Crac sì

Vincenzo Ortolina
Milano, aprile 2011
 

Sempre più frequentemente, l’onorevole Giorgio Merlo c’invita, su “Europa”, ad abbandonare l’”antiberlusconismo ideologico” che alberga anche in casa PD. “Bisogna andare oltre”, ci dice, “per candidarci a guidare il paese con un profilo riformista”. Che non può nascere “se il pianeta Berlusconi continua a condizionare pesantemente ogni nostra riflessione”. Pertanto, è il suo messaggio, guardiamoci dall’inseguire il “popolo viola, Santoro, il dipietrismo”. Mi permetto allora di chiedergli subito se ha “piena contezza” di quanto è accaduto proprio nell’ultimo “fine settimana”: mi riferisco, è ovvio, alle ennesime esternazioni del “premier”, sempre più “deliranti”. In proposito ho ascoltato quasi per intero, con un pizzico di masochismo, il suo discorso di Milano a sostegno della Moratti, accolto dai “fan” con molti stolidi applausi ma anche con evidenti perplessità: una rivendicazione narcisistica (Gheddafi’s style?) della perenne vitalità del “berlusconismo” da lui generato, seguita da un accentuato, cruento proclama di “guerra” contro chiunque, magistratura in primis (ça va sans dire), osi provare a metterlo in discussione. E, per quanto riguarda le “amministrative”, dall’imperativo a politicizzare parossisticamente le stesse. Un intervento condito, poi, di vanagloriosi riferimenti alla sua storia di imprenditore di successo, raccontata, ovviamente, omettendo quei lati un po’ oscuri della stessa che ci vengono di tanto in tanto rimembrate dalla stampa non berlusconizzata. Reso un commosso omaggio a Craxi (la cui memoria, forse, sarebbe meglio difesa se fossero altri a farlo), il “nostro” si è lanciato anche, un po’ troppo prevedibilmente, contro l’ideologia “comunista”, che ha prodotto solo massacri, in particolare in quel mondo “cristiano” del quale egli si sente (nonostante i “bunga bunga”) il rappresentante pro tempore per l’Italia. Un’ideologia infame tuttora perseguita, è la sua farneticante convinzione, non soltanto dai veterocomunisti della sinistra estrema ma anche dai riformisti (socialdemocratici, liberaldemocratici e cattolico-democratici) del PD, nonostante il viso emilianamente bonario di Bersani. Nel suo milionesimo attacco ai giudici, Berlusconi si è ben guardato, naturalmente, dal rimembrare chi presidiava il Tribunale, ai tempi di Tangentopoli, osannando i magistrati e sollecitando una giustizia severa per i “rei”. Tra gli spettatori plaudenti di prima fila, a Milano, il plenipotenziario ciellino Maurizio Lupi, di norma troppo impegnato ad apparire in Tv e dunque con poco tempo a disposizione per ascoltare le sempre più sagge e confortanti parole del suo cardinale, Dionigi Tettamanzi. Delle infinite parole del capo del governo avrà apprezzato in particolare, da buon cattolico, i riferimenti ai valori della famiglia, distrutti, ahimè, dalla scuola pubblica, ma che saranno ripristinati grazie al personale sforzo e agli esempi che fornirà in proposito l’uomo che abita la nota villa di Arcore. Il messaggio “ideologico” del capo PdL è stato prontamente recepito, ancor prima, dalla Moratti, la quale ha infatti accusato Pisapia di essere abortista, favorevole alle droghe leggere, e quanto altro. Poco importa se si tratta di temi che non hanno quasi nulla a che vedere con elezioni “amministrative”: viva la propaganda! A riguardo dei valori, tanto più dopo questo week end, io sono convinto sia giunto, per il mondo cattolico in generale, il momento di una profonda riflessione: sostenere tuttora questo Berlusconi non è più oltre modo possibile, mi pare. Chi resiste, “ciellini”, “rotondiani” e “giovanardiani”, eccetera, lo fa per altre ragioni, non per i valori (parlo di quelli immateriali, ovviamente). Tornando, in ogni caso a Giorgio Merlo, e per chiudere: giusto provare a liberarci dall’ossessione berlusconiana; giusto pensare e preparare il “dopo”. Ma non ci sarà alcun “dopo” se non ci liberiamo dell’enorme macigno che sbarra la strada al futuro. Il “nostro” ha fatto sapere con la consueta arroganza che non mollerà mai, sua sponte. Giusto proporre allora al paese un nuovo progetto di governo alternativo, convincente per i “moderati”. La domanda, però, è: in una situazione tanto anomala possono bastare le “normali” regole dello scontro politico? E possibile pensare che “l’Unto del Signore” possa essere sconfitto facendo gli schizzinosi con il “popolo viola”, con la “piazza”, con i “dipietristi”, con i “comunisti non pentiti” e, perché no?, con gli ex missini ora finiani? Il problema, infatti, è che prima di tornare, anzi, per poter tornare finalmente a una situazione politica di “normalità” sarà indispensabile una qualche forma di governo, una qualche larga maggioranza “transitoria” che provi a riscrivere le principali regole del gioco.