LA FAMIGLIA: UN OGGETTO O UN SOGGETTO?

Mario Chiaro

da Settimana, rivista del Centro Editoriale Dehoniano Bologna – Giugno 2010

Il cattolicesimo italiano vive certamente problematiche di adattamento nella società secolarizzata, multiculturale e democratica, ma non cessa di diffondere stili e sensibilità critiche sui miti e sugli idoli del tempo presente. La riflessione sui nodi del cattolicesimo (le relazioni clero-laicato, i modelli di spiritualità e di formazione, le prospettive istituzionali e di partecipazione) significa aiutare a crescere in maturità e consapevolezza anche la società. In particolare appare strategico oggi il nodo della partecipazione e quindi del rilancio del laicato, nella prospettiva di una chiesa di popolo (centrata sulla parrocchia, in sinergia con le molteplici realtà associative).

Famiglia: chiesa domestica, Parrocchia: famiglia di Dio

Siamo nel contesto dell’incessante riconfigurarsi del “cattolicesimo di parrocchia”, la cellula di base dove si coniuga evangelo e territorio. La parrocchia infatti ha rappresentato per secoli una realtà sociale inserita anche nella “vita materiale delle popolazioni locali, in connessione talvolta così profonda da rappresentarne il fattore gravitazionale” (cf. Gabriele De Rosa, La parrocchia nel Mezzogiorno dal medioevo all’età moderna). Al presente si avvertono i sintomi di una struttura che tende spesso ad avvitarsi su se stessa, che organizza ‘prodotti’ per attirare indifferenti e latitanti, ma che incontra serie difficoltà a trovare poi tempi e forze significativi per sviluppare relazioni progressive con loro.

«L’ascolto della vita delle comunità cristiane permette di cogliere una forte istanza di rinnovamento. Se negli ultimi anni è parso sempre più evidente che il principale criterio attorno al quale ridisegnare la loro azione è la testimonianza missionaria, oggi emerge con chiarezza anche un’ulteriore esigenza: quella di una pastorale più vicina alla vita delle persone, meno affannata e complessa, meno dispersa e più incisivamente unitaria. Secondo queste linee occorre impegnarsi in un “cantiere” di rinnovamento pastorale… Le prospettive verso cui muoversi riguardano la centralità della persona e della vita, la qualità delle relazioni all’interno delle comunità, le forme della corresponsabilità missionaria e dell’integrazione tra le dimensioni della pastorale, così come tra le diverse soggettività, realtà e strutture ecclesiali» (cf. Rigenerati per una speranza viva, Nota Cei 2007 dopo Verona, n. 21). Proprio su queste piste si è mosso un Incontro di studio organizzato dall’Istituto De Gasperi di Bologna intitolato Famiglie nella chiesa e nella parrocchia: quale partecipazione? (5 giugno 2010), dal quale traiamo spunti per questa riflessione.[1]

Proprio durante il Convegno di Verona 2006 tre parole sono state accomunate: comunione, corresponsabilità e collaborazione. La parrocchia trova qui il suo collo di bottiglia e il passaggio cruciale: emerge infatti chiaramente come «gli organismi di partecipazione ecclesiale e anzitutto i consigli pastorali – diocesani e parrocchiali – non stanno vivendo dappertutto una stagione felice. La consapevolezza del valore della corresponsabilità ci impone però di ravvivarli, elaborando anche modalità originali di uno stile ecclesiale di maturazione del consenso e di assunzione di responsabilità…. La partecipazione corale e organica di tutti i membri del popolo di Dio non è solo un obiettivo, ma la via per raggiungere la meta di una presenza evangelicamente trasparente e incisiva. Una strada da percorrere con coraggio è quella dell’integrazione pastorale fra i diversi soggetti ecclesiali… Alla base della pastorale “integrata” sta quella “spiritualità di comunione” che precede le iniziative concrete e purifica la testimonianza dalla tentazione di cedere a competizioni e personalismi» (Nota dopo Verona, 23-25).

L’ottica della testimonianza e della corresponsabilità è dunque quella che permette di mettere meglio a fuoco le singole vocazioni cristiane, senza cadere in una visione puramente funzionale dei carismi. In questo modo la parrocchia trova dunque un riferimento essenziale nella famiglia. Dai testi, nel post-concilio, del magistero pontificio e di quello della Cei si comprende la crescita nella consapevolezza circa la famiglia come spazio per un’esperienza “domestica” della chiesa che rende possibile alla comunità cristiana di essere un’esperienza di chiesa a carattere “familiare”.

Proprio l’espressione “chiesa domestica” fa sintesi tra sacramento del matrimonio e comunità familiare e, nel contempo, si collega all’Eucaristia che è porta di ingresso alla grande chiesa. A fronte di queste indicazioni, sembra di poter dire, purtroppo. che in questi decenni le attenzioni e i coinvolgimenti siano stati soprattutto rivolti ai soggetti singoli, non colti quasi mai nella loro situazione vitale di coppia o familiare. Per di più, anche il richiamo all’impegno delle famiglie sottolinea quasi sempre più il loro compito educativo che la soggettività produttiva di esperienza reale di comunione e dunque generatrice di Chiesa.

