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Per una liturgia1 con i gentili
Lettera inviata a "la Repubblica" in risposta al problema della Signora Marianna
Gentile Augias: “Il diritto di avere dei diritti”, recente titolo di noto giurista, evoca “il dovere di avere dei doveri”; il lamento di Davide (la Repubblica 25/5), che si colloca tra gli sfortunati e non viene aiutato a riconoscersi unico tra uguali; lo strappo di donne da parte di compagni male-educati e, per fortuna, la simpatica Marianna (la Repubblica 30/5) che rimpiange di non aver imparato il punto occhiello dalla nonna sarta.
Ho letto poi qui, a replica, autorevoli personaggi che propongono dilatazioni dei diritti e definizione di nuovi reati. Sono ultimo in giurisprudenza però, figlio di persone semplici che cercavano di “vedere-avanti”, rifletto: una buona costituzione - la buona etica e i diritti - li presuppone e apre a leggi - che restano limitatrici dei diritti - in termini minimali, chiari e non indirizzati a classi di individui. Così almeno suggeriva il Beccaria 2.
Si eviti dunque di incorporare etiche nelle leggi: fanno danni; già la sanità dei desideri soffoca quella delle patologie; lo spazio dei diritti sia invece dilatato dall’educazione all’amore, nuova e antica, unica legge, capace di governare le relazioni (Gv 13, 34; 1Gv 2, 7).
Vanno segnalati i rischi di una cultura che genera-zioni, narcisi incapaci di interpretare il passato e vivere il presente nella responsabilità verso chi ci seguirà. Non è sbagliato rimirarsi l’ombelico; ma lo è non leggervi anche il sigillo della tradizione - la filiale e fraterna discendenza - e, nei dintorni, riconoscere i segni della responsabilità generazionale.
Caro Augias, io e lei, dobbiamo pur dirle queste cose. Altrimenti “certamente, moriremo” (Gen 2, 17).