Una pacata indignazione

Vincenzo Ortolina

Coordinatore A.P. per la Lombardia

Aprile 2011

La “mission” televisiva affidata ultimamente da Berlusconi a Giuliano Ferrara è ovvia: in un momento di particolare difficoltà per il “premier”, il direttore de Il Foglio è chiamato a servirsi ogni sacrosanto giorno dello spazio di “Qui radio Londra” al fine esclusivo di difendere comunque sia le ragioni del “padrone”. Poco importa se una scelta tanto plateale finisce col tenere lontana da quel programma della rete pubblica una volta detta “ammiraglia”, abbassandone lo “share”, l’intera platea di centrosinistra: ragioni superiori giustificano ampiamente il “sacrificio”. Così, il “nostro” opinionista, lancia in “resta”, sulla spinosa vicenda Ruby, la più attuale e la più delicata per il suo “sponsor”, è venuto, una prima volta, a parlarci, quasi commuovendosi, del “cuore indurito degli italiani”, che non avrebbero remore a “scagliare la prima pietra contro chi ha peccato”. Giusto il linguaggio utilizzato per l’occasione dai ciellini berlusconizzati (Formigoni, Lupi, eccetera), a lui consentito in quanto ateo sì, ma molto “devoto”. Successivamente ci ha sostanzialmente spiegato che l’uomo di Arcore, alla faccia dei moralisti di tutte le risme, è sacrosantamente libero di organizzare a casa sua i festini che vuole, con le ragazze che vuole (la questione dell’età, eventualmente, è solo un piccolo problema), purché rigorosamente giovani e “prorompenti”, e di gratificarle come gli pare. Oggi, però, Berlusconi ha chiarito di essere stato una sorta di “madre Teresa di Calcutta” (ma è una mia libera interpretazione) nei confronti della famosa ragazza, che avrebbe pagato profumatamente al solo fine di salvarla dalla prostituzione! Il giorno prima, del resto, questo novello “samaritano” ha affermato di sentirsi il rappresentante di quella maggioranza che crede nei “valori della tradizione cristiana”. Riproponendo dunque una delle più clamorose mistificazioni del suo “ventennio”, avallata in qualche misura, ahimè, dalle stesse gerarchie cattoliche. Ma che adesso non può reggere più, e non soltanto in conseguenza delle vicende sopra accennate. Che il “berlusconismo” avesse ben poco a che fare con i “valori” era evidente fin dagli inizi a chiunque avesse occhi per vedere. Al suo nascere, un personaggio come don Giuseppe Dossetti, prete inascoltato dalle suddette “gerarchie”, intravedeva, così, “le tinte fosche di un lento declino della nostra democrazia”. Quasi vent’anni dopo, la situazione del nostro paese è purtroppo la seguente: oltre a sempre più evidenti episodi di malcostume, domina la logica della prevaricazione del denaro, del ricatto, della violenza, della menzogna elevata a sistema, della corruzione non soltanto politico-clientelare ma anche delle coscienze. E non abbiamo, in ogni caso, una nazione più permeata di “quei” valori, anzi! Sorge pertanto la domanda: com’è stato possibile che il mondo cattolico cosiddetto moderato (laici e “chierici”, compresi quelli dei “piani alti”) si sia fatto anch’esso irretire dal “patron” di Mediaset buttatosi in politica? La risposta, in particolare per quanto riguarda i “piani alti”, non è purtroppo difficile, e ha poco a che fare con la paura di quel “comunismo” che il “premier” evoca in maniera piuttosto ridicola tutti i giorni: ha a che fare invece, almeno in parte, con ragioni più immediatamente “materiali”. Resta, invero, la preoccupazione a riguardo dei “valori non negoziabili”, che si suppone, anche “lassù”, siano meglio difesi “a destra” che non “a sinistra”. Ma soltanto perché la prima sa fare molta propaganda, in materia, è la mia opinione. A proposito di questi valori, però, e delle “battaglie” da condurre per la loro affermazione, i “buoni cattolici” dovrebbero rammentare come sono finite quelle precedenti, combattute tra l’altro in tempi nei quali l’identità cattolica era assai più forte di oggi: mi riferisco, è evidente, ai referendum sul divorzio, del 1974, e a quello sull’aborto, del 1981, i cui esiti (il secondo in particolare) scioccarono la “gerarchia” e i politici democristiani. L’ultimo, sulla bioetica, è stato altra cosa, e dunque meglio evitare che questi temi vengano strumentalizzati da una destra teorizzatrice (almeno sino a …ieri) di pubbliche virtù ma tollerante coi vizi privati. Del resto, a riguardo degli argomenti in questione sul tappeto, vorrei solo considerare che sul “fine vita”, ha  ragione Castagnetti, pur dando per scontato il “no” a ogni forma di eutanasia, sarà bene che il Parlamento non decida nulla, e che dunque i singoli casi vengano affrontati di volta in volta con responsabilità e buon senso, in una concertazione tra l’interessato, per quanto possibile, i familiari, i medici. A proposito dell’“obbligo” di alimentazione e idratazione, del resto, mi par di ricordare un documento della conferenza episcopale tedesca di qualche anno fa che suggeriva un atteggiamento piuttosto “misericordioso”, in materia. In ogni caso, è ovvio quale potrebbe essere l’esito di una nuova consultazione referendaria che chiedesse di abrogare un’eventuale legge regolativa del “fine vita” quale quella ipotizzata nella proposta  circolante in Parlamento: un “mondo cattolico” che si mobilitasse ufficialmente a favore di tale norma subirebbe una sconfitta cocente. Dunque, Berlusconi non ha titoli per definirsi “defensor fidei”, o giù di lì. Tanto più volendo considerare, appunto, le più recenti vicende, con contorno di successive “uscite” sempre più infelici. Ciò va detto, ovviamente, con buona pace dei già nominati “ciellini”, le ragioni del cui sostegno sono assai poco di natura ideale, come anche dei vari Rotondi, Giovanardi, ecce., rimasti fedeli, probabilmente, perché malati di un anticomunismo d’antàn, ma non soltanto. Insomma, anche per il mondo cattolico che ha simpatizzato per il “miliardario”  è giunto il momento di “rimediare”, ad evitare “mea culpa” troppo tardivi. L'ha fatto, finalmente, lo stesso Casini, via! Tanto più se alle su accennate motivazioni aggiungiamo il dato più generale della crisi politico-istituzionale, degli sguaiati attacchi alla Costituzione, del pervicace, vergognoso sforzo di produrre nuove leggi “ad personam” per liberarsi definitivamente dai processi, delle spinte secessioniste dei suoi alleati, delle crescenti diseguaglianze sociali. Da ultimo, della gestione irresponsabile e confusa delle politiche migratorie. Insomma: …se non ora, quando?  Berlusconi, con buona pace dei suoi “fan”, ha dimostrato un’inadeguatezza sostanziale alla carica che ricopre, e va “mollato” definitivamente, quanto meno dal “mondo cattolico”: sarebbe infatti una iattura vederlo trionfare di nuovo, e magari diventare Capo dello Stato. Un ruolo di vertice che dovrebbe essere ricoperto da un soggetto capace di rappresentare un momento di equilibrio tra le varie posizione politiche. Dunque non da lui. E’ ora, pertanto, che fra tutti i cattolici, “gerarchie” comprese, crescano finalmente il senso d’indignazione e la capacità di un netto e definitivo giudizio etico-politico nei confronti di tale realtà.