L’identità della famiglia cristiana: il principio relazione

Già nel 1969 il documento della CEI Matrimonio e famiglia oggi in Italia affermava la necessità che la famiglia divenga il centro unificatore dell’azione pastorale. Nel cammino ecclesiale, nella stagione del Progetto culturale della CEI, si è arrivati a considerare il cosiddetto “capitale sociale familiare” soprattutto sul versante antropologico: questo ha indirizzato la riflessione sulla famiglia su una direttrice etico-politica, considerandola come oggetto di pastorale: oggi occorre recuperarne anche la direttrice di piena soggettività e corresponsabilità nelle strutture della chiesa locale.

Il passaggio è dalla famiglia come oggetto o soggetto supplente (famiglia in funzione della comunità e dei suoi compiti) alla famiglia come chiesa in miniatura, con missione propria e specifica (non per supplenza o per delega), fondata sul sacramento del matrimonio (sacramento sociale accanto al sacramento dell’ordine).

Una tale famiglia-soggetto pone la questione della sua identità, che non va vista né nelle funzioni sociali che svolge, né in un complesso di norme morali che la caratterizzano in quanto cristiana e, quindi, la diversificano dalle famiglie non cristiane. L’identità della famiglia, oltre le trasformazioni che assume nel tempo e nelle culture, è relazione nella differenza di genere, relazione fondata sull’amore. Sono i padri conciliari a lasciar cadere la gerarchia dei fini per considerare il matrimonio secondo il principio relazione: esso è «intima comunità di vita e di amore… fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie» (GS 48). In questo modo si è potuta agganciata la serie di passaggi della cultura contemporanea: «dalla famiglia al matrimonio», «dal matrimonio alla coppia», «dalla coppia all'amore coniugale».

La Chiesa è insomma comunità di uomini credenti e di donne credenti (non è al neutro!), che saranno uniti al Cristo nel mistero di una piena riconciliazione tra di loro e con Dio. L’identità come relazione si esplica nella differenza di genere, per cui è improprio estendere il concetto di coppia e di matrimonio alla persona omosessuale. La relazione fondata sull’amore per sempre è poi segno eloquente per una cultura che, in modo contraddittorio, esalta l’amore stesso e al contempo ne teorizza la fragilità (cf. alto numero di separazioni e divorzi, diminuzione dei matrimoni, libere convivenze ecc.). La relazione fonda infine la missione di riconciliazione della famiglia: i fallimenti del matrimonio, pur diversamente motivati, chiamano in causa la loro capacità di amare. Il Vangelo della famiglia è pertanto lieto annuncio per tutti, specialmente per chi fatica ad aprirsi un cammino umanizzante.

Personalizzazione dello sguardo e nuova pastorale familiare

La prospettiva della famiglia come chiesa domestica non è stata ancora metabolizzata dalle comunità ecclesiali, ma proprio per questo essa conserva una carica profetica e feconda di sviluppi in termini di partecipazione e di corresponsabilità laicale.

Se compiamo lo sforzo di leggere le prospettive di grande cambiamento epocale vediamo, in riferimento alla famiglia, una realtà caratterizzata da luci e da ombre. Le luci vengono da una maggiore coscienza dell’unità del genere umano e da una sensibilità per la persona e per i suoi diritti (donne, infanzia, famiglie migranti). Le ombre vengono dalla fragilizzazione del legame familiare che l’individualismo estremo induce e dai relativi problemi, diffusi e dolorosi, che ciò implica. Come cristiani non possiamo non contrastare l’individualismo e non impegnarci nella liberazione dall’individualismo.

Detto questo, in una prospettiva personalistica e personalizzante, fondata sulla coscienza personale, non si può però non tenere conto delle dinamiche di tre processi distinti, oggi nettamente separati, che vivono i giovani: crescita fisica del corpo e acquisizione della maturità sessuale; eventuale avvicinamento alla fede e conversione del cuore; cammino di affettività e intimità di coppia. Oggi solo per pochi è ipotizzabile un allineamento ideale di questi tre processi. Qui la Chiesa sembra balbettare incerta, ripetendo formule (vedi i corsi di preparazione al matrimonio!), davanti allo sfaccettato modo di vivere la sessualità pre-matrimoniale da parte di tanti giovani: l’attenzione personale è fondamentale, altrimenti i discorsi generali rischiano di rimanere incomprensibili.

Questa personalizzazione dello sguardo è poi richiesta dai tanti casi di divorziati risposati: si può lasciare alle comunità cristiane e ai loro legittimi pastori uno spazio di discernimento sull’ammissione all’Eucaristia? Ancora la prospettiva della personalizzazione, che sviluppa la soggettività in un senso umano pieno e perciò opposto all’individualismo, porta a riflettere meglio sulla norma che dice: “tra battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento” (canone 1055, Codice diritto canonico). Come gli istituti religiosi prevedono noviziato-professione temporanea e perpetua, analogamente il contratto matrimoniale potrebbe prevedere una graduazione, culminante nel patto matrimoniale, sacramentale e indissolubile?

Domande delicate ma necessarie per corroborare l’opinione pubblica nella Chiesa e rafforzare così la comunione, necessario presupposto alla corresponsabilità reale delle chiese domestiche nella parrocchia famiglia di famiglie e comunità pastorale di piccole comunità.



[1] Le relazioni principali sono state di Fulvio De Giorgi, Luigi Lorenzetti e Renzo Bonetti.