Finzione teatrale, tra letteratura e cronaca

Prof. Francesco Paolo Casavola
Presidente emerito della Corte Costituzionale
Editoriale pubblicato ne "Il Messagero" del 17 Agosto 2010

 

Sembra di assistere ad una finzione teatrale o cinematografica, con uno sceneggiatore che ha messo insieme pezzi di letteratura e di cronaca sulle tecniche del colpo di Stato. Abbiamo ascoltato nella realtà per mesi accuse contro i pubblici ministeri ed altri organi giudiziari di essere comunisti o comunque di sinistra. I giudici costituzionali sono in prevalenza di sinistra perché nominati da ben tre Presidenti della Repubblica di sinistra. L’attuale Presidente della Repubblica è sospettato di agire nei limiti dei suoi poteri costituzionali anziché di obbedire ed eseguire i piani della maggioranza, osando sindacare, dei disegni di legge del governo, finanche gli aggettivi. Adesso, se alla maggioranza piacesse di andare ad elezioni, si intima al Capo dello Stato di non ostacolarla, perché un governo cosiddetto tecnico violerebbe il diritto del popolo ad esprimere nelle urne elettorali un rinnovato e moltiplicato consenso al governo attuale. Ed intanto si minaccia di riempire le piazze con milioni di italiani tumultuanti, evidentemente con il fine di costringere, impaurendolo, il Capo dello Stato a sciogliere la legislatura e dar modo alla maggioranza di risolvere i suoi problemi con il solito appello al popolo. Povera Italia! Sempre tra una marcia su Roma o una calata di barbari. E ci avevano detto che il bipolarismo serviva a garantire la democrazia dell’alternanza. Ed invece sembra debba servire la perpetua dittatura di una maggioranza. Ad un onorevole è stato dato il compito di portare il guanto di sfida e di pronunciare il detto storico: «la Costituzione la puoi tradire non rispettandola, oppure fingendo di rispettarla». Ovviamente il traditore, se fosse un cavaliere medievale risponderebbe con un duello. Essendo il Presidente della Repubblica, egli non ha potuto far altro che contro sfidare il portatore di un tal cartello, citando la procedura dell’articolo 90 della Costituzione per la messa in stato d’accusa per alto tradimento o attentato alla Costituzione.


L’allarme, l’indignazione, il disgusto da cui sono ogni giorno di più afflitti gli italiani non debbono tuttavia precludere le risorse della ragione. Che impongono un impegno capillare e diffuso, da amico ad amico, da cittadino a concittadino, di persuasione con argomenti da Socrate redivivo, per abbandonare le strade della menzogna e della violenza.


Nella storia d’Italia le destre avrebbero dovuto salvaguardare i valori della civiltà liberale ed invece sono sempre scivolate al polo opposto. Quale mai difesa liberale della Costituzione è quella che liquida lo Stato di diritto, costruendo un corpo unico di governo e Parlamento maggioritario, e pretendendo soggezione di potere giudiziario e di organi di garanzia? Con una simile aberrante lettura della Costituzione, si accusa l’unico interprete sinora rigorosamente fedele della lettera e dello spirito della Costituzione, di esserne il traditore. Molti anni fa, quando si dava inizio al ciclo politico attuale, un collega universitario tra i maggiori e autorevoli costituzionalisti tedeschi mi disse: «attenti, italiani, a non imboccare la strada della Repubblica di Weimar!». Voglio illudermi che non siamo a tanto. Nel 1933, le vicissitudini dei regimi nazionali erano abbandonate a se stesse. Oggi c’è l’Unione Europea. E chi azzarda il marasma della nostra vita politica scatenerà in più il collasso economico. Ma ci sono tanti patrioti e galantuomini che sanno, da una parte e dall’altra, qual è, oggi, il loro dovere.