I cattolici e l'Unità d'Italia

Corso organizzato dalla Scuola di Formazione Teologica della Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna

Bologna

17 dicembre 2010 – 11 marzo 2011

Il rapporto dei cattolici italiani con il processo risorgimentale e poi con lo Stato unitario è spesso stato oggetto di interpretazioni diverse e contrastanti. In primo luogo, per la effettiva complessità del problema, rispetto al quale vi sono state posizioni diverse a seconda dei momenti, dei luoghi, degli ambienti, dei livelli istituzionali (Santa Sede, episcopato, clero, laicato). La difficoltà di «leggere» questa complessità è poi accentuata dal fatto che la costruzione di una seria conoscenza storica richiede tempi lunghi, e che prima di giungere a delineare «quadri generali» sufficientemente attendibili, sono necessarie numerose e pazienti indagini analitiche, circoscritte nello spazio e nel tempo. Infine, il rilievo che tale questione ha avuto e continua ad avere per il dibattito politico, ha spesso fatto sì che le sue «letture» fossero l'esito più di posizioni ideologiche che di un genuino sforzo di comprensione di quel che è realmente accaduto.

Il corso si propone di offrire gli elementi per la costruzione di una «memoria storica» il più possibile fondata, illustrando i risultati della ricerca storica sulle tappe principali del percorso che ha portato prima all'unificazione italiana e poi alla conciliazione con il fascismo. Questo percorso è aperto dai riflessi in Italia dei processi di laicizzazione degli stati avviati dalla Rivoluzione francese, che hanno determinato la nascita di nuove forme di legittimazione del potere politico basate sul concetto di «nazione» e «sovranità popolare». Prosegue con una prima fase del processo risorgimentale cui partecipano, sia pure con posizioni diverse, anche i cattolici italiani e che per un periodo brevissimo sembrò avere l'appoggio di Pio IX. Questi tuttavia ne prese le distanze nella primavera 1848, aprendo una nuova fase in cui il progetto di unificazione italiana fu fortemente contrastato dal pontefice, alle cui posizioni si allineò la maggioranza dei cattolici.

L'unificazione italiana, che comportò per la Chiesa cattolica la perdita dei suoi domini territoriali, aprì una fase di tensioni e conflitti tra la Santa Sede e lo Stato italiano. La prima considerò per molto tempo quella perdita come una minaccia diretta alla propria indipendenza, condannò il nuovo Stato come frutto di un'usurpazione e giudicò la politica italiana infetta dai principi liberali, come un affronto alla religione. La proibizione ai cattolici di partecipare alle elezioni politiche del nuovo paese (con un provvedimento della Penitenzeria apostolica del 1874 noto come non expedit) non impedì a molti di essi di sentirsi «veri italiani» e – nella loro componente intransigente – di chiedere, nell'interesse dell'Italia, il ripristino del potere temporale del papa e la rinuncia dello Stato ai propri principi liberali mettendo in pratica l'articolo I dello Statuto albertino che riconosceva la religione cattolica come religione di Stato. Eppure per la Chiesa italiana il confronto non poteva essere fatto solo di recriminazioni e ostilità, mentre per le classi dirigenti dello Stato il rapporto con i cattolici era cruciale per allargare le basi del consenso. C'erano interessi più forti che dietro la frattura spingevano per rinsaldare un tessuto comune di relazioni: in particolare la paura del socialismo, che si andava radicando tra le masse sottraendole all'egemonia della Chiesa e di cui la classe dirigente del paese temeva gli effetti di destabilizzazione politica e sociale. Così già a partire dalla fine del pontificato di Leone XIII e ancor più sotto quello di Pio X si registra un avvicinamento tra i cattolici e i liberali moderati che diede luogo a parziali sospensioni del non expedit culminate nel 1913 con il Patto Gentiloni.

La guerra di Libia e poi la prima guerra mondiale costituirono momenti significativi di tale riavvicinamento, che da parte della maggioranza dei cattolici presupponeva l'istituzione di uno Stato confessionale. Le tensioni tra Stato italiano e Chiesa giungono ad una composizione sotto il fascismo, una forma di regime il cui modello di società gerarchica, autoritaria, confessionale, convergeva in larga parte con quello che in quegli anni la Chiesa cattolica riteneva esemplare.

Con la fine del fascismo nel dramma della seconda guerra mondiale e con la costruzione della Repubblica i problemi non si sono semplicemente risolti, ma altri se ne sono aperti riguardo alla natura del nuovo Stato, alla sua laicità, al suo rapporto con la Chiesa, con il cattolicesimo e con le altre religioni.

I coordinatori del corso:

Alessandra DEORITI, Maria PAIANO, Giovanni TURBANTI


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