SQUADRISTI ED INCAPACI

Marco Vitale

www.marcovitale.it

Brescia, 3 aprile 2011

da: Allarme Milano Speranza Milano


La vergognosa aggressione verbale in Parlamento all’On. Ileana Argentin, che raccontiamo nella rubrica: Persone, va ben oltre la pur dolorosa vicenda personale. Quella voce non identificata dai banchi della Lega che urla: “non fate parlare quell’handicappata di m….”, è la voce della verità. Sapevamo che i leghisti erano diventati cacciatori accaniti di posti e prebende. Sapevamo che i loro capi erano ormai più romani dei romani. Sapevamo che per obiettivi demagogici e populisti sono capaci di fare strame di ragione, verità e di ogni principio di diritto. Ma molti rifiutano ancora di accettare la verità più amara: i leghisti sono ormai puri e semplici squadristi. Quel “non fate parlare quell’handicappata di m….” è il linguaggio inconfondibile del peggiore squadrismo. Come squadrismo puro è la viltà di chi, avendo  pronunciato quelle parole, sta nascosto nel branco, invece di venire allo scoperto.  Né la vicenda può essere inquadrata come un fatto puramente individuale, perché il capo-gruppo della Lega non ha chiesto all’autore di svelarsi ed eventualmente chiedere scusa ma, a sua volta, è  stato zitto. Con il che quell’offesa diventa automaticamente di pertinenza di tutta la Lega; diventa, come è, un fatto collettivo, l’espressione di una “cultura” di gruppo, una grave e vile manifestazione di squadrismo.

Chi ha lanciato quell’urlo, dunque, non parlava in proprio ma si faceva  libero interprete di un sentimento profondo che accomuna i leghisti e che proprio in questi giorni ha avuto altre manifestazioni come quel “föra de bal” rivolto ai profughi delle guerre del Nord Africa, formulato da Umberto Bossi.

Il comportamento del governo italiano e di tanti amministratori pubblici locali, in occasione delle rivolte e delle guerre civili nel Nord Africa, e della conseguente ondata di profughi è un monumento di disumanità, inefficienza, doppiezza, incapacità. Una buona parte della responsabilità per questo disastro, va attribuita al Presidente del Consiglio ed al suo maggiordomo, il ministro degli esteri Frattini. Ciò vale soprattutto per la parte politico-diplomatica. Ma sul piano più operativo, cioè su come è stata o non è stata affrontata l’emergenza, la responsabilità massima è del ministro degli interni, il disastroso leghista Maroni.

L’errore di fondo consiste nel fatto che si è continuato a trattare come parte dell’annoso problema dell’immigrazione, un fenomeno di emergenza bellica. Si tratta di due fenomeni completamente diversi. Il primo richiede una visione ed una politica d’immigrazione di lungo termine, accordi con i paesi di provenienza, programmazione, controllo degli immigrati e rilascio di autorizzazione all’ingresso nelle misure programmate, concordate e possibili. Una grande ondata di profughi, determinata da fatti bellici o, comunque,straordinari, richiede, invece, una immediata ed efficace assistenza umanitaria, per poi selezionare ed indirizzare i profughi verso il loro destino finale.

Quando i fascisti serbi iniziarono la pulizia etnica nei villaggi kosovari e le forze alleate iniziarono gli attacchi aerei per fermare la strage, nel giro di 48 ore, oltre un milione di profughi kosovari si riversò in Albania attraverso il passo di Kukes. Nessuno morì di fame o di sete e questo fu già un miracolo, ma  in poco tempo, tutti furono sistemati in campi attrezzati e ben gestiti e in strutture pubbliche, mentre molti (almeno un terzo) fu accolto in abitazioni private. A tutti fu assicurata l’assistenza medica ( a Kukes fu installato in poche ore un attrezzato ospedale da campo della Croce Rossa la cui gestione fu poi affidata a “Medicin sans frontières”) e nella maggior parte dei campi di accoglienza si tennero persino corsi per i giovani, affinché i piccoli kosovari non perdessero l’anno. Ma a Kukes e lungo la strada dell’esodo, sino a Tirana ed oltre, ad accogliere i profughi non c’erano le guardie a chiedere il passaporto ed a distinguere tra immigrati e clandestini. Erano tutti profughi. Ad attenderli c’era l’organizzazione per le emergenze umanitarie  delle Nazioni Unite, che guidava e coordinava le Protezioni civili di vari paesi e c’erano le ONG di tanti paesi, la Croce Rossa, l’Unicef, e tutto l’apparato di assistenza umanitaria, che diede superba prova di se ed esemplare ed apprezzatissimo fu il contributo delle organizzazioni umanitarie italiane. E c’era il popolo albanese, popolo tanto più povero del’italiano, ma che non perse la testa per quel milione di profughi mentre noi parliamo con toni enfatici e nevrotici per poche migliaia di profughi, ma lo accolse, lo aiutò, lo trattò con grande umanità e civiltà. Ed il concetto stesso di fuga dai campi non era concepibile. Erano profughi, cittadini liberi di uscire ed entrare dai campi. Lo stesso avveniva nelle località fuori dall’Albania che accolsero molte migliaia di profughi, come a Comiso in Sicilia dove si convisse civilmente per parecchi mesi, in libertà. Il responsabile delle Nazioni Unite ci disse che dovevamo attrezzarci per un soggiorno dei profughi in Albania per almeno un anno. Io, che conosco i contadini, dissi invece ai miei che quel popolo si sarebbe messo in movimento per ritornare nei propri villaggi un secondo dopo l’annuncio del cessate il fuoco. Così fu. E, nel giro di pochissimo tempo, partì un controesodo biblico affiancato dalle organizzazioni umanitarie che accompagnarono i profughi nei rispettivi villaggi e li aiutarono a riprendere la vita normale.

Fu una pagina bellissima, che nessuno ha ancora raccontato come merita e nella quale le organizzazioni umanitarie italiane sostenute dai fondi privati degli italiani, contrariamente ad alcune piccole macchie finali di alcuni personaggi della Protezione Civile, che è l’unica cosa che i tromboni di casa nostra sanno ripetere, diedero una superba prova di umanità ed efficienza.

E’ certo che se quella emergenza fosse stata affrontata con i metodi che ha adottato Maroni per l’emergenza determinata dalle guerre del Nord Africa, sarebbero morti in  Albania almeno mezzo milione di profughi e, forse, sarebbe scoppiata una nuova guerra balcanica.

L’errore di trattare come questione di ordine pubblico e di normale processo di immigrazione, una emergenza di profughi derivante da rivolte e guerre, emergenza, tra l’altro, da tempo preannunciata e prevista, è qualcosa di incredibile. Tra l’altro, facendo dell’intera operazione una questione da ministero degli interni, non si è attivata la Protezione Civile (dove è scomparsa quella che una volta era un fiore all’occhiello dell’Italia?)  né si è attivato tutto l’apparato delle organizzazioni umanitarie, che proprio in queste circostanze può dare il meglio di sé e può mettere in campo energie notevoli.

Sto pensando a cosa sarebbe successo se al momento dell’esodo biblico kosovaro, il ministro degli interni dell’Albania si fosse messo a strillare: “föra de bal” o cose consimili e avesse chiesto urgentemente il rimpatrio. Sto pensando a cosa sarebbe successo se, quando si aprirono i varchi della cortina di ferro, e centinaia di migliaia di profughi si riversarono nella Repubblica Federale Tedesca, la polizia federale avesse incominciato a chiedere il visto di immigrazione ed a distinguere tra immigrati, profughi, clandestini, male intenzionati.

La disumanità di Maroni, Bossi, Calderoli & Co. è superata solo dalla loro incompetenza.

Come è tipico, del resto, degli squadristi.