuttavia ritenuti nemici da respingere, da ostacolare con ogni mezzo da Paesi che si ritengono portatori di civiltà. C’è la notizia pressocché quotidiana di uomini che uccidono la propria compagna con un cliché che si ripete tragicamente simile. In questo scorcio di anno, i protagonisti della tragedia non sono stati due già conviventi, stanchi uno dell’altra, ma addirittura due giovani studenti, uno dei quali, il ragazzo, non riusciva a pensarsi senza la ragazza che forse rappresentava la sua unica sicurezza.

L’impressione è di una società malata che non trova il farmaco giusto: si è costruita, infatti, una quantità di idoli che le hanno portato, nel tempo, solamente delusioni e addirittura tragedie creando ingiustizia e morte. Idolo infatti è il valore assoluto attribuito al profitto economico, all’origine di ingiustizia, sopraffazione e povertà; idolo è la potenza e il prevalere di uno Stato su un altro; idolo è il nazionalismo e il sovranismo che sono la degenerazione dell’orgoglio nazionale. Eravamo stati avvertiti: “Non avrai altri dei di fronte a me … non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai” (Es.20,4).

Questo più che un comando è la paterna indicazione di una strada per il nostro futuro e per la nostra felicità, la nostra libertà!

Il culto di questi idoli ci porta, infatti, a comportamenti contraddittori: aspiriamo alla felicità e creiamo i presupposti per la nostra autodistruzione con la costruzione di armi da vendere, con l’inquinamento dell’aria provocato dall’uso di strumenti che riteniamo ci rendano più comoda la vita, destinando denaro a spese non indispensabili. Sottraendoli magari alla sanità ed al welfare comune, facciamo del male, per soddisfare il nostro orgoglio, alle persone che dicevamo di amare …. La nostra società è malata perché non sa credere in prospettive a lungo termine; crede nell’immediato; non ha la speranza che qualcosa possa cambiare anche con l’apporto dell’impegno di ciascuno; non sa amare perché non sa sacrificare qualcosa di sé per gli altri. Anche la politica, che dovrebbe gestire la vita della comunità per conseguire il massimo bene di tutti,  è malata perché pare incapace, almeno per quanto riguarda il nostro paese, di governare l’economia con un disegno di lungo respiro: i leader paiono principalmente preoccupati di prevalere uno sull’altro, di curare la propria immagine per guadagnare favore e simpatia nell’immediato perché l’importante è prevalere sull’altro nella più prossima scadenza elettorale. Tutti i leader fanno riferimento al  “disegno per il Paese” perseguito dal proprio partito, ma tale disegno rimane oscuro, e la politica produce misure e provvedimenti spot, magari contraddittori ma possibilmente d’effetto.

Eppure nella medesima società esistono germi di speranza: c’è chi si spende per curare la salute dei poveri, vittime di una società ingiusta, di chi subisce la violenza della guerra inutile; c’è chi si preoccupa di nutrire e curare bambini spesso abbandonati; chi si adopera, magari paradossalmente ostacolato dalle istituzioni, di salvare persone, in cerca di una vita migliore, dal pericolo incombente di naufragio. E c’è Gino Cecchettin, padre affranto dalla morte violenta della figlia Giulia, che così conclude il suo saluto funebre pieno di speranza “voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace”.

Abbiamo bisogno vitale che questi semi germoglino e Natale è la festa della speranza che può nascere da un bimbo neonato, annunciato dai profeti come il compimento della promessa: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici” (Isaia 11,1). “Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" (Isaia 2,3-4), perché “Amore e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo” (Salmo 84).

E’ Dio che si fa uomo per coinvolgerci in questa avventura, che condivide la nostra stessa condizione, con i suoi brevi successi e con le sue dolorose sofferenze, per renderci capaci di condividere il Suo progetto. Il seme è già presente nella nostra società, si tratta di farlo germogliare con impegno nella speranza!


Testo presente anche sul Foglio periodico Politicamente 2023 N 4