AUTONOMIA DIFFERENZIATA … UN PASSO INDIETRO PER L’UNITA’ DEL PAESE?

di Alvaro Bucci
articolo apparso sulla Gazzetta di Foligno

Agosto 2023

 

Sto seguendo da alcuni mesi, da cittadino che cerca di essere attento alle prospettive del nostro Paese, la questione “Autonomia differenziata”, riforma proposta quale obiettivo fondamentale dalla Lega. Non ne ho finora riferito fin quando la questione si sta configurando una sorta di scontro tra società e politica, evidenziando quanto la politica, perseguendo interessi puramente di parte, possa assumere posizioni dispotiche, non orientate a rispondere coerentemente agli interessi generali espressi da una società. Emblematici di questa grave divaricazione mi sono sembrati, recentissimi, una “riflessione” dell’arcivescovo di Napoli, mons. Mimmo Battaglia, sulla discussa riforma che incide sulla struttura dello Stato, e un ordine del giorno della maggioranza al Senato che chiede di “fare presto”.

Per fare il punto, mi limito a ricordare che la relativa legge quadro di autonomia differenziata, scritta, rivista, cambiata, emendata più volte, dopo quattro versioni in tre mesi, è stata approvata dal Consiglio dei ministri il 2 febbraio scorso. Un disegno di legge, preparato dal ministro Roberto Calderoli, che provvede alla definizione dei “principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Il ddl stabilisce, tra l’altro, che l'attribuzione di nuove funzioni relative a materie o ambiti di materie riferibili ai "diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP). 

L’approvazione del disegno di legge sull’autonomia differenziata era già stata preceduta da una serie di dichiarazioni di perplessità e di giudizi decisamente critici (in particolare dai governatori delle Regioni del Sud), che si sono intensificati dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri. E soprattutto in Commissione Affari Costituzionali del Senato, dove ha preso avvio la discussione del disegno di legge e dove la stragrande maggioranza degli oltre 60 soggetti chiamati in audizione ha bocciato il progetto.

Già nella prima giornata di audizioni è emersa in tutta la sua forza la “spaccatura” che il progetto di legge porterebbe al Paese. Andrea Del Monaco, esperto di fondi europei, è il primo ad evidenziare la dura realtà dei numeri, secondo cui se Veneto e Lombardia ottenessero di trattenere il 90 per cento di Irpef, Ires e Iva, al bilancio dello Stato verrebbero a mancare 190 miliardi di euro. Successivamente, hanno espresso giudizi negativi la Confindustria, chiedendo che le competenze strategiche come quelle sulle reti energetiche o sulle infrastrutture rimanessero allo Stato; la Banca d’Italia, sottolineando i rischi per i conti pubblici, ed anche l’Ufficio parlamentare per il Bilancio. Hanno contestato l’iniquità del progetto i sindacati, eminenti costituzionalisti, economisti e centri studi come la Svimez. Anche la Commissione europea si è detta preoccupata del progetto autonomista.

Oltre che guardare la discussione in Parlamento, è interessante gettare lo sguardo sulla Commissione Clep, organismo tecnico di 61 autorevoli esperti guidati dall’ex giudice della Consulta, Sabino Cassese, istituita dal Governo con il compito di definire i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti a tutti i cittadini a prescindere dal luogo in cui vivono. Ma da tale Commissione, che avrebbe dovuto concludere i lavori entro la fine di giugno, si sono dimessi in primo luogo Luciano Violante e Anna Finocchiaro e successivamente, in polemica con il lavoro della commissione stessa, l’ex ministro della Funzione pubblica, Franco Bassanini, l’ex Presidente del Consiglio e della Consulta, Giuliano Amato, l’altro ex Presidente della Corte, Franco Gallo, e il Presidente emerito del Consiglio di Stato Alessandro Pajno. Il presidente Cassese ha rifiutato l’invito della Commissione Affari Costituzionali del Senato a riferire sul lavoro dei “saggi”.

Ma veniamo alla riflessione di mons. Mimmo Battaglia. L’arcivescovo di Napoli, facendosi interprete della situazione della gente della sua terra di confine tra un “Sud che non parte” e un “Nord che non viene”, osserva che “il nostro Paese, che dalla grave pandemia è uscito impoverito e diviso, rischia di essere trascinato in un campo in cui l’egoismo che ci prende sempre di più si codifica in scelte politiche nette. Scelte che alimentano quel desiderio di separatezza di una parte del territorio da tutto il resto del Paese”. E aggiunge che “Oggi quella cultura della divisione, quel sentimento di egoismo che si è progressivamente trasformato in una sorta di indifferenza collettiva nei confronti della sorte dell’altro, sta prendendo sempre più la forma di un’altra legge possente. Di un altro colpo, cioè, all’impalcatura democratica dello Stato fondato sulla partecipazione di tutti (territori e cittadini e istituzioni e culture, nessuno escluso) alla costruzione della ricchezza del Paese”.

Per mons. Battaglia “L’autonomia differenziata, per quanto la si voglia edulcorare con nuovi innesti terminologici che la gente non comprende, rompe questo concetto di unità, lacera il senso di solidarietà che è proprio della nostra gente, divide il Paese, accresce la povertà già troppo estesa ed estrema per milioni di italiani. Infine, cancella d’un colpo quel bagaglio ricchissimo di conquiste democratiche realizzato dalle lotte popolari dal Risorgimento a oggi”.

Non è, quella di mons. Battaglia, una voce isolata della Chiesa italiana. In precedenza, infatti, il cardinale Matteo Zuppi, nel sentire “la preoccupazione di molti vescovi del Meridione di fronte al progetto delle autonomie” aveva tra l’altro ammonito che “Non c'è sostenibilità senza solidarietà e non c'è bene se non è un bene comune”.

Mi sembra così amplissimo il quadro delle componenti del nostro Paese che esprime profonde critiche nei confronti di questo progetto di autonomia, ma ostinatamente portato avanti dalla compagine governativa, nonostante le innumerevoli ragioni che consiglierebbero molto ascolto della società e conseguente prudenza.

Tanto più che sarebbe dispotismo politico che una rappresentanza istituzionale di appena un quarto della società intenda decidere contrariamente al volere della ben più ampia maggioranza della società.

Ma il ministro Calderoli, testardamente, ha ancora chiesto di accelerare i tempi, esaminando in questa settimana (fine luglio) gli emendamenti al disegno di legge.