Dove va il Partito Democratico

Per una alternativa politica del paese

 Antonio Conte

Coordinatore per la Regione Puglia Associazione Agire Politicamente e fondatore PD

Crispiano (TA), lì 29.10.2010

Da dove bisogna ripartire? Si deve ripartire da quel 40% di elettori che si sono astenuti alle regionali scorse; delusi dalla politica. Il PD deve essere forza alternativa al centrodestra al governo, al berlusconismo. Deve essere chiaro qual è il progetto che ha per l’Italia. Gli italiani devono essere convinti che un’altra Italia è possibile, oltre a quella degli opportunismi, del permissivismo, della prepotenza e degli interessi personali, del degrado morale e ambientale, degli sprechi, del cieco profitto, del liberismo, della libertà interessata e strumentalizzata.

E’ l’Italia del lavoro, come recita l’art. 1 della nostra Costituzione (L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro). Il lavoro si crea anche e non solo costruendo sempre automobili e automobili; il lavoro si rigenera da un profondo ripensamento di questo sistema economico-sociale incentrato esclusivamente sull’industria del consumo e sulla speculazione finanziaria. Il lavoro si crea combattendo gli sprechi: lo spreco dell’energia elettrica nelle case, negli uffici, nei luoghi pubblici e privati, nelle strade; lo spreco delle materie prime che si getta attraverso un sistema distributivo della merce, fatto di confezioni e imballaggi; lo spreco del cibo e di prodotti della campagna che non si consuma e sono buttati nella pattumiera; lo spreco di carburante a mezzo fermo e motore acceso delle automobili. Il lavoro si crea ricostruendo una cultura, una mentalità che si è perduta; quella del risparmio e della sobrietà, del rispetto del patrimonio ambientale e culturale, del bene comune, della cosa pubblica.

Il PD non deve stare a ruota di Casini e Fini (che pure hanno tanta responsabilità di questo degrado culturale, sociale ed economico che l’Italia e gli italiani, le nuove generazioni in special modo, hanno subito dall’era Berlusconi). Adesso si afferma: “Con il 26% dei consensi non possiamo sconfiggere Berlusconi”. Bella forza! Quello che vuol rappresentare Casini e Fini, sono già da tempo nell’Ulivo ed è patrimonio delle culture delle forze e degli uomini che costituiscono il PD.

Se continuiamo con l’assenza di reale cambiamento democratico all’interno delle sezioni periferiche del partito e di fissità burocratica di apparato che si evince da uno statuto di partito, borbonico e ideologico, continuerà l’emorragia di voti: dal Pd verso Idv, UDC e Fli.

Come si deve presentare allora il PD? Si deve presentare diverso! In tutto. A cominciare dall’effettiva declinazione della democrazia all’interno del partito, soprattutto in periferia, dove si sono formati organismi dirigenziali non sempre frutto di una partecipazione libera, spontanea e democratica ma in maniera predeterminata, con cooptazioni e spartizioni (art. 49 della Costituzione). Un partito bloccato e ”controllato”, dove si designano candidature che spesso non tengono conto della preparazione, della competenza, della sincera volontà, della coerenza politica e culturale; ci si affida a primarie inique. Per fare un grande partito nazionale, rappresentativo degli interessi generali di un popolo, bisogna ri-chiedere l’apporto di tutta la società civile, di quel popolo dell’Ulivo deluso dal ’98, sempre dai partiti.

Il PD si deve aprire alle energie e alle idee che vengono da una variegata presenza di associazioni culturali e politiche; da singoli cittadini preparati dell’area riformista. In modo particolare, sono diverse le associazioni a carattere nazionale di cattolici democratici, ad esempio, con diverse sigle (Agire Politicamente, Città dell’Uomo, Argomenti 2000, la Rosa bianca, Cristiano Sociali ed altri), a cui fare riferimento, che fanno formazione, che sviluppano una elaborazione culturale, politica, sociale ed economica, attraverso l’organizzazione di assemblee, convegni e seminari. Un’attenzione maggiore al patrimonio culturale dei cattolici democratici, dunque, presente dentro il PD e nelle Associazioni, per una più adeguata interpretazione della complessità della società e del mondo contemporanei, per un agire efficace sulla scena politica attuale e dare risposte adeguate ai problemi del paese. Occorre dare una credibile alternativa al liberismo, al conservatorismo e al corporativismo localistico delle destre in Italia, che hanno disgregato la coesione sociale e che sta disperdendo un patrimonio culturale fatto di riferimenti etici e morali; ed attingere alla sintesi culturale che ha ispirato la carta costituzionale.

“Uscire fuori dal vecchio guscio”, dai tatticismi e andare alle fonti che non hanno smesso mai di indicare e orientare la politica verso la sua vera funzione: il pensiero e la storia del cattolicesimo democratico, che forma la persona integrale e non solo il politico: da Rosmini a Maritain, da Mazzolari a Lazzati, da Mounier a Dossetti. Uomini che sono andati oltre gli schematismi  esprimendo idee democratiche, frutto di un pensiero laico della religione nella società: aperto alle idee positive, agli altri umanesimi; al pluralismo culturale.

L’identità, che al PD manca, si costruisce su queste risorse, abbandonando le forme e le idee stantie su cui ha proliferato il settarismo politico e ripensando al significato storico e culturale della stagione dell’Ulivo e al successo politico del ‘96. Il PD non può essere la conclusione stadiale del PCI-PDS-DS (leggi editoriale di Gianfranco Brunelli: “il Regno” n. 14, quindicinale delle Ed. Dehoniane BO).

Bisogna includere nuovi uomini e nuove donne, senza distinzione di età, perché non è questione di “nuovismo”, di rinnovamento anagrafico, ma a guidare il partito siano persone che hanno radici culturali ben radicate nella storia della Repubblica e nei valori della Costituzione; per una democrazia rappresentativa dove non ci sia più posto per gli opportunismi, per la menzogna e per le prepotenze